Alterazioni del paesaggio

quarta parte
 

di Walter Catalano
pubblicato qui agosto 2005



La carne arrostita sui barbeque diffondeva un odore pungente di sangue e di brace. Grassi funzionari governativi si ingozzavano a fianco di mogli obese, succhiavano il midollo dalle ossa, si leccavano le dita e si lubrificavano l'esofago con generose bicchierate di vino rosso o di birra. L'ambasciatore statunitense si nascondeva dietro un enorme cous-cous di verdure, mentre la moglie - come una Barbie mummificata - esibiva con munifica sovrabbondanza la dentiera candida agli attacheè europei. Un tripudio di torce nella notte disegnava un'enorme stella di David sull'erba mentre l'incrociare dei droni nel cielo buio rispecchiava il disegno su un piano più alto. Tende e braceri a profusione conferivano all'ampio giardino l'immaginaria suggestione di un'oasi di nomadi nel deserto .

"E' meraviglioso" - trillò una giovane giornalista dall'aria e dall'accento anglosassone - "non la fa pensare alla corte di Re David o di Salomone ?"

Flavia ricambiò il trillo un'ottava più in basso: "No, mi fa pensare piuttosto a Leni Riefenstahl". Né la giornalista, né Ippoliti, occupato a spolpare una costoletta, sembrarono afferrare la battuta.

Flavia seppe cogliere al volo l'attimo di pausa per allontanarsi in direzione dei due rappresentanti del presidente della A-Shem Corporate che ruzzavano intorno ad un gruppetto di procaci ufficialesse dell'esercito in alta uniforme. Ippoliti, ancora masticando il boccone, la tallonava dappresso cercando di recuperare lo svantaggio della partenza a sorpresa.

"Non cercare di scapparmi, piccola peste !" - proruppe deglutendo.

"Ma allora non ti fidi di me? Hai paura che combini qualche guaio ? Un incidente diplomatico ? Credevo che avessimo fatto patti precisi."

"Hai ragione. Scusami, ma - sai - è una situazione particolarmente delicata. Sono un po' teso".

"L'appetito non ti manca però" . Flavia scoppiò a ridere impossessandosi con gesto principesco di un calice di vino rosso.

"Pensavo non avresti toccato cibo. Per coerenza, insomma…" - La stuzzicò Ippoliti strizzandole l'occhio.

"Tutt'altro. Sono un'osservatrice partecipante. Voglio rischiare e bere al tavolo degli ospiti arabi: chissà se c'è anche qui uno come Abba Kovner, che nel '45 voleva vendicarsi uccidendo sei milioni di tedeschi. Si fece procurare dal futuro presidente israeliano Efraim Katzir un bel po' di veleno da versare nelle condutture idriche delle città più grandi in Germania. Gli inglesi riuscirono però a bloccare la nave in un porto europeo prima che riuscisse a mettere in pratica il progetto" .

"E gli inglesi ci hanno fatto un gran favore, signorina, sarebbe stato un evento estremamente sgradevole. Ma li avevamo avvertiti noi…". L'uomo massiccio e dall'aria bonaria che l'aveva interrotta, in un italiano quasi perfetto, protendeva verso di lei il suo bicchiere di vino rosso sorridendo. "I nostri ospiti arabi non corrono comunque alcun pericolo. Si rassicuri".

"Ti presento il dottor Ismar Evron" - farfugliò Ippoliti imbarazzato - "ispettore medico del governo. Lo incontreremo spesso lungo la via del Sinai."

"Mi perdoni se la corrego, caro Ippoliti. Non dipendo direttamente dal governo. Sono un semplice consulente, proprio come lei" - Evron sorrise ancora rivolgendosi a Flavia - "Sarà dei nostri signorina ? La presenza di osservatori stranieri imparziali è quanto mai auspicabile in queste circostanze".

"Mi auguro di sì, dottore. Non posso però garantirle la mia assoluta imparzialità" - Flavia ricambiò il sorriso.

"Apprezzo la sua franchezza. Spero che avremo modo di farle cambiare idea."

Sempre più imbarazzato Ippoliti tentò di cambiare discorso, ma temeva di essersi ormai inoltrato su un campo minato. - "Splendida coreografia non le pare dottore ?" - azzardò con voce incerta.

"Non amo i folklorismi. Mettono troppo in risalto la nostra natura tribale e questo mi spaventa" - Evron rise di gusto - "Mi ha fatto lo stesso effetto anche la cerimonia di fondazione del *Terzo Tempio ad Haram al-Sharif".

"Mi stupisce che usi il nome arabo" - lo interruppe Flavia.

