"Una menzogna cento volte ripetuta":
Introvigne, Cantoni e la TFP



Miguel Martinez

18.06.2001
 

    "Quest'uomo supera addirittura la sua leggenda!", commentava con meraviglia un noto pensatore contro-rivoluzionario francese dopo un colloquio col prof. Plinio Corrêa de Oliveira nel 1968.

    La luminosa traiettoria di Plinio Corrêa de Oliveira ha attraversato quasi da una sponda all'altra il nostro travagliato secolo, imprimendogli un segno indelebile con l'esempio della sua vita integra, con la coerenza e vitalità del suo pensiero, con la Fede incrollabile di cattolico, apostolico, romano. La sua opera - le Società per la difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà (TFP), oggi fiorenti in 27 Paesi dei cinque continenti - attesta la fecondità apostolica di questo gigante del cattolicesimo contemporaneo."

    Giovanni Cantoni, introduzione a Rivoluzione e Controrivoluzione, ed. Cristianità, 1977




Un paio di anni fa, vi fu un interessante scambio di battute sul newsgroup francese, fr.soc.religion. Ecco cosa scrisse un certo "Bertrandt" (bertrand@isnhp4.in2p3.fr, il 26.03.1998, sotto il "subject", reponse à introvigne) riferendosi a uno scambio che coinvolgeva Massimo Introvigne - direttore del CESNUR; la TFP o "Tradizione, Famiglia e Proprietà", fondata dal brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira; e il movimento Alleanza Cattolica, di cui Introvigne è uno dei dirigenti nazionali:

    "Recentemente avevo scritto che Alleanza Cattolica era un ramo della setta TFP e che il sig. Introvigne ne faceva parte. Lui mi ha scritto (per la seconda volta) per spiegarmi che avevo detto il falso sul primo conto. In effetti mi basavo unicamente sugli scritti di Aries, Fouchereau o Faubert che peraltro si citano tra di loro stessi. D'altronde, sempre secondo Introvigne, questi autori si basano sul bollettino di una "setta" nazista italiana, Sodalitium. E ciò, secondo il sig. Introvigne, dimostra quanto sia debole l'affermazione: Alleanza Cattolica=TFP [...].

    In seguito, il sig. Introvigne mi ha detto:

    "Una menzogna cento volte ripetuta non diventa per questo una verità".

Incuriosisce la definizione di Sodalitium, una rivista cattolico-tradizionalista di idee molto vicine a quelle di Alleanza Cattolica, come una "setta nazista", anche perché Sodalitium ovviamente non prova alcuna simpatia per il nazismo, visto come una forma di "paganesimo occultista e anticristiano", sia perché proprio da Introvigne non ci aspettavamo un uso così indiscriminato del termine "setta". Ma molto più interessante è vedere se l'associazione tra Alleanza Cattolica e la TFP, o meglio tra Alleanza Cattolica e l'ideologia del fondatore della TFP, Plinio Corrêa de Oliveira, è solo una "una menzogna cento volte ripetuta."

Ecco perché riprendo qui un articolo che Introvigne probabilmente esiterà ad apostrofare in maniera così sbrigativa. L'articolo è un'intervista sull'organo ufficiale della TFP, Catolicismo; e l'intervistato è Giovanni Cantoni, "reggente nazionale" di Alleanza Cattolica, coautore con Massimo Introvigne del libro 'Sette' e 'diritto di persecuzione'.

Nell'intervista, il compagno di militanza di Massimo Introvigne non solo dichiara la sua totale adesione al pensiero del fondatore della TFP; si augura che la funzione di rinnovamento morale venga intrapresa da un "organismo di direzione spirituale e intellettuale", che lui è "profondamente convinto" debba realizzarsi nella "Società di Difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà e nelle entità analoghe, ispirate nell'opera apostolica [sic] di Plinio Corrêa de Oliveira." Non solo: Cantoni si dichiara "orgoglioso di aver dato materialmente origine" alla terza parte dell'opera fondamentale del fondatore della TFP.

