Teocon o tradizionalisti

Seconda parte


All'introduzione
all'articolo di Francesco Mario Agnoli
alla controreplica di Luigi Copertino




Lettera ad "Alfa e Omega" del Centro Culturale Lepanto

di Claudio Bernabei

Egregio Direttore, sui primi due numeri della sua rivista "Alfa e Omega" sono apparsi due articoli, firmati da un certo Luigi Copertino. Essi, ma specialmente il primo, intitolato "La deriva neoconservatrice della destra cattolica" (n. 1/2004, pp. 95-122), criticano il Centro Culturale Lepanto attribuendogli tesi ideologico-politiche che non gli appartengono e una scelta strategica nella quale fatica a riconoscersi, dato che viene presentata in modo contraffatto.

A riprova della scorrettezza di questi articoli, notiamo che l'autore non cita nemmeno una frase della nostra rivista, o di altre nostre pubblicazioni o conferenze, che possa giustificare il suo attacco. Egli tuttavia non rinuncia a criticarci usando giudizi o paragoni oggettivamente offensivi (come "invasiva lobby italiana", "massoneria di destra", "cristiano-sionismo", "ascari del potere americano"), giudizi che oltretutto estende sommariamente ad associazioni cattoliche diverse fra loro, dalla nostra fino a Comunione e Liberazione.

Riteniamo quindi necessario chiarire quali sono le vere posizioni del Centro Culturale Lepanto al riguardo, peraltro facilmente individuabili dalle iniziative che svolge da oltre vent'anni. Ci teniamo quindi a formulare queste precisazioni:

  • Il Centro Culturale Lepanto non si qualifica come "conservatore" e non aderisce al neoconservatorismo, tanto meno a quello statunitense; non ne condivide l'"antropologia negativa", né la "ideologia liberista", né la "sociologia contrattualista"; non ritiene che il neoconservatorismo possa costituire un "braccio secolare" in difesa della Chiesa, tanto meno che la Chiesa possa ridursi a "cappellania" di questo movimento politico.

  • Il Centro Culturale Lepanto non "sposa la liberté" rivoluzionaria, nemmeno per contrapporla alla égalité oggi rilanciata dalla politica della cosiddetta "pari opportunità" e della non-discriminazione, tendenzialmente persecutoria verso la Chiesa.

  • Il Centro Culturale Lepanto non ha un giudizio positivo della cultura "post-moderna" oggi all'avanguardia; anzi la ritiene pericolosa in quanto ultimo e disperato tentativo di salvare la "modernità" in crisi facendole compiere un "salto di qualità" che la porti alle estreme conseguenze nichilistiche e anarchiche.

  • Il Centro Culturale Lepanto non scambia l'"Occidente" attuale con la Cristianità tradizionale, né crede che il primo sia un coerente sviluppo della seconda; anzi ritiene che oggi esistono due "Occidenti" inconciliabili che si scontrano: quello vero, erede della Cristianità medioevale, della quale conserva le ultime e deboli vestigia; e quello falso, erede della Rivoluzione moderna, che pretende d'instaurare un'anticristiana "Repubblica Universale"; pertanto solo il primo è l'autentico "Occidente", mentre il secondo è piuttosto un anti-Occidente, come l'attuale Unione Europea è piuttosto un'anti-Europa. Ovviamente quest'"Occidente" non può essere identificato con un'area geografica precisa, tanto meno con la nazione statunitense.

  • Il Centro Culturale Lepanto non ritiene che il maggior pericolo del nostro tempo sia quello esterno, rappresentato dalla offensiva "islamista", bensì quello interno, rappresentato dal relativismo - sia esso religioso, filosofico, etico e giuridico - che sfocia nel nichilismo e nell'immoralismo e s'impone con il laicismo politico; esso difatti corrode e paralizza l'anima della società occidentale, impedendole di reagire alle offensive provenienti dall'esterno; il fanatismo islamico viene usato dalle forze rivoluzionarie come fattore destabilizzante e come detonatore della crisi.

  • Il Centro Culturale Lepanto non ritiene quindi che l'attuale "scontro di civiltà" sia quello tra Occidente e Islam, ma piuttosto quello, interno all'Occidente, tra forze più rivoluzionarie (d'avanguardia) che spingono verso il caos e forze meno rivoluzionarie (di retroguardia) che cercano di contrastarle, per motivi vari che vanno dalla paura del caos alla difesa d'interessi consolidati.

  • Il Centro Culturale Lepanto non è in favore di un "nuovo ordine mondiale", tanto è vero che ne critica i maggiori agenti, sia ideologici (come il relativismo, il solidarismo, l'ecumenismo, l'ecologismo) che politici (come l'Onu, l'Unione Europea, i Tribunali internazionali, la Rete New Global, le Ong) che economico-sociali (come la Fao, l'Oms, il Fmi); non è contrario agli Stati nazionali, anzi ne difende la sovranità e l'indipendenza, ritenendo che, se ieri essi svolgevano un ruolo rivoluzionario, oggi invece ostacolano l'avanzata del totalitarismo globalitario.

  • Il Centro Culturale Lepanto non è "schierato con l'America" dal punto di vista ideologico, come paladina del liberalismo, ma semmai dal punto di vista strategico. Mentre l'Europa oscilla tra la paura e la complicità col nemico, gli Stati Uniti sono (da un certo tempo e per ora) l'unica potenza che si oppone al progetto rivoluzionario d'avanguardia, che vorrebbe distruggere quel poco che resta di cristiano, morale e civile in Occidente, inglobandolo in una Repubblica Universale "multietnica, multiculturale e multireligiosa". In questo senso, come l'Impero austro-ungarico, sebbene inquinato dal liberalismo, costituì lungo il XIX secolo un fattore di resistenza all'offensiva rivoluzionaria, così oggi gli Usa, sebbene di matrice protestante e massonica, svolgono un analogo ruolo di resistenza al caos; che lo svolgano secondo coscienza e prudenza, è tutt'altro discorso.

Comunque sia, rivendichiamo il diritto di rifiutare scelte geopolitiche pericolose - come quelle "mediterranea" o "euro-asiatica" o "terzomondista" - preferendo una scelta strategica "occidentale", senza per questo venire accusati di essere al servizio degli americani o dei sionisti; cosìr come coloro che fanno una scelta di campo filo-islamica rivendicano il diritto di non venire accusati di essere al servizio del panarabismo o del terrorismo islamico. A nostro parere, i legami culturali, politici e strategici che legano l'Europa agli Stati Uniti sono ben più validi e opportuni di quelli che la legano al mondo asiatico o arabomaghrebino. Inoltre, un'Europa separata dall'America non diventerebbe più indipendente o più potente, ma semmai scivolerebbe sotto l'influenza asiatica o terzomondista, favorendo quel processo di caotizzazione già avviato dal grave problema della immigrazione. Questa nostra posizione va giudicata per quanto vale e può certamente essere discussa, ma lealmente, senza ricorrere a caricaturizzazioni e a indimostrabili "dietrologie" basate su pregiudizi. Se qualcuno dissente, si tratta di una divergenza di giudizio strategico e non dottrinale, come pretende la sua rivista. La nostra strategia controrivoluzionaria era, è e rimarrà ispirata alla teologia cristiana della storia ed alla dottrina sociale della Chiesa. A norma della correttezza etica della informazione a mezzo stampa, le chiediamo di pubblicare questa nostra lettera di precisazione, che costituisce semplicemente una difesa della nostra buona fama.



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