Una introduzione al pensiero marxista di Gianfranco La Grassa
in occasione della pubblicazione del suo ultimo libro

IV parte

 



Per agevolare la lettura, questo articolo tratto da Rosso XXI e scritto da Costanzo Preve è stato diviso in cinque parti.
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8. Il primo Gianfranco La Grassa, attivo soprattutto fra gli anni sessanta e gli anni settanta, si distingue come ridefinitore accurato e preciso dei concetti originali di Karl Marx (modo di produzione, forze produttive, rapporti di produzione, eccetera). All'interno del vecchio (ed orrendo) PCI se si contestava la linea politica si era espulsi con disonore, mentre era tollerata una catacombale filologia per addetti ai lavori (nello stesso modo la vecchia chiesa medioevale bruciava vivi coloro che predicavano in volgare, mentre era più tollerante con chi si limitava a scrivere indigesti trattati di teologia in latino). In questo modo i primi lavori di Gianfranco La Grassa sono pubblicati dalla casa editrice ufficiale del vecchio PCI, gli Editori Riuniti. Ovviamente, il dire che la sola struttura reale di un modo di produzione è la natura conflittuale e classista dei rapporti sociali di produzione, laddove lo sviluppo delle forze produttive non è un dato esogeno, progressistico e "neutrale", equivale a sostenere, in linguaggio cifrato (ma non poi troppo!), che Mao ed i cinesi hanno ragione, mentre i comunisti sovietici ed italiani hanno torto.

Il primo Gianfranco La Grassa, all'inizio degli anni settanta, quando nessuno lo diceva ancora, sostenne che la dinamica evolutiva oggettiva del personale politico del PCI "revisionista" (si usava allora questa ambigua categoria polemica), non lo portava affatto verso una sorta di opportunismo piccolo-borghese ed interclassista, come allora fantasticava l'estremismo gruppettaro operaistico, ma lo spingeva progressivamente verso l'assunzione diretta di responsabilità politiche di gestione e di rappresentanza dei gruppi dirigenti del grande capitale. Allora questo sembrava quasi un delirio. Oggi, con l'esperienza dell'Ulivo, del PCI-PDS-DS, di D'Alema e di Fassino, eccetera, questa è ormai una ovvietà storica.

Ma allora non lo era.

9. Il secondo Gianfranco La Grassa, che è anche il meno interessante ed il più caduco, è lo studioso della divisione tecnica del lavoro come vera e propria struttura riproduttiva portante del modo di produzione capitalistico. E' il periodo della stretta collaborazione di Gianfranco La Grassa con la Turchetto, la Manacorda, eccetera, tutti studiosi seri ed accurati della tecnologia capitalistica.

Non che in questo approccio ci fosse qualcosa di sbagliato. E' vero infatti che nel modo di produzione la divisione tecnica del lavoro sovradetermina, e quindi di fatto dirige, la vecchia divisione sociale del lavoro, che esiste fin dai primordi dell'umanità. Ma l'insistenza su questo porta ad una sorta di inesistente “capitalismo lavorativo", che finisce poi con l'assomigliare in modo inquietante alla maniacale fissazione sulla quarta sezione del Capitale della setta operaista. Gianfranco La Grassa seppe svincolarsi da questo vicolo cieco. E qui, mi si perdoni l'immodestia, la collaborazione con il sottoscritto, peraltro sempre polemica e conflittuale, ebbe la sua parte, salvo smentite dell'interessato.

10. Il terzo Gianfranco La Grassa, quello che ci interessa e che mi sembra quello "definitivo" (ma solo Dio lo sa!), è proprio quello del libro del 2004 che qui segnaliamo, ed ancora di più quello del monumentale lavoro che sta ora scrivendo. Per questa ragione, anziché riassumere analiticamente il libro (il lettore se lo leggerà da sé), segnalerò i punti teorici di maggiore rilevanza "discontinuistica". Se poi sbaglio e cado in equivoci, Gianfranco La Grassa potrà sempre intervenire a chiarire, visto che è collaboratore fisso della rivista in cui esce questa mia recensione-introduzione.

11. Chi cerca dati economici sul capitalismo attuale non deve naturalmente rivolgersi al libro di Gianfranco La Grassa. Il libro di Gianfranco La Grassa propone un modello teorico di interpretazione del modo di produzione capitalistico al più alto livello di astrazione, che pertanto esclude per principio ogni statistica economica, il che non significa però che non ne tenga implicitamente conto. Si tratta, come del resto è indicato nel sottotitolo, di una proposta teorica di passaggio da un modello di modo di produzione capitalistico basato sulla centralità della categoria di proprietà privata ad un modello di modo di produzione capitalistico basato sulla centralità della categoria di conflitto strategico. In proposito, farò qui una serie di osservazioni.