In pieno stile tieffepino, il titolo originale dell'intervista è "In Italia quattro prestigiose edizioni di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione - Intervista a Giovanni Cantoni di Juán Miguel Montes Cousiño". L'articolo è stato pubblicato in portoghese su Catolicismo, organo della TFP, n° 580, San Paolo - Brasile, aprile 1999, Anno XLIX, pp. 12-15. Esso compare, tradotto in italiano e con un titolo più modesto ("Rivoluzione e Contro-Rivoluzione quarant'anni dopo"), sulla rivista ufficiale di Alleanza Cattolica, Cristianità, numero 289 (maggio 1999).

Plinio Corrêa de Oliveira, oltre a essere il fondatore delle TFP, è anche l'autore del libro-manifesto a cui si ispira la TFP, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, citato in questa intervista (e pubblicato, giova ricordarlo, da Cristianità, la casa editrice ufficiale di Alleanza Cattolica).

Questo libro, reperibile in italiano su Internet, sostiene in sostanza che "l'ordine naturale delle cose" sia il sistema feudale e gerarchico medievale. A questo sistema si ribella il peccaminoso orgoglio umano. Ma ribellarsi contro la gerarchia politico/economica è ribellarsi contro Dio stesso:

    "La persona orgogliosa, soggetta all'autorità di un'altra, odia in primo luogo il giogo che in concreto pesa su di lei. In secondo luogo, l'orgoglioso odia genericamente tutte le autorità e tutti i gioghi, e più ancora lo stesso principio di autorità, considerato in astratto. E poiché odia ogni autorità, odia anche ogni superiorità, di qualsiasi ordine sia. E in tutto questo si manifesta un vero odio a Dio"

    Plinio Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, ed. Cristianità, 1977, pag.98-99

Poiché viviamo in Italia e non in Brasile, ci può essere utile (ed è certamente dilettevole) concentrarci sul "Piccolo breviario del controrivoluzionario", una sintesi del libro offerta dal militante di Alleanza Cattolica Paolo De Bei, moderatore (o censore) del newsgroup it.politica.cattolici, un compito che ha ereditato da un altro militante di Alleanza Cattolica, David Botti. Dimostrandosi già un maestro di scolastica, il giovane De Bei sostiene che la Rivoluzione "è un ente metafisico non ontologico" ("non è ontologicamente reale, in quanto è oggettivamente un male") ed è "formata da una substantia e dai suoi accidens". Come "ente metafisico", quindi la Rivoluzione si scrive rigorosamente con la maiuscola (un vezzo che caratterizza, peraltro, anche gli scritti di Massimo Introvigne).



paolo de bei

Paolo De Bei


La Rivoluzione passa attraverso quattro tappe (le citazioni sono tutte tratte dallo scritto di De Bei):

  • La prima è la Riforma protestante: "Nella Riforma luterana si contraddistinguono dunque i lati sostanziali della I Rivoluzione: odio verso la gerarchia, l'orgoglio di sé, e la sensualità".

  • Segue la Rivoluzione francese, a cui si attribuiscono le seguenti terribili colpe: "a) Detronizzazione del re, simmetrica alla rivolta contro il Papa. b) Volontà di sovvertire la nobiltà, corrispondente alla sovversione dell'aristocrazia ecclesiastica (clero). c) Pretesa della sovranità popolare, rapportata agli ideali di alcune sette radicali."

  • La Terza Rivoluzione è quella del "neobarbaro del secolo XX", il comunismo che arriva addirittura a creare l'uguaglianza economica.

  • La Quarta Rivoluzione sarebbe il relativismo contemporaneo (stranamente, sia Correa de Oliveira che de Bei si dimenticano del fatto che lo stesso "relativismo" coincide con il ritorno in grande stile delle disuguaglianze economiche, per cui si potrebbe pensare a un sano ritorno alle vecchie cose buone, rispetto alla Terza Rivoluzione).

Paolo De Bei, parafrasando quasi alla lettera Plinio Corrêa de Oliveira, spiega chi è il "Contro-rivoluzionario":

    "Il contro-rivoluzionario è colui che odia la Rivoluzione, la conosce e la combatte con tutto il suo essere, ovvero fa gravitare il suo centro di gravità attorno ad ideali, preferenze, pensieri, attività e scelte che rispecchiano il suo amore per l'ordine e il suo odio per l'anti-ordine."