"Abitudine. E poi è un nome che suona bene. Ma tutta quella messa in scena in stile kolossal biblico hollywoodiano mi ha depresso profondamente."

"L'intenzione era quella di risvegliare il senso religioso tradizionale. - ritentò Ippoliti - La A-Shem Corporate , che ha finanziato la cerimonia, non è certo un'organizzazione religiosa ma è interessata a perpetuare le radici religiose del suo popolo."

Evrom lo guardò sornione - "La A-Shem sa quel che fa e non si è scelta un nome a caso: è il Nome. Quanto a me, pur essendo nella pratica un collaboratore fedele, la penso piuttosto come William Blake".

"Vale a dire ?" - chiese Flavia, visibilmente incuriosita.

"L'unico nome del boss per me è Nobodaddy, Paparino Nessuno….con tutto il rispetto. Bevo alla sua salute." Evron alzò il calice e tracannò il vino rosso vuotandolo d'un fiato.

In un improvviso passo di danza, improbabile e leggero come Nijinsky, Evron sospinse dolcemente i suoi due interlocutori in un punto più appartato del parco, un triclinio incuneato fra due colonne di una scenografia in stile Nabucco. Ridacchiando estrasse dalla tasca del panciotto un piccolo chillum di terracotta indiano e con gesto rapido ed esperto lo riempì d'erba.

"Volete favorire ? E' ottima. La coltivo nel giardino di casa mia."

Un po' attonitia ma divertita Flavia accettò la pipa facendo il primo tiro.

"Prende in gola !" - tossì.

"E' pura, senza tabacco - spiegò Evron - il modo migliore per gustarla" - Soffiò il fumo verso Ippoliti che contemplava la scena muto. "Non le piace collega ? Io dico che lei ha la pressione oculare troppo alta: la cannabis è un toccasana in questi casi. Non si preoccupi: gliela prescrive un medico."

Ippoliti si attaccò al chillum e tirò fino alla congestione.

"Così si ragiona ! - riprese Evron soddisfatto - Dicevamo del vecchio Nobodaddy. Sarà contento di noi. Uno di questi giorni ci manderà finalmente il Messia. Che ne dite ? Torneranno a farci visita i vecchi: Abramo, Isacco, Giacobbe…"

"Giosuè - lo interruppe Flavia - soprattutto Giosuè…"

Evrom scoppiò in una sonora risata - "Touché Mademoiselle ! Sarà il benvenuto anche Giosi, ma questa volta Gerico è caduta senza bisogno di trombe ! "

"Io piango per Gerico" - disse Flavia.

"Io no. Ma piango per Asherah. Sa chi era Asherah ?"

Evron contemplò le facce mute dei suoi interlocutori, fece un altro tiro e continuò.

"Nobadaddy aveva una moglie una volta, si chiamava Asherah. La sua paredra, la sua controparte femminile. Quando decise di fare fuori i Ba'al di Canaan, i suoi colleghi dei, quando volle restare solo e li sbattè tutti all'inferno, eliminò anche sua moglie, Asherah, la dea nutrice dai molti seni: Ishtar come la chiamavano a Babilonia. Noi ebrei - e anche voi cristiani - adoriamo un uxoricida.

Yisra-el : Dio è il capo, Dio domina. Lui si manifestò ai Patriarchi come El Shaddai - "El della montagna", "l'Autosufficiente" - e a Mosè come Jhvh, con i suoi giochi di prestigio a base di roveti ardenti, bastoni e serpenti, i suoi scherzetti con la lebbra…"Io sono colui che sono". Vale a dire zitto e mosca !" - Evron rise e per la prima volta apparve a Flavia, sovrapposta all'espressione bonaria che l'aveva per un momento sedotta, una maschera tormentata, un teschio di cristallo. Un'improvvisa esplosione interruppe la conversazione. Una pioggia di minute schegge di vetro ricadde su di loro in un'eco di grida e di spari.

"Kamikaze…sono arrivati fin qui !" - balbettò Ippoliti asciugandosi col dorso della mano il sottile rivolo di sangue che stillava da un piccolo taglio sulla tempia.

Nel caos imperante Flavia si aggrappava, terrorizzata e affascinata insieme, al sorriso selvaggio di Evron, al rictus irrefrenabile che gli contraeva il labbro superiore. La sua voce, tagliente come una spada, sembrava salmodiare, un po' in italiano e un po' in ebraico, frammenti scollegati del Cantico dei Cantici. Ripeteva soprattutto un verso: "Perché forte come la Morte è l'amore; feroce come gli Inferi è la passione".


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