Primo, questa proposta di modificazione categoriale di Gianfranco La Grassa non sarebbe probabilmente stata fatta se il modello precedente di centralità della categoria di proprietà privata dei mezzi di produzione, in presenza ovviamente di un mercato del lavoro ad un tempo libero e sfruttato, avesse funzionato o mostrato di funzionare con ragionevoli modifiche. Ma il modello di costruzione del socialismo come espropriazione dei mezzi di produzione privati e loro "statalizzazione" sotto il comando dello stato-partito comunista non ha storicamente funzionato, ed ha dato vita alle due varianti di restaurazione capitalistica differenziata in Russia ed in Cina. Questo è un fatto grande come una montagna, non un'opinione "revisionista". La stessa sostituzione della pianificazione imperativa partitico-statuale al posto della cosiddetta "anarchia del mercato" non ha saputo o potuto condurre ad uno stabile sistema sociale post-capitalistico. Chi intende criticare Gianfranco La Grassa può ovviamente farlo, ma non può farlo dimenticando la dura lezione della dissoluzione del socialismo reale, che personalmente preferisco chiamare comunismo storico novecentesco (1917-1991), per differenziarlo anche terminologicamente dal comunismo teorico di Marx, che a mio avviso presenta mescolati insieme in modo quasi inestricabile elementi scientifici ed elementi utopici (e non è dunque per nulla perfettamente "scientifico", come opinava erroneamente in modo positivistico l'amico di Marx Federico Engels).

Secondo, questa proposta di modificazione categoriale di Gianfranco La Grassa implica una particolare scelta epistemologica, per cui ogni presunto Essere è come tale in via di principio inesistente e/o inconoscibile, e possiamo conoscere solo le Funzioni che mettono in relazione reciproca i fenomeni sociali. Si tratta di una scelta in favore di Kant contro Hegel, ennesima dimostrazione che dal punto di vista filosofico i "marxisti" possono solo essere o kantiani o hegeliani, e di fatto non esiste un terzo punto di vista possibile. Più esattamente, la scelta di Gianfranco La Grassa di escludere la "sostanza" e di concentrarsi sulla "funzione" si rifà implicitamente a Ernst Cassirer, il più grande kantiano del novecento.

Terzo, la proposta categoriale di Gianfranco La Grassa rompe con ogni possibile forma di storicismo marxista. Lo storicismo marxista, non importa se togliattiano, trotzkista, stalinista, bordighiano, eccetera, si basa su di una teoria stadiale e non ciclica della dinamica capitalistica, e non intende rinunciare ad una visione teleologica, e quindi deterministica e necessitata, della cosiddetta "transizione" dal capitalismo al comunismo. Dal momento che in genere i militanti sono fortificati da questa garanzia religiosa, ed i dirigenti cinici, corrotti e dotati di stipendi e pensioni d'oro sfruttano questa dimensione religiosa dei militanti per i loro scopi più abbietti, è ovvio che Gianfranco La Grassa venga silenziato, in quanto il suo disincanto storico, una volta che fosse conosciuto e apprezzato, potrebbe essere pericoloso per Cofferati, Cossutta, Bertinotti e per la numerosa folla dei loro cortigiani.

Quarto, la proposta categoriale di Gianfranco La Grassa rompe con ogni possibile forma di operaismo. Nei quasi cinquant'anni della sua vita parassitaria, l'ideologia operaista si è mostrata capace di adattamento metamorfico travestendosi da un soggetto all'altro, dall'operaio-massa fordista all'operaio sociale disperso nel territorio, fino alla sua ultima onirica incarnazione, le moltitudini desideranti in lotta contro un impero deterritorializzato. L'insistenza di Gianfranco La Grassa sul conflitto strategico intercapitalistico è ovviamente incompatibile con la concezione operaistica di una polarità fra impero capitalistico da un lato, e moltitudini, dall'altro.

Quinto, la proposta categoriale di Gianfranco La Grassa, pur provenendo da una genesi althusseriana, rompe di fatto con la concezione althusseriana del primato degli apparati politici ed ideologici su quelli economici propriamente detti. Il conflitto strategico di Gianfranco La Grassa, almeno secondo il concetto che me ne sono fatto (e se sbaglio lo stesso Gianfranco La Grassa mi corregga), rifiuta una classificazione di livelli in ordine di importanza (prima l'economia, seconda la politica, terza l'ideologia), secondo la topologia strutturale marxista tradizionale, ma recupera l'unità dinamico-funzionale del sistema capitalistico rifiutando questa topologia. E' evidente che ogni approccio di tipo più classicamente economicistico (Gianfranco Pala, eccetera) rifiuterà radicalmente questo tipo di approccio.

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