Da Antonio Gramsci a Piero Fassino:

Note introduttive per farsi una ragione e capirci qualcosa in ciò che è successo nel comunismo italiano

I parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve è stato diviso in tredici parti, più un'introduzione.

All'introduzione

Alla parte successiva




1. Osservazioni preliminari sui gruppi rivoluzionari e sui piccoli partiti di Cossutta e Bertinotti

Come ho detto in precedenza, ritengo che siano i DS gli “eredi” del comunismo italiano, o meglio i legittimi esecutori testamentari del suo fallimento storico, che è poi solo un episodio nazionale secondario di un fallimento storico mondiale. Sotto certi aspetti, si tratta addirittura di una storia torinese, da Antonio Gramsci a Piero Fassino, che trova la sua unità aristotelica di tempo e di luogo in una parabola che va dalla illusione universalistica sulla capacità rivoluzionaria anticapitalistica della classe operaia della grande fabbrica alla definitiva disillusione sul suo ruolo storico ed il conseguente “ritorno all’ovile” dell’eterno presente capitalistico e del ruolo subalterno di classe politica specializzata di servizio delle scelte delle grandi direzioni strategiche della riproduzione del sistema globalizzato.

Dunque, i DS. Sono loro il vero intrigante segreto del comunismo italiano. Bisogna guardare il volto della Medusa, e cioè il cinico sorriso di scherno di D’Alema, per avere veramente il polso della catastrofe. Chi invece crede che il comunismo italiano “prosegua “ nei gruppi rivoluzionari o nei partiti subalterni di Armando Cossutta e Fausto Bertinotti rischia di cullarsi nelle illusioni, e cercherò brevemente di dire perché.

Per quanto concerne i gruppi rivoluzionari minoritari nessuno di essi (con la parziale eccezione del bordighismo) è un fenomeno specificatamente italiano e nazionale, ma sono tutti rami di correnti minoritarie internazionali. In estrema sintesi ne possiamo elencare sette diverse varianti: i neostalinisti, i neotrotzkisti, i neobordighisti, i neomaoisti, i neooperaisti, i neoanarchici, ed infine gli aderenti alla lotta armata. Sebbene si possano scrivere migliaia di pagine analitiche sulle loro differenze e sulle loro ulteriori varianti interne, tutti questi gruppi hanno un minimo comun denominatore che li unisce, e cioè la convinzione, per usare un’espressione di Trotzky, per cui la crisi del movimento operaio è la crisi della sua direzione che anziché essere rivoluzionaria è caduta nell’errore e/o nel tradimento. Personalmente ritengo questa impostazione radicalmente sbagliata. Quando in un secolo non si riesce mai a fare la rivoluzione in un paese capitalistico centrale ci deve essere qualcosa di radicalmente sbagliato nella teoria di riferimento, in una base sociale troppo ristretta e subalterna ed in altri fattori strutturali. Tutte le spiegazioni in base al binomio errore-tradimento sono a mio avviso consolatorie, e non fanno che rimandare all’infinito il momento della resa dei conti teorica e politica.

Per quanto concerne il piccolo partito di Cossutta e Diliberto (PdCI) non penso proprio che esso sia espressivo della tradizione del comunismo italiano preso nel suo insieme. Si tratta di un ceto politico professionale profondamente inserito in un livello istituzionale sia locale che nazionale, unito ad un bacino elettorale profondamente nostalgico ed identitario. Ciò comporta una sorta di schizofrenia permanente, che fa sì che un bacino elettorale ideologicamente vicino a Fidel Castro e talvolta nostalgico addirittura di Stalin voti e faccia votare per un ceto politico organico al progetto di Rutelli, Amato, D’Alema, Prodi ed altri sostenitori aperti non solo del capitalismo in generale ma anche della subordinazione all’impero americano. Che questo poi venga legittimato con richiami all’antifascismo o all’antiberlusconismo è solo folklore politico. In ogni caso, non è certo questa simbiosi fra nicchia elettorale identitaria e ceto politico professionale a potersi definire erede della tradizione del comunismo italiano.

Un discorso analogo a mio avviso vale anche per il partito di Bertinotti (PRC), in riferimento ovviamente alla sua corrente maggioritaria. Le due ali laterali di Ferrando-Grisolia e di Grassi-Sorini sono culturalmente assai poco interessanti, perché la prima rientra nel filone minoritario trotzkista e la seconda è una sorta di cossuttismo movimentista. Si tratta in entrambi i casi di formazioni ideologiche del tutto sterili e bloccate. Più interessante è l’ibrido massimalista costruito da Bertinotti, che si chiama ufficialmente “comunista”, ma è di fatto una variante postmoderna del massimalismo socialista della tradizione Lelio Basso-Riccardo Lombardi, sfociato infine nel grande fiume dei movimenti anti-globalizzazione. La figura di Bertinotti è interessante, perché questo Egoarca (per dirla con Stefano Benni) guida un partito politico con la mentalità di un sindacalista (caro Prodi, io ti appoggio sull’adesione dell’Italia a Maastricht e tu mi dai le 35 ore), è intollerante e permaloso verso ogni critica politica, atteggiamento tipico del dilettante e dell’autodidatta insicuro, usa e getta gli intellettuali a seconda se gli danno ragione o no (Revelli, Bellofiore, Screpanti, Mazzetti, ecc.), ed in questo modo espressionistico mostra di non avere nulla in comune con le strategie stabili per l’egemonia alla Togliatti, eccetera.

Per capire il tragicomico personaggio può essere utile una citazione da una sua intervista (cfr. La Repubblica, 27-08-03):

“A proposito del cambiamento del nome “comunista” c’è un clima di attesa perché molti, anche nei movimenti, considerano il riferimento comunista troppo pesante. Secondo me si sbagliano, essere comunisti è una sfida per il futuro. Però possiamo costruire insieme la risposta. Io Tarzan, tu Jane. Io sono comunista, tu no. Ma possiamo camminare vicini”.

Il lettore purtroppo ha letto bene. Io Tarzan, tu Jane. Questo è il livello che ci possiamo aspettare dal permaloso Egoarca. Chi si aspetta la rifondazione del comunismo e del marxismo da questo pittoresco personaggio può iscriversi all’associazione dei Credenti nelle Cicogne che Portano i Bambini (CCPB).

Ed ora, caro lettore, passiamo a discutere cose più serie.





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