Da Antonio Gramsci a Piero Fassino:

Note introduttive per farsi una ragione e capirci qualcosa in ciò che è successo nel comunismo italiano

Introduzione
 



Questo articolo tratto da Rosso XXI è stato scritto da Costanzo Preve.

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di Costanzo Preve



Capire qualcosa in quello che è successo nel comunismo italiano dell’ultimo secolo non è facile, ma non è neppure impossibile. L’alibi della cosiddetta “complessità” è quasi sempre un alibi opportunistico per evitare lo sforzo della interpretazione. Di fronte all’alibi opportunistico della “complessità” fa addirittura la sua figura Silvio Berlusconi, che interpreta la storia del comunismo italiano con la formula della continuità PCI-PDS-DS. A costo di scandalizzare il lettore pio e timorato della tradizione, credo che Berlusconi abbia sostanzialmente ragione. Certo, Berlusconi non è uno storico, ma un astuto venditore ignorante e volgare, ma con la spontanea intuizione dei venditori finisce con il capirci di più degli storici accademici e dei loro sofisticati “distinguo”. In ogni caso Berlusconi capisce di più di quanto capiscano i due modelli che definirò dell’almenismo e dell’infinito interminabile. Esaminiamo i due modelli brevemente.






Afferma Cesare Salvi (cfr. La Repubblica, 30-08-’03) :

“Il fallimento del comunismo è sotto gli occhi di tutti. Ma pensavo che l’approdo fosse quello del socialismo e non l’insostenibile leggerezza di un progetto ulivista”.
Questa formulazione, che rappresenta il paradigma interpretativo dominante nel cosiddetto “correntone” e presso tutti i confusionari, è appunto il nucleo del paradigma che chiamo almenismo. Non più il comunismo, ma almeno il socialismo. Non più il socialismo, ma almeno la socialdemocrazia. Non più il potere dei lavoratori organizzati in consigli, ma almeno il keynesismo sociale del welfare. Almeno, almeno, almeno, almeno.

La formulazione di Salvi ripropone il vecchio modello teorico di Bernstein del 1899, per cui il fine è nulla ed il movimento è tutto, anche se ovviamente in una forma molto più moderata, che ha metabolizzato le sconfitte bestiali del Novecento. La sua debolezza teorica, tuttavia, sta nel fatto che chiama “leggerezza” la pesantezza delle politiche di integrale adesione alle scelte delle direzioni strategiche della riproduzione capitalistica, cui D’Alema e Fassino sono al servizio. Io ho stima per Salvi, ma su questa base è impossibile capirci qualcosa. L’almenismo non funziona proprio.

Afferma Rossana Rossanda (cfr. Il Manifesto, 05-09-’03) :

”Con le proposte di partito riformista unico si va verso la liquidazione formale del più grande partito della sinistra italiana. Nella sostanza essa è già avvenuta per passaggi successivi dalla svolta ad oggi, con gli scivolamenti semantici progressivi a proposito del riformismo, che doveva ridurre il potere del capitale sul lavoro ed oggi consacra l’opposto, e sulla transizione che designava il passaggio dal capitalismo a forme di socialismo ed oggi indica il processo inverso”.

Un breve commento. La Rossanda coglie splendidamente il “trucco” semantico dell’uso del termine “riformismo”, che oggi significa in modo orwelliano non più l’insieme di politiche pacifiche e graduali contrapposto al rivoluzionarismo, ma il rafforzamento del potere incontrastato delle direzioni strategiche della riproduzione capitalistica. Ma il suo paradigma è quello appunto dell’infinito interminabile.

Non si capisce mai quando il PCI-PDS-DS avrebbe “cambiato colore”. Si va sempre verso la liquidazione, ma non si dice mai quando la liquidazione sarebbe irreversibilmente avvenuta, ed in questo modo ovviamente, si legittima l’opportunismo e l’almenismo elettorali. Se proprio si vuole invece scegliere una data, a mio avviso questa non è certo il 2003 e l’irrilevante pagliacciata del partito unico Rutelli-Prodi-Fassino-D’Alema (che comunque ritengo estremamente improbabile), ma il 1999, con la criminale guerra contro la Jugoslavia orwellianamente ribattezzata “operazione di polizia internazionale” (come se le bombe “guerresche” fossero diverse dalle bombe “poliziesche”), fatta dal cinico baffetto e pulcino togliattiano D’Alema contro le Nazioni Unite (che non la consentivano) e contro la Costituzione italiana (che non la consentiva). In ogni caso, 1991, 1999 o 2003 che sia, bisogna pure decidersi, e i due paradigmi dell’almenismo e dell’infinito interminabile non si decidono mai.

In questo breve saggio io sceglierò un’altra strada Per quanto mi riguarda i DS, o il PCI-PDS-DS che dir si voglia, non è solo un avversario politico ma è già purtroppo un nemico politico. Dico “purtroppo” perché so bene quanta gente onesta ci sta dentro, e quante persone per bene si illudono sul suo utilizzo storico e politico. Ma personalmente io non mi illudo più da molto tempo, e non certo per “estremismo” politico e caratteriale, ma per pacate ragioni. E’ necessaria però una ricostruzione storica, e bisogna partire da lontano. Lo farò in tredici brevi paragrafi successivi.


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