Il testamento filosofico di Lukács

IV parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Praxis è stato diviso in sei parti.

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14. Non è dunque giusto dire che Engels intervenne con una sua seconda filosofia naturalistica (il materialismo dialettico) su di una prima filosofia della prassi autenticamente marxiana. Questa prima filosofia Karl Marx non lo esplicitò mai, e restò implicita. Engels fu dunque il primo filosofo marxista, non il secondo. E la sua filosofia, stringendo al massimo, si basa sull'idea che il passaggio dal capitalismo al socialismo sia assimilabile ontologicamente ad un processo di storia naturale. Certo, Engels era un grande talento filosofico, ed introduce molte riserve, molti "distinguo" e molti riferimenti alla specificità della società rispetto alla natura minerale, vegetale ed animale. Ma alla fine resta l'idea-base: i processi di storia naturale ed i processi di storia sociale sono derivazioni di comuni leggi dialettiche di tipo materialistico. Tutti i "distinguo" non eliminano questa impostazione macroscopica. In questo modo Engels pigliava due piccioni con una fava, e colpiva due bersagli con un sol colpo. Da un lato, accreditava questa prima sintesi filosofica marxista nel mondo universitario tedesco dell'epoca, che riteneva del tutto adeguato questo linguaggio materialista, evoluzionista e determinista. Il fatto poi che Engels concepisse l'evoluzione mediante "salti", cioè accelerazioni rivoluzionarie, e non mediante una crescita lineare omogenea è certo interessante, ma non modifica la natura della sua filosofia. Dall'altro lato, accreditava questa prima sintesi filosofica marxista presso la classe operaia tedesca dell'epoca, desiderosa di passare dal precedente protestantesimo luterano predestinazionista ad una moderna variante di messianesimo socialista garantita dalla scienza positiva. Per capire la forza della sintesi filosofica marxista di Engels bisogna situarla nel contesto storico dell'epoca, e se lo si fa si capisce anche perché Lenin l'accolse, e perché tutte le altri varianti neo-kantiane (Vorlander) ed empiriocriticiste (Bogdanov) restano marginali e minoritarie. 15. Il punto di partenza di Lukács è allora questo: c'è stata una sacrosanta rivoluzione comunista in Russia nel 1917, che ha interrotto ogni continuità nel movimento operaio e socialista, ma questa indispensabile rottura politica non è stata accompagnata da una contestuale rottura filosofica. Il nuovo continua ad essere pensato e rappresentato in uno schema vecchio. Testimone di questo è il famoso manuale di Bucharin sul materialismo storico inteso come sociologia marxista (di passaggio, lo stesso libro che fu poi criticato con argomenti analoghi da Antonio Gramsci in prigione nei suoi Quaderni). Bisogna dunque proporre una filosofia marxista nuova, che registri nel rarefatto mondo concettuale la novità leniniana della attualità della rivoluzione comunista. 16. Questa nuova sintesi filosofica fu proposta da Lukács in Storia e Coscienza di Classe, pubblicata nel 1923. Come avviene in tutte le grandi opere filosofiche, il suo codice teorico è semplicissimo. Si tratta dell'elaborazione sistematica dell'identità, weberianamente presupposta a priori, fra soggetto e oggetto, più esattamente fra il soggetto proletario ed operaio e l'oggetto della storia universale dell'uomo. A suo tempo, Fichte aveva definito in termini di Io (maiuscolo) la capacità trasformativa della prassi umana, riflettendo così in forma teoricamente filtrata l'entusiasmo politico prodotto dalla rivoluzione francese del 1789. Il Proletariato idealtipicamente costruito da Lukács è l'equivalente russo rivoluzionario del 1917 dell'Io di Fichte, ed infatti l'impianto di questa filosofia è idealistico, e non materialistico. Si tratta però di un idealismo di tipo molto particolare, che occorre comprendere bene nella sua dinamica. Si trattava infatti di un idealismo potenzialmente "espansivo", in cui la critica alla borghesia conteneva anche una possibile critica ad ogni forma di "imborghesimento", cioè di possibile blocco del processo rivoluzionario. 17. Il codice teorico di questa prima filosofia lucacciana era apertamente idealistico, e tutti i tentativi di Lukács di presentarlo come materialistico non potevano che fallire. Tuttavia, è errato dire che si trattava di marxismo hegeliano, o di hegelo-marxismo, come si sul dire nelle frettolose ricostruzioni storiche della filosofia marxista. Gli autori di riferimento sono infatti Fichte e Max Weber, non certo Hegel. Più esattamente, si tratta di una ritrascrizione comunista dell'idealismo filosofico fichtiano originario con l'innesto determinante di una concezione idealtipica della coscienza attribuita, o coscienza possibile, ricavata da Max Weber. L'Io di Fichte, che nella sua unità presupposta rispecchiava la sintesi di emancipazione illuministica e di entusiasmo romantico, si divide in due, in coscienza borghese e coscienza proletaria. Entrambe aspirano a realizzare l'universalismo, ma la coscienza borghese non lo può fare, perché vuole unire contraddittoriamente un'etica universalistica ed il mantenimento del plusvalore, dello sfruttamento, del profitto e del mercato capitalistico. La coscienza proletaria invece lo può fare, perché il proletariato non aspira a divenire una nuova classe sfruttatrice, ma ad abolire tutte le classi. Detto altrimenti, per la borghesia l'universalismo è impossibile, mentre per il proletariato è invece possibile. A sua volta, la categoria di possibilità non deve essere intesa nel senso di scelta arbitraria (katà to dynatòn), ma nel senso di possibilità necessariamente iscritta in una potenzialità ontologicamente garantita (dynamei on). Quasi cinquant'anni più tardi Ernst Bloch, amico di gioventù di Lukács, ristabilì questi due significati alternativi della categoria di possibilità, rintracciandone l'originaria matrice aristotelica.

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