Il termine "apostata"  

di Miguel Martinez


Il termine apostata definisce la realtà e sistema tutto. La sua provenienza è religiosa e sistema ogni cosa. La sua origine è religiosa, e ciò "dimostra" che il culto che lo adopera è una valida religione (a meno che, come nel caso di Nuova Acropoli, quella stessa organizzazione affermi di non essere una religione). Il termine mi ricorda l'apostata per eccellenza, Giuliano. Praticamente prigioniero, circondato da tutori che cercavano di instillargli "l'unica vera fede", Giuliano fece una propria, difficilissima scelta. Che non tutti condivideranno, ma che certamente richiese non poco coraggio. 

Una bella definizione quindi. Comunque, il motivo per cui il CESNUR la usa è per negare l'esperienza. Noi possiamo apprendere a proposito dei culti unicamente da coloro che li conoscono personalmente. Però, la voce dei membri attuali è semplicemente un riflesso dell'unica Voce ammessa, quella del Padrone (che nella teologia del "Dottor Plinio" (Plinio Correa de Oliveira), poi, è l'unica a cui un gentiluomo dovrebbe prestare ascolto). Ascoltare gli adepti è come cercare di imparare le condizioni di vita in una fabbrica automobilistica leggendo la pubblicità della FIAT. 

Nella sua replica alla prima edizione di questo testo, Massimo Introvigne fece la seguente dichiarazione assai rivelatrice, in riferimento a me: 
 
 

"Di nuovo, non mi interessa discutere le mie credenziali accademiche o il mio lavoro con un 'interprete'"
    

In realtà, questa discussione è nata con un'analisi dello studio di Introvigne su Nuova Acropoli. Che Introvigne si dichiari o no sociologo, si dà il caso che io abbia quattordici anni di esperienza in più di lui con questa organizzazione; e ciò mi dà il diritto di discutere del suo lavoro quando tocca un campo che conosco molto meglio di lui (e quando parla poi anche di me).

Mettere a tacere le voci degli "apostati" si associa al desiderio di controllo. Come i diplomatici dell'Ottocento, le burocrazie delle diverse potenze sono pronte a ascoltare soltanto i propri pari. Essi possono essere avversari oppure dialogare al vertice, ma su una cosa concordano molti politici, capi di gruppi e alcuni accademici: far tacere quei rumori antipatici che provengono dai soldati nelle trincee quando si ammutinano, quando smettono di essere semplicemente i sostegni umani delle bandiere dei loro capi.

Questa è la nostra voce. Può non essere gradevole, può a volte esagerare. Può anche rimuovere ricordi troppo dolorosi. Ma vi dà un'idea molto più chiara di cosa sia la vita in trincea di tutte le gazzette patriottiche delle corti principesche.


  



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