I metodi di Introvigne 

di Miguel Martinez


Scrivendo sul quotidiano di destra, Il Secolo d'Italia, un altro militante di Alleanza Cattolica afferma: 

"La battaglia delle parole, come ha detto Corrêa de Oliveira, è fondamentale; chi la perde dà al proprio avversario un potere immenso, un vantaggio incolmabile." 
 
(Andrea Marcigliano, "Liberale e/o conservatore?", in Il Secolo d'Italia, 30.5.97)
 
 

Introvigne, a differenza degli studiosi normali, è in guerra; e non intende affatto perdere la battaglia delle parole. Il linguaggio difensivo e reazionario è destinato alla sconfitta in una società come la nostra. In Occidente, la retorica delle grandi cause idealiste, siano esse basata sulla rivoluzione sociale, sul nazionalismo o sulla religione, attira solamente minuscoli gruppi impotenti di "estremisti". L'economia moderna ha trasformato il nostro mondo in un mondo centrato sul consumatore, sull'individuo isolato; e diventa possibile conquistare l'individuo isolato unicamente facendo appello ai suoi "diritti umani" individuali. In altri termini, il political correctness è diventato l'unico linguaggio possibile. Ma i contenuti di questo political correctness sono perfettamente intercambiabili. Chiunque abbia mezzi sufficienti può sempre presentare la propria causa, qualunque essa sia, in termini della "difesa della libertà" di qualcosa. Basti pensare alla schiacciante vittoria della "libertà di impresa" sui "diritti dei lavoratori" e persino sul "diritto al lavoro". Le cause che invocano la "libertà", se promosse abbastanza rumorosamente, sono in genere irresistibili. Che cosa mai si potrebbe contrapporre alla "libertà religiosa"? Forse la "oppressione antireligiosa"? Ma ogni slogan ha un contenuto. Problemi autentici di libertà religiosa esistono certamente e coinvolgono sostanzialmente il diritto per comunità profondamente radicate di continuare a praticare uno stile di vita dettato da una visione del mondo: è il caso ad esempio del diritto dei tibetani di continuare a pregare in maniera tradizionale o delle ragazze musulmane di indossare il velo nelle scuole statali francesi. Si tratta di azioni che non implicano alcuna limitazione ai diritti altrui e non offendono altri sistemi di valori.

Una questione diversa è la libertà di adoperare i mezzi pubblicitari di massa moderni per mutare i sistemi di valori altrui, senza coercizione fisica ma adoperando ogni possibile tecnica di seduzione escogitata dalla tecnologia moderna. Questa questione si pone in molte zone del mondo - Grecia, Israele, il mondo islamico, Russia - ad esempio, tra culture che intendono conservare i tratti delle proprie identità e organizzazioni proselitistiche statunitensi che intendono cambiare radicalmente tali identità.

Una terza questione è il diritto di invocare la religione per ottenere privilegi non concessi normalmente né a imprese economiche né a gruppi politici: esenzione fiscale, uno status culturale privilegiato e ovviamente l'esonero da ogni forma di controllo sociale. Il "mio sistema di credenze" afferma che le persone debbano lavorare dodici ore al giorno in fabbrica senza essere pagati, e negare tale diritto alla mia organizzazione significa un ritorno all'Inquisizione, ai Gulag o ad Auschwitz, secondo il contesto che provoca la risposta emotiva più profonda nell'uditorio.

È difficile sfuggire all'impressione che l'idea che Introvigne ha a proposito della libertà religiosa sia proprio quest'ultima.

Massimo Introvigne pone certamente alcune domande interessanti nei suoi libri e articoli. Sebbene io sia ciò che egli gentilmente chiama un "nemico professionale", concordo con i suoi dubbi a proposito della validità della legislazione repressiva e con l'importanza che egli attribuisce alle ideologie (egli preferisce il termine cattolico "dottrine") delle diverse organizzazioni etichettate come culti, sètte o nuovi movimenti religiosi. E ovviamente fa benissimo a mettere in guardia i critici perché evitino di finire per condannare genericamente i sentimenti religiosi innati dell'uomo. Sono problemi che ha posto innumerevoli volte e meritano certamente di essere presi in considerazione. La tremenda sofferenza personale che si trova dietro la nascita della maggior parte delle organizzazioni di monitoraggio dei culti può facilmente portare gli individui che lavorano con questo genere di problema a dimenticare quanto sia complessa la realtà e un approccio più equilibrato che prendesse in considerazione la diversità dei fattori non farebbe male a nessuno.