Insomma, abbiamo un quadro abbastanza chiaro della formazione psicologica di personaggi come Giovanni Cantoni, Massimo Introvigne, PierLuigi Zoccatelli, Valter Maccantelli, Andrea Menegotto, Aldo Carletti, David Botti, Andrea Morigi e altri di cui si occupano queste pagine.

Ma torniamo all'intimo rapporto tra Giovanni Cantoni e Rivoluzione e Contro-Rivoluzione (o RCR, per gli appassionati), come evidenziato nell'intervista che si riporta più avanti: perché Cantoni è l'uomo "di un unico libro" da ben quattro decenni. E quell'unico libro è proprio Rivoluzione e Contro-Rivoluzione.

Cantoni, all'inizio degli anni Sessanta, faceva parte del "Centro per l'Ordine Civile" - vicino ad Augusto Del Noce e Baget Bozzo, ma anche del "Centro studi tradizionali" di Torino; inoltre partecipava alle "Edizioni dell'Albero", assieme ad Alfredo Cattabiani, l'attivista neofascista Pietro Femore e Piero Capello, giornalista de Il Borghese. Giovanni Cantoni curava una collana della casa editrice, che pubblicò opere di autori come Attilio Mordini (volontario delle SS e della Rsi, poi fondatore di una curiosa forma di esoterismo cattolico che ha ancora oggi diversi seguaci); Primo Siena della "Alleanza Cattolica Tradizionalista", di tendenza neo-falangista; Thomas Molnar; padre Calmel; Francisco Elias de Tejeda, un appassionato tradizionalista spagnolo, sostenitore della singolare tesi secondo cui i Borboni sarebbero stati riprovevoli usurpatori progressisti del trono di Napoli (oltre all'intervista di Cantoni, una buona fonte è La cultura politica della Destra cattolica, Coines Edizioni, Roma, 1976, di Giovanni Tassani).

Cantoni e Cattabiani avrebbero continuato a lungo il loro sodalizio, che culminò quando, nel 1970, le edizioni Rusconi, si impegnarono nel lancio della cultura di destra, con collane che comprendevano tanto il pensiero contro-rivoluzionario quanto quello "spiritualista" di René Guénon. Pochi anni dopo, Cantoni avrebbe fondato "Alleanza Cattolica" assieme a Mauro Ronco, del movimento democristiano di destra Europa Settanta, al barone Roberto de Mattei del Fronte Monarchico Giovanile (ma anche collaboratore delle Edizioni Volpe di area neofascista) e al carismatico Agostino Sanfratello.

Tra i testi curati da Cantoni durante la sua permanenza alle Edizioni dell'Albero, come egli ci racconta nell'intervista che segue, vi fu anche un saggio contro il Risorgimento che attirò l'attenzione della TFP; si arrivò così alla pubblicazione in lingua italiana di Problemi dell'apostolato moderno (Ed. dell'Albero, Torino, 1963) dell'allora amico della TFP, il vescovo Antonio De Castro Mayer (1904-1991); e soprattutto di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione: "capii - ci dice Cantoni - che quell'opera era la risposta ai miei problemi politico-religiosi personali e a quelli dell'ambiente politico-culturale in cui vivevo"; entusiasta, Cantoni si mise a studiare il portoghese solo per poterne fare una migliore traduzione in italiano. Se qualcuno dovesse pensare che si trattava di un'infatuazione giovanile, Cantoni aggiunge che adesso - a quarant'anni di distanza - ne sta preparando una nuova edizione.

Cantoni scrisse poi un'introduzione all'edizione italiana del 1972 che egli commenta così:

    "l'articolo che ho scritto come introduzione all'edizione del 1972, L'Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, [fu] un tentativo di interpretare gli ultimi 200 anni di storia italiana secondo gli strumenti di analisi proposti da RCR. Quell'interpretazione costituì il quadro di fondo dell'attività di Alleanza Cattolica nel suo apostolato culturale controrivoluzionario, e mantiene tuttora la sua validità."

Cantoni avrebbe poi addirittura spinto Plinio Corrêa de Oliveira a scrivere una terza parte, vent'anni dopo la prima edizione; e in effetti, in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, lo conferma lo stesso Plinio:

    "Interrogati in proposito dai promotori della terza edizione italiana (1976), i valenti amici di Alleanza Cattolica, ci è parso opportuno inserire a questo punto, prima della conclusione del 1959, alcune considerazioni."

