Invito ad una discussione radicale sul marxismo

III parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve è stato diviso in sette parti.

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3. Il Dubbio Metodico ed il Dubbio Iperbolico nell'approccio alle teorie di Marx

A suo tempo il grande filosofo francese Cartesio propose un metodo critico di analisi razionalista, in cui distingueva una sorta di dubbio metodico, da utilizzare sempre nel corso delle proprie ricerche, da un dubbio enorme, definito iperbolico, sulla stessa esistenza del mondo materiale esterno e di Dio. Ebbene, un simile problema di dubbio iperbolico esiste anche per il marxismo, e può essere formulato così: nonostante le buone intenzioni di Karl Marx, è possibile che l'intero complesso della sua teoria sia sbagliato dalle fondamenta, e non possa pertanto essere corretto e migliorato, ma debba essere del tutto ed integralmente abbandonato?

Questa domanda "iperbolica" è assolutamente legittima e razionale, ed il fatto che molti presunti marxisti la censurino e si autocensurino rivela soltanto la loro refrattarietà al dubbio metodico razionalistico. Il metodo razionalistico, bene inteso, si interroga sempre sui propri fondamenti ultimi, e non li presuppone mai. E' così possibile capire la dinamica psicologica di molti "abbandoni" del marxismo. Chi non si è infatti mai interrogato radicalmente sui propri fondamenti ultimi di pensiero è particolarmente predisposto a quegli abbandoni improvvisi di tipo nichilistico e relativistico (nichilistico perché non si crede più in niente, e relativistico perché si pensa che tutto ciò che si può dire sul mondo sia equivalente, perché comunque personale ed irrilevante), che hanno caratterizzato la ridicola generazione del cosiddetto Sessantotto.

E invece bisogna proprio cominciare dalla domanda iperbolica. Ciò che è solo metodico viene infatti dopo, e di conseguenza. A mio avviso, in brutale sintesi, io conosco due reali problemi iperbolici, ed un problema iperbolico considerato tale da molti, ma non da me. I due reali problemi iperbolici sono rispettivamente la questione della natura umana, della sua esistenza storica ed ontologica e della sua compatibilità con il comunismo comunque definito, in primo luogo, e poi del carattere rivoluzionario intermodale della classe operaia salariata, più o meno allargata e più o meno diretta da un partito politico rivoluzionario marxista. Il problema iperbolico a mio avviso fittizio sta invece nella natura della smentita e della falsificazione storica del progetto comunista in base al fallimento globale dell'esperienza del comunismo storico novecentesco veramente esistito e non solo gruppettaro e testimoniale (1917-1991). Questi tre temi "iperbolici" sono talmente importanti da dover essere trattati separatamente per non fare confusione, e lo farò nei prossimi tre paragrafi.

Per ora (ma questo è del tutto secondario) ricorderò soltanto due questioni che a mio avviso non sono mai state veramente fondamentali, e tanto meno iperboliche, ma che sono state storicamente trattate come tali: la questione della (mancata) trasformazione dei valori in prezzi di produzione, e la questione della contraddizione dialettica, nella sua specifica differenza qualitativa con la cosiddetta "opposizione reale" di tipo aristotelico e kantiano.

La questione della trasformazione dei valori in prezzi di produzione, legata storicamente alla pubblicazione nel 1894 da parte di Engels del cosiddetto terzo libro del Capitale di Marx, ha dato luogo ad un dibattito durato più di un secolo, e tuttora in corso. Non vi è qui purtroppo lo spazio per darne i termini fondamentali. A mio avviso, sono e sono stati in errore (in un errore simmetrico) sia coloro che hanno voluto dimostrare la scientificità della teoria marxiana del valore (e del plusvalore, e della sua trasformazione, sia coloro che simmetricamente al contrario hanno voluto dimostrarne il carattere non scientifico e solo ideologico proprio sulla base dell'impossibilità di questa trasformazione. In questo modo si carica la teoria marxiana del valore e del plusvalore di un peso insopportabile ed eccessivo, dimenticando che questa stessa teoria è pur sempre subordinata alla ben più importante teoria della riproduzione complessiva del modo di produzione capitalistico, che comprende anche elementi non economici, ma anche storici, ideologici, politici e culturali. Sono d'accordo con Gianfranco La Grassa sul fatto che questa centralità sia una forma di economicismo. Tuttavia, aldilà di rilievi di questo tipo, ritengo assolutamente convincente e degno di essere conosciuto e studiato l'insieme di argomentazioni che oggi viene riproposto per sostenere la fondamentale correttezza del problema della trasformazione così come a suo tempo fu posto da Marx (cfr. Un vecchio falso problema a cura di Luciano Vasapollo, e Karl Marx e la trasformazione del pluslavoro in profitto, a cura di Giorgio Gattei, entrambi nella collana Sapere Critico). Riterrei invece sbagliato, ed allora concordo con La Grassa, far girare tutta la questione della "scientificità" di Marx su questo punto. Ma a questo intendo riservare più avanti un paragrafo apposito.

La questione della differenza fra contraddizione dialettica ed opposizione reale (cattiva e metafisica la prima, buona e scientifica la seconda) fu posta a suo tempo dalla scuola dellavolpiana italiana e fu messa a pretesto da Lucio Colletti per il suo abbandono del marxismo (cfr. O Tambosi, Perché il marxismo ha fallito. Lucio Colletti e la storia di una grande illusione, Mondadori, Milano 2001).

Non vi è qui lo spazio per analizzare questa delicata questione. Come peraltro per il caso precedente della trasformazione dei valori in prezzi di produzione, anche in questo caso è possibile pacatamente dimostrare che Colletti si è profondamente ingannato proprio sulla natura della cosiddetta contraddizione dialettica in Marx, che non è affatto il ristabilimento finale di un Intero presupposto come originario e come rovesciato (cfr. AAVV, La contraddizione, Città Nuova, Roma 1977 e E. Berti, Logica aristotelica e dialettica). In altre parole, prima Colletti si è costruito abusivamente una dialettica marxista di tipo neoplatonico, e poi l'ha brillantemente stroncata.

Tuttavia, ribadisco che queste due interessantissime questioni teoriche non sono veramente interrogazioni radicali del marxismo e non sono pertanto dubbi veramente iperbolici. Discutiamo ora separatamente i veri dubbi iperbolici.

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