Occorre però precisare alcune cose. Se i culti non vanno soggetti a repressione legale (e comunque, se hanno abbastanza denaro, troveranno sempre come aggirare ogni nuova legge) - e anche la repressione a modo suo è un "privilegio", quello di essere scelti per un trattamento straordinario - essi non dovrebbero ottenere nemmeno privilegi positivi. Se un'impresa ideologica guadagna miliardi, dovrebbe essere sottoposta agli stessi obblighi contabili, fiscali, di stipendi e di previdenza sociale di qualunque altra impresa. Introvigne vorrebbe il contrario: egli difende il diritto di certi gruppi di essere trattati "come tutti gli altri", poi esige che vengano loro concessi gli straordinari privilegi che i governi conferiscono alla categoria indefinibile delle "religioni".

I culti hanno effetti sociali di vario tipo: si appropriano non solo degli individui, ma anche delle proprietà, delle imprese e del potere politico. In una democrazia, una lobby aggressiva può essere schiacciata da un governo aggressivo (e sia Introvigne che io concordiamo che ciò non dovrebbe succedere) oppure devono poter essere esposti al libero scrutinio pubblico. In termini pratici, ciò significa garantire il diritto di pubblicare liberamente i fatti sui culti.

In un recente processo in Russia, Introvigne ha dimostrato di pensarla in maniera completamente diversa, inviando un documento (nel suo ruolo di "esperto") a sostegno di una coalizione di culti che stava cercando di far sopprimere in tribunale il libro del critico russo ortodosso Aleksandr Dvorkin. Nel mondo di Introvigne, i culti dovrebbero essere esonerati da ogni controllo statale o sociale.

Il secondo punto è che le ideologie ("dottrine") dovrebbero essere viste anche sociologicamente. Quando un certo culto afferma che siamo a pochi anni dalla fine del mondo, ciò può avere qualche remota associazione con le tendenze apocalittiche del passato. Ma ha anche effetti molto concreti su un membro che deve scegliere se andare all'università o diventare attivista a tempo pieno del proprio culto. I critici dei culti tendono a separare il "fatto" dal "credo"; ma i "credi" spesso vengono adoperati per creare "fatti".

Infine, Introvigne non aumenta la simpatia generale per la religione quando sostiene esattamente ciò che affermano da sempre gli atei più agguerriti: che uomini d'affari aggressivi, manipolatori spietati e persone che credono di essere nate per diventare imperatori del mondo sono perfette figure religiose. 

Ritengo che il lavoro di Introvigne come avvocato abbia molto a che vedere con ciò. Gli studiosi e gli avvocati entrambi producono ricerche in cui i fatti sembrano tutti esatti e che hanno la parvenza della verità. La differenza non sta quindi nel risultato apparente, ma nella maniera in cui ciascuno comincia il proprio lavoro: qualunque possano essere i suoi pregiudizi personali, lo studioso fa uno sforzo per adattarsi a nuove scoperte, per cambiare opinione in base ai fatti.

Il mestiere dell'avvocato è l'esatto contrario: qualunque siano i fatti, egli deve dimostrare la tesi che è stato pagato per sostenere. Per quanta ricerca possa fare, o per quanto possa sembrare convincente il suo lavoro, sappiamo già quale sarà l'esito: la dimostrazione che il proprio cliente è innocente e che l'altra parte è colpevole.

Nei tribunali, c'è sempre chi vince e chi perde; ne consegue che per i giurati ci deve essere sempre una parte buona e un'altra cattiva. Alcuni avvocati sono certamente studiosi eccellenti nel loro tempo libero. Introvigne, però, è un avvocato a tempo pieno. Per quanto possa scrivere, sappiamo già che lo scopo è uno solo: dimostrare che i culti sono "innocenti" e che il "movimento anti-sètte" è colpevole. Ciò significa "dimostrare" innumerevoli volte gli stessi punti. Le motivazioni dei culti devono essere buone (la "religione"); le motivazioni dei loro critici (che vengono pagati per le loro attività di deprogrammazione) tanto malvagie quanto i loro caratteri personali (sono "psicologicamente disturbati") e le loro azioni ("fabbricano storie di atrocità", sono "nemici professionali", ecc.).

Ciò porta Introvigne, come ogni avvocato abile ma privo di scrupoli, a usare i fatti nella maniera che più gli conviene: qualcosa che spero di aver dimostrato nel piccolo caso del suo "studio" su Nuova Acropoli; e nel grande caso della sua invenzione di una "ideologia laicista anti-sètte" su scala planetaria.