Tra i precursori di Plinio, Cantoni nell'intervista cita "Mons. Henri Delassus che visse tra il XIX e il XX secolo, e che è l'autore de Le problème de l'heure prèsente: antagonisme de deux civilisations" (Delassus, peraltro, è oggetto di una significativa citazione anche da parte di Massimo Introvigne). E in effetti l'opera di Delassus è stata pubblicata e viene tuttora diffusa dalla casa editrice di Cantoni (Enrico Delassus, Il problema dell'ora presente, Cristianità, Piacenza, 1977). Comunque, non è necessario spendere i soldi per acquistarla - è sufficiente andare su Internet dove un solerte contro-rivoluzionario l'ha messa a disposizione di tutti, in una biblioteca virtuale significativamente intitolata "armeria".

Il testo appartiene al godibile genere della pseudostoriografia apocalittica, che mescola romanzeschi intrighi di ogni sorta, sedute spiritiche, logge massoniche, l'immacolata concezione di Maria, ritagli da quotidiani russi e le profezie di Sant'Ildegarda di Bingen; ma ecco un breve estratto, tratto dal capitolo XXVI ("Diverse specie di agenti"):

    "Dopo il dramma sanguinoso del Calvario, il Giudeo ha la sua idea fissa: l'annientamento del cristianesimo e soprattutto la distruzione della Chiesa cattolica, che è il corpo mistico di Cristo ch'egli ha crocifisso. La framassoneria ha essa compreso il vantaggio che poteva ritrarre da questo sentimento e da questa situazione? O è piuttosto il giudaismo che ha voluto servirsi dei cristiani medesimi pel compimento de' suoi disegni? Poco importa. Ma l'identità del fine a cui tendono gli Ebrei e i framassoni, e l'unione dei loro sforzi per raggiungere questo scopo è manifesta.

    Sparsi su tutta la superficie del globo ed aventi fra loro, da un polo all'altro del mondo, continue relazioni, gli Ebrei sono mirabilmente organizzati per trasmettere e le informazioni e le parole d'ordine. Avvi di fatto presso di loro e per i loro interessi di popolo e di razza un'organizzazione che li prepara mirabilmente a questa missione. Di fatto, gli Ebrei hanno in tutti i luoghi i fattori di cui sopra abbiam parlato, agenti della Kabala, incaricati di vegliare sugli interessi dei figli d'Israele, e la cui autorità è quasi senza limite."

Dopo questa divagazione, siamo pronti per ritornare all'intervista di Cantoni. Ma anche per ritornare alla domanda con cui è iniziato questo articolo.

Chi ha ragione?

Introvigne quando sostiene che l'ipotesi di legami tra la TFP e Alleanza Cattolica è una "menzogna ripetuta cento volte"?

Oppure Cantoni, quando sostiene in questa intervista con Catolicismo che da quei primi contatti con la TFP quattro decenni fa "nacque un rapporto che dura a tutt'oggi"?

Un ringraziamento particolare va a Paolo Baffi, che ha curato la traduzione ex-novo dal portoghese. Paolo Baffi, giova ricordarlo, è l'autore di un coraggioso sito sulla prostituzione minorile in Brasile.


Miguel Martínez






alleanza cattolica

La testata di Catolicismo


In Italia quattro prestigiose edizioni di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione

Giovanni Cantoni, nato a Piacenza, ha fondato nel 1972 la casa editrice Cristianità e, l'anno seguente, la rivista con lo stesso nome. Questa è l'organo ufficiale del movimento Alleanza Cattolica, il cui fondatore e dirigente nazionale è lo stesso Cantoni.

Dal 1994 collabora come editorialista con il Secolo d'Italia, quotidiano di Alleanza Nazionale, e dal 1996 gestisce la rubrica settimanale Diario del Pensiero Forte.

Cantoni ha promosso la pubblicazione di tre edizioni italiane di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, la prima attraverso le Edizioni dell'Albero, di Torino, la seconda e la terza tramite l'editrice piacentina Cristianità. Sempre presso questa editrice, è in stampa una quinta edizione, dato che una quarta è stata distribuita dalla società Luci dell'Est.

Cantoni ha concesso un'intervista a Catolicismo nella sua residenza a Piacenza. L'intervistatore è Juan Miguel Montes Cousiño, direttore della sede romana della TFP.

Catolicismo - Quali sono le ragioni che l'hanno portata a pubblicare in Italia Rivoluzione e Contro-Rivoluzione?

Cantoni - Per rispondere devo illustrare alcuni fatti personali. Nel 1960 ho aderito al Centro per l'Ordine Civile, nato per reazione all'apertura alla sinistra, ossia, l'ingresso dei socialisti al governo della Repubblica italiana. Durante lo stesso anno, pubblicai una raccolta di articoli del padre gesuita Luigi Taparelli d'Azeglio, con il titolo La libertà tirannia - Saggi sul liberismo risorgimentale, prendendo così posizione contro il Risorgimento, e in pratica contro la Rivoluzione italiana, che poi sarebbe la versione italiana della cosiddetta Rivoluzione francese. Questa pubblicazione non passò inosservata ai lettori dell'allora neonata Società Brasiliana di Difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà, e ne nacque un rapporto che dura a tutt'oggi. E quando nel 1961 conobbi Rivoluzione e Contro-Rivoluzione in un'edizione in francese stampata in Brasile, capii che quell'opera era la risposta ai miei problemi politico-religiosi personali e a quelli dell'ambiente politico-culturale in cui vivevo. In pratica, uno strumento per orientarmi in una confusione ricca di buone intenzioni ma povera di ordine e ragionevolezza. Mi colpì soprattutto il fatto che le risposte permettessero di andare al di là di una comprensione politica del passato e che, cogliendo anche aspetti esistenziali del processo rivoluzionario, nella seconda II Parte - La Contro-Rivoluzione - vi sono contenute le premesse per un'opera di Restaurazione, sia all'interno del ciclo rivoluzionario in corso, sia dopo la sua eventuale realizzazione.

Catolicismo - Che importanza ha avuto RCR nello sviluppo del pensiero controrivoluzionario italiano?

Cantoni - I frutti di RCR in Italia sono stati indubbiamente rilevanti e fecondi.

Da un punto di vista quantitativo, questa semina ha germogliato varie volte: dopo l'edizione del 1964 (a cura della Editrice dell'Albero di Torino, la cui traduzione fu preparata in Brasile con una mia supervisione limitata all'indispensabile) studiai portoghese per ritradurre il testo e mi adoperai per una seconda edizione, uscita nel 1972, e una terza (1977), entrambe pubblicate dalla Edizioni Cristianità di Piacenza. Nel 1998 una quarta edizione venne distribuita da Luci dell'Est di Roma. Adesso sto preparando una quinta edizione per il 1999, sempre ad opera della Edizioni Cristianità, dopo la scomparsa dell'Autore e nel 40° anniversario della pubblicazione dell'opera.

Da un punto di vista qualitativo, l'opera ha svolto e continua a svolgere la funzione che ho descritto: ha contribuito e continua a contribuire ad un chiarimento, sia in relazione alla comprensione del passato, sia del presente, sia sulle azioni da svolgere nel presente in vista del futuro. Senza alcuna responsabilità - ovviamente - dell'Autore, e senza danni per nessuno, tra i frutti di questa semina ricordo il primo frutto pubblico: l'articolo che ho scritto come introduzione all'edizione del 1972, L'Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, un tentativo di interpretare gli ultimi 200 anni di storia italiana secondo gli strumenti di analisi proposti da RCR. Quell'interpretazione costituì il quadro di fondo dell'attività di Alleanza Cattolica nel suo apostolato culturale controrivoluzionario, e mantiene tuttora la sua validità. Ovviamente con tutte le revisioni che si sono rese via via necessarie con il passare del tempo e per il fatto che l'interpretazione è esposta ai mutamenti che derivano dalle nuove conoscenze storiche, tanto le mie come quelle della cultura storica italiana e europea, perché il revisionismo, intrinseco alla scienza storica, non deve essere solo desiderato ma anche praticato.

Catolicismo - Nell'edizione italiana del 1977 di RCR, l'Autore ha aggiunto una III Parte denunciando una IV Rivoluzione. Qual è l'attualità di tale analisi sulla IV Rivoluzione, soprattutto dopo lo scioglimento del blocco sovietico che incarnava la III Rivoluzione?