Un aspetto del lavoro di Introvigne che sorprende a prima vista è la sua tendenza a difendere i gruppi più discussi. Egli non scrive in difesa, poniamo, dei Baha'i o dei Battisti. I suoi scritti sono dedicati soprattutto a passare una mano di vernice bianca su alcuni gruppi che vengono fortemente criticati per diversi motivi (non esprimo alcun giudizio in merito): Aum Shinrikyo per gli attentati al gas sarin; i Davidiani di Waco; Nuova Acropoli, spesso accusata di autoritarismo; i satanisti, che si presentano come l'esatto contrario del cristianesimo e che vengono sospettati di vari orrendi delitti; Scientology, con la sua reputazione di praticare una manipolazione spietata; il Movimento dell'Unificazione di Moon, criticato per i suoi matrimoni di massa e per le sue fabbriche di armi. La presenza di Introvigne come testimone "esperto" a difesa di Scientology in un processo a Lione nel settembre del 1995 che riguardava molti reati da codice e nessuna questione religiosa, non aiuta certamente le religioni in buona fede che invece hanno problemi.

Lo scopo finale però dell'avvocatura di Introvigne è stato presentato in maniera chiara da un autore cattolico tradizionalista ("Alleanza... Massonica?", in Sodalitium, dic. 1997, p. 66):
 
 

"Di fronte a queste difficoltà, le TFP e i suoi satelliti fanno quadrato. Per difendere le TFP e l'Opus Dei (quasi altrettanto cara ai nostri 'controrivoluzionari'), occorrerà: 
  1. Attaccare i movimenti anti-sètte (che osano includere tra le sètte TFP e Opus Dei).

  2.  
  3. Difendere a spada tratta la libertà religiosa delle sètte più incredibili (se la scampano loro, a fortiori la scampiamo noi).

  4.  
  5. Vendicarsi dei 'lefebvriani/sedevacantisti', presunti colpevoli delle denuncie contro la TFP e l'Opus Dei, denunciandoli a loro volta come settari"
 

"Lefebvriano" si riferisce ai seguaci di Mons. Lefèbvre, "sedevacantisti" a quei cattolici tradizionalisti che ritengono che il "trono di Pietro" sia attualmente vuoto. Ovviamente l'ultimo punto, sebbene interessi direttamente i cattolici tradizionalisti, è di importanza del tutto secondaria nella strategia della TFP. 

Ma vale la pena parlarne, perché qui Introvigne sviluppa una nuova teoria del complotto, degna quasi della sua precedente teoria sui "sacerdoti del sesso". Scrivendo contro il rapporto parlamentare sui culti, in un libro ('Sètte' e 'diritto di persecuzione') di cui è coautore il "reggente" di AC, Giovanni Cantoni, Introvigne dedica diverse pagine alla difesa della TFP, inclusa nel rapporto, e si lamenta che invece non vi siano stata inclusa alcuna organizzazione cattolico-tradizionalista o islamica. Poi aggiunge queste rimarchevoli parole (p. 106):
 
 

"Vi è pero anche un'ipotesi più inquietante o, se si vuole, più maliziosa. Particolarmente - ma non solo - in Francia, negli ultimi anni, diverse pubblicazioni 'lefebvriane' e 'sedevacantiste' hanno condotto campagne contro le 'sètte' dai toni particolarmente violenti. Se si trattasse soltanto - o principalmente - della difesa della dottrina cattolica tradizionale non vi sarebbe ragione di stupirsi. Ma, di fatto, questa letteratura fa propri gli argomenti del movimento anti-sètte laicista, e attacca volentieri come 'sètte' realtà del mondo cattolico come la TFP e l'Opus Dei. Pertanto, insorge legittimamente il sospetto che il movimento anti-sètte si serva di certi gruppi 'lefebvriani' e sedevacantisti come di truppe di avanguardia, di guastatori, da gettare nella mischia per la prima carica all'arma bianca; e naturalmente, da sacrificare al momento opportuno, giacché - adottando i criteri consueti del movimento anti-sètte - questi gruppi potranno essere facilmente, a loro volta, squalificati come 'sètte' quando, se e nella misura in cui sarà necessario"
 

Nel fantastico mondo di Introvigne, non solo esiste un "movimento anti-sètte"; esso adopera persino i tradizionalisti cattolici come parte della sua diabolica strategia.


  



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