Cantoni - Sono orgoglioso di aver dato materialmente origine alla III Parte di RCR - Rivoluzione e Contro-Rivoluzione venti anni dopo. Si tratta di una parte di straordinaria importanza perché, almeno nelle sue linee generali, completa la descrizione concettuale del processo ciclico rivoluzionario, sebbene l'esposizione sia intenzionalmente ipotetica e pedagogicamente interrogativa. In effetti, la traiettoria della rivoluzione da religiosa a politico-sociale, e da questa verso l'economico-sociale, si conclude con e nella rivoluzione culturale di massa, realizzazione diffusa dalla rivoluzione culturale elitaria, quella umanistica-rinascimentale, che è all'origine della rivoluzione religiosa e con la quale il processo ebbe materialmente inizio.

Nella III Parte, vengono forniti i primi parametri per inquadrare quanto sta accadendo non solo tra il 1968 e il 1989, ma anche gli eventi successivi al 1989, il 68 delle nazioni, sia come parossismo della dissoluzione, sia come occasione di restaurazione, dotando così la II Parte di un ulteriore risultato. E se, come usa dirsi, "chi ben comincia è a metà dell'opera", credo che si possa affermare che "un problema ben focalizzato è già mezzo risolto".

Catolicismo - Cosa pensa in merito al concetto di "Rivoluzione nelle tendenze", descritto dal Prof. Plinio Corrêa de Oliveira, e che sembra un contributo molto peculiare alle tesi contro-rivoluzionarie già sviluppate nel secolo passato?

Cantoni - Non si tratta dell'unico contributo, ed elementi sparsi di questo aspetto del fenomeno rivoluzionario non sono assenti negli autori contro-rivoluzionari che precedono il maestro brasiliano, che lui ha preso in considerazione, a partire dall'ecclesiastico francese Mons. Henri Delassus che visse tra il XIX e il XX secolo, e che è l'autore de Le problème de l'heure prèsente: antagonisme de deux civilisations. È per questo che tale contributo può essere indicato come peculiare nel senso di dominante, ma assolutamente non unico. Si tratta però di un aspetto che integra la prospettiva contro-rivoluzionaria precedente, impedendo che possa venire ridotta a prospettiva di un settore, sebbe si tratti di un settore importante come quello religioso o politico. Effettivamente, introducendo elementi esistenziali, riporta alla nozione e alla dimensione antropologica della cultura, non solo a quella sociologica - "il […] concetto della 'rivoluzione culturale' abbraccia, con impressionante analogia, lo stesso campo già designato […] come proprio della Rivoluzione nelle tendenze", afferma l'Autore in un commento del 1992 -, e conseguentemente suggerisce anche una specie di "piccola via" nel quadro dell'"ideale della Contro-Rivoluzione", "restaurare e promuovere la cultura e la civiltà cattolica". Secondo il Papa Giovanni Paolo II, "la cultura non riguarda solo gli uomini di scienza, così come non deve rimanere chiusa nei musei. Essa è, potrei dire, la residenza abituale degli uomini, ciò che ne caratterizza il comportamento e il modo di vivere, persino il modo di abitare o vestirsi, ciò che considera bello, il modo di concepire la vita e la morte, l'amore, la famiglia, la natura, la sua stessa esistenza, la vita associativa degli uomini, così come Dio" (Discorso alla Comunità Universitaria di Louvain, del 20-5-1985, n. 1, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. VIII, 1, p. 1590).

Pertanto, l'apostolato contro-rivoluzionario cattolico, integrato non solo da elementi macro-strutturali ma anche da quelli micro-strutturali, secondo l'insegnamento di Corrêa de Oliveira è oggi più che mai parte obiettivamente costitutiva dell'apostolato culturale cattolico, per esplicita indicazione pontificia denominata Nuova Evangelizzazione.

Catolicismo - Il grande canonista recentemente scomparso Padre Anastasio Gutiérrez diceva che il contenuto di RCR dovrebbe venire insegnato nei grandi centri cattolici di cultura superiore, perché questi sono carenti di una visione contro-rivoluzionaria. Ma qualcuno potrebbe vedere nel carattere marcatamente sintetico di RCR una difficoltà alla sua accettazione nell'ambiente accademico. Cosa ne pensa in proposito?

Cantoni - Sono d'accordo con il compianto Padre clareziano, ma penso di dover fare una precisazione.

Effettivamente, prima di tutto mi pare che un tale giudizio mostri una carenza del mondo accademico, costituita da punti di riferimento inadeguati nei parametri della Filosofia e della Teologia della Storia, con conseguenze sul piano morale, sia degli individui sia dei gruppi umani che compongono questo ambiente, dovute all'assenza di detti parametri.

In secondo luogo il dotto canonista intendeva suggerire come utili i parametri esposti e proposti in RCR, a cui si riferisce come "un'opera magistrale, i cui insegnamenti andrebbero diffusi fino a farli penetrare nella coscienza di tutti coloro che si sentono davvero cattolici; direi di più, di tutti gli uomini di buona volontà". A questo punto penso che la proposta necessiti di una riflessione sul genere letterario di RCR, al fine di evitare equivoci come quello di proporre un generico studio, perché secondo me non si tratta di uno studio nel senso corrente del termine, ossia di un testo da cui trarre soprattutto informazioni, ma di "una semplice raccolta di tesi" - la definizione è dello stesso Corrêa de Oliveira - utile a stimolare esercizi intellettuali e spirituali che rinnovino la "coscienza della verità" - come la definì il Pontefice regnante - nei cattolici e nei non. Mi spiego con un esempio che considero conclusivo: sarebbe opportuno suggerire lo studio - se non per studiosi de ascetica e mistica cattolica - degli Esercizi Spirituali di S. Ignazio da Loyola? Come sappiamo, non si tratta di un "libro destinato alla lettura", ma di una guida alla meditazione organizzata, alla preghiera metodica, una specie di canovaccio come in uso nella commedia dell'arte - e commedia, come testimonia l'opera prima di Dante Alighieri, non significa solo o principalmente una rappresentazione comica con un finale felice - , il cui personaggio principale, il protagonista, è chi gli esercizi li pratica, e la cui materia principale è fornita dalla condizione passata e presente dello stesso esercitante, ossia, dalla sua vita, e che necessita della presenza la più discreta possibile - il che non significa segreta, ma semplicemente non sostitutiva - di un maestro, del direttore di un corso di esercizi, colui che ci "guida sulla scena". Sicuramente RCR è in relazione col "Trattato della vera devozione a Maria", di San Luigi Maria Grignion de Montfort: si tratta di una relazione espressamente indicata dall'Autore nella prefazione dell'edizione argentina del 1970, che fornisce un contributo fondamentale all'interpretazione autentica di RCR. Tuttavia non mancano di sicuro legami anche con gli Esercizi Spirituali, dei quali RCR costituisce - a mio avviso - la versione sub specie societatis, "adatta alla società". E quest'ultima relazione si appella alla necessità di un'entità il più possibile discreta - ossia, che non "rubi spazio" all'esercitante - nel dirigere gli esercizi (allo stesso tempo intellettuali e spirituali) da proporre al corpo sociale cattolico e non. Soprattutto nel caso dei suoi leaders; non solo quelli politici, ma anche quelli di opinione, affinché alla luce dei loro criteri esaminino la loro storia, la storia delle loro nazioni, dei popoli e delle società. A questo proposito, ritengo significativo ciò che l'Autore scrisse nel 1978 nella prefazione alla seconda edizione spagnola do RCR: "[...] mi astengo dalle applicazioni concrete relative al panorama spagnolo, lascio che siano i miei lettori a farle secondo le ispirazioni dettate dalla loro fede e dal loro patriottismo". Per questo oso proporre, in una forma interrogativa e quindi ipotetica, una tesi della quale sono profondamente convinto che deriva da tali proposte di identificazione al "genere" di RCR: quest'organismo di direzione spirituale e intellettuale non si realizzerà forse nella Società di Difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà e nelle entità analoghe, ispirate nell'opera apostolica di Plinio Corrêa de Oliveira, o semplicemente similari? Per concludere, lo studio di RCR deve voler dire riflessione guidata, a partire dal testo, per ogni cattolico socialmente impegnato. Ma considerando il carattere sociale dell'uomo, chi - cattolico o no - non si considera in qualche modo socialmente impegnato? Per usare il testo, quindi, non sarà necessario solo il testo stesso - come predica una tesi del Consigliere Acácio - ma anche qualcuno che si ponga al suo servizio e ne guidi l'uso. Quattro anni dopo la scomparsa dell'Autore e 40 anni dopo la pubblicazione di RCR, si impone una riflessione su questa questione: è possibile separare l'autore e il suo carisma da ciò che lui stesso indica come la sua opera principale, quando in Autoritratto filosofico del 1976, aggiornato nel 1994, afferma categoricamente che "il trattato nel quale riassumo l'essenza del mio pensiero spiega il senso del mio modo di applicare la mia ideologia"? Dove separare significa caso mai esaltare l'Autore prescindendo da una adeguata valorizzazione della sua opera prima e dalla promozione del suo corretto uso. Come termine di riferimento per la risposta alla suddetta questione, credo de valga la seguente, della quale già disponiamo di abbondante materiale storico da esaminare: è possibile separare S. Ignazio e il suo carisma dagli Esercizi Spirituali o questi da S. Ignazio?

Non penso che quello che ho ora indicato sia l'unico uso corretto del messaggio di Corrêa de Oliveira. In effetti, non posso scartare l'ipotesi che RCR sia trattato meglio come testo di storia che come riflessione sulla storia e della storia da applicarsi sulle diverse storie, quand'anche come testo profetico nel senso letterale di indicatore esatto e conclusivo del tempo e del luogo di alcuni avvenimenti futuri. Da parte mia penso che RCR sia uno strumento di misura inseparabile dall'Autore, che lo propone esattamente come strumento di cui servirsi e non come cella in cui rinchiudersi. In questo modo ritengo che debbano venire correttamente inquadrati i Commentari scritti nel 1992, originati dagli avvenimenti successivi al 1989: credo che si tratti, così come nel I e nel II capitolo della III Parte, La Rivoluzione, un processo in trasformazione continua e Apice e crisi della III Rivoluzione, soprattutto di precisi esempi di applicazione dei criteri di RCR, di una verifica della sua permanente attualità come strumento, più che delle integrazioni allo stesso testo che, nonostante tutto, non mancano: chi scriverebbe la stessa opera dopo tanto tempo?

Sebbene la risposta sia stata tanto lunga, devo completarne la tesi in relazione alla sua ultima parte, quella relativa a quanto viene indicato come carattere sintetico del testo. Prima di tutto secondo la mia opinione tale sintesi conferma la natura di RCR come "un semplice insieme di tesi". Pertanto, il suo carattere sapienziale - "autentico prodotto della sapienza cristiana", come la definisce Padre Gutiérrez - ossia utile a dare sapore all'informazione di colui che ne usufruisce, dell'esercitante politico-religioso, e non del semplice lettore, e alla sua cultura. Tale carattere sapienzale è ricavato, distillato, dalla riflessione ispirata dell'Autore sulla storia della cristianità romano-germanica. Si tratta certamente di un limite oggettivo, cioè di un tratto ben definito da Corrêa de Oliveira nel secondo capitolo della I Parte, non di un difetto, come quello rilevato da Eric Voegelin in merito a Giambattista Vico, "[...] quando generalizzò il corso romano in una "storia ideale"". Corrêa de Oliveira non si considera erudito, come lui stesso mi ha formalmente detto nel 1972 in occasione del nostro primo incontro, e non mi sembrò uno sfoggio di modestia ma una dichiarazione avente carattere e intenzione definitiva. Ma erudito non si contrappone a ignorante; si contrappone anche - ed è il caso del nostro Autore - a dotto insoddisfatto del patrimonio delle conoscenze. Quindi, un saggio la cui sapienza deriva dalla riflessione sulla realtà, il mondo cattolico, e il tempo storico oggetto dell'attenzione dei pensatori controrivoluzionari. Mi spiace non poter esporre completamente gli insegnamenti di un frate domenicano di Pisa, Bartolomeo da San Concordio, che visse nella seconda metà del XIII secolo e nella prima del XIV, il quale dedica un'intera sezione della sua opera Insegnamenti degli Antichi per indicare sette motivi per i quali "dire qualcosa in modo breve è meglio che dirlo in modo prolisso". È sufficiente l'ultimo: "Oggi gli uomini desiderano la brevità". Cosa dire del nostro "oggi"?







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