zingari, rom, kosovo, profughi



Fuoricasta e tralicci





 La Cascina Camafame

 
 
Era con tutto questo in testa che a luglio del 1999 sono andato a Brescia. 

Il vero nome è Camafame, ma sotto un ponte una scritta dice "Cascina Cavafame 1 chilometro", a grandi lettere qualcuno ha aggiunto MAIALI e una svastica. È campagna aperta se volete, di quel particolare tipo che conosce la Padania. Un incrocio di autostrade, una deviazione piena di buche, una cava che è un immenso cratere, quasi un morso nella terra che si è riempito d'acqua: non sai se è stata la fame dei cavatori o quella delle macchine che divorano l'argilla.  

All'estremo assoluto, là dove Brescia nasconde con pudore i suoi fuoricasta, un casolare di campagna che sembra non reggersi bene in piedi ospita una quarantina di Rom. E sopra la cascina, altissimo, si erge un traliccio. Fischia e si lamenta, minaccia e sputa corrente. 

Il rumore del traliccio si sente solo a notte fonda, perché fino a tarda ora, tra fango, galline e balconi ricoperti di gerani, la musica riempie il cortile. Anche la miseria ha le sue gerarchie, e al suo vertice c'è chi si arroga il diritto di assordire senza posa gli abitanti con le musiche che più gli piacciono, a un volume da discoteca. 

Ed è qui che trovo di nuovo Bajram e Reska e conosco sua madre, Xhevrija. 

Bajram e Reska abitano al primo piano, in una stanza. Pulita e ordinata, ma senza acqua né gas e ogni volta che va in bagno, la ragazza invalida deve scendere e salire per una ripida scalinata.  

All'inizio, Reska non mi riconosce; e non so nemmeno io esattamente cosa voglio dire o fare per loro. Sto per andare via, ma mi fa salire nella loro stanza, dove ci guardano in silenzio la madre, Xhevrija, che non parla l'italiano, due piccoli cani e un paio di canarini in gabbia. Poi arriva Bajram, che mi riconosce subito. Iniziano le storie. Non ve le racconterò nell'ordine in cui le ho sentite quella sera e tante altre sere, ma cercherò di presentarvele in senso cronologico. 

I protagonisti sono Bajram, e sua moglie, Xhevrija, che un tempo vivevano nella cittadina di Graçanica, dove esiste un importante santuario serbo; i loro figli, che in ordine di età sono Ramiza, Remzija, Reska e l'unico maschio, Lulzim. Xhevrija ha un fratello, Beçir, che è affetto dalla sindrome di Down. Lulzim è sposato con Altna e hanno tre figli, Emir, Anela e Xhevrija Piccola.  

Bajram nacque di sabato, come tutti coloro che vedono gli spiriti. I suoi genitori morirono quando lui aveva appena sette mesi; è brutto crescere senza genitori, un giorno porti le scarpe e quello dopo no. E fu proprio lustrando scarpe che il bambino iniziò a faticare. 

Torniamo indietro nel tempo, quando Bajram e Reska erano nel Kosovo. La bambina che correva per i prati dietro alle pecore si trova improvvisamente con una gamba lesa e un dolore tremendo, che durerà per anni. La notte si rannicchia nel buio a guardare un gran buco nel muro che chiude con la mente, sussurrando un'ayah del Corano, il lontano arabo trasformato in dolce suono turco, così culla e addormenta l'avvoltoio che corre dietro a tutti i Rom del mondo. Di giorno cerca chi l'accompagni, così piccola eppure così ingombrante, a scuola. Bajram viveva i suoi giorni sottoterra, a scavare oro nelle polveri di Trepça, finché un giorno, per negligenza di qualcuno, due carrelli non si scontrarono, con lui in mezzo, che pure rimase vivo. 

Quando la Jugoslavia collassa, Bajram continua a lavorare per un anno e mezzo senza stipendio; poi va in Italia con Reska, invitato da parenti che se ne dimenticano subito. La madre resta lontana nella loro casa… bella casa, con balconi e gerani, ma le foto che vedo sono tutte spiegazzate: hanno attraversato il mare su uno scafo, sono foto sopravvissute a un Adriatico assassino. 

Reska e Bajram vanno a vivere a Verona in una baracca sulle sponde dell'Adige, lamiere e legni alla buona, freddo, risate e zanzare. 

È un sabato sera, i ragazzi di Verona vanno a divertirsi, chi in discoteca e chi invece a bucarsi sul lungofiume. Come sia successo non si sa, ma i tossici finiscono per incendiare la baracca degli zingari. La baracca non ha porte se non quella in fiamme. Burim, il cugino, solleva Reska, se la mette sulle spalle come un agnello e, per uscire nella notte, sfonda una parete. 

E via a Brescia, tra stranieri. Tanti stranieri su letti accatastati, stranieri solitari e un po' pazzi, stranieri affamati, stranieri che ridono, stranieri che la notte vanno a prostituirsi per farsi la moto, stranieri che piangono davanti a grandi orologi luccicanti con l'immagine di una Kaaba mai vista… stranieri ammalati d'Italia, impauriti e e pieni di speranza.  

Un'estate Bajram e Reska l'hanno passata dormendo all'aperto sotto la pioggia, un inverno in una roulotte senza finestre, poi la stanza nella cascina. 

Nel loro lavoro, i ladri cercano sempre per primi i bersagli facili: i rapaci calano rapidi sui topolini e non sfidano le corna dei cervi. A chi si può rubare più facilmente che a un Rom troppo buono e distratto e a sua figlia? Bajram è derubato quattro volte mentre dorme solo nella sua stanza… si sa chi è stato, ma bisogna tacere. 

Si vive sempre, nonostante tutto, come l'erba che spacca i marciapiedi pur di godersi il sole. Trasgressioni, risate e amori intensi schiacciati sotto lo stivale della vita… le ragazzine che si innamorano di Van Damme e del bell'Emrah, voce della Turchia, copiandosi in continuazione un'unica cassetta, tra ciminiere e squallide cascine, ridendo dietro alle spalle dei vigili e dei poliziotti e aspettando il giorno di San Giorgio per ballare nel fango del cortile. 

Nella nebbia, di notte, la cascina dei Rom appare strana, inquieta. Tra il fango sotto la luna il fantasma di un morto vestito di bianco. Una suora defunta pedala veloce attraverso per il campo, solo Bajram vede lei ma tutti vedono la sua bicicletta correre senza pilota. 

Bajram si perde. Cammina per Brescia e lo segue un cane spelacchiata dagli occhi svegli. Bajram si infila nel mercato ed è incerto, sarà Prishtina, Verona, la miniera d'oro, il ventre caldo della fabbrica dove fatica tre turni di giorno e di notte? 

Mamma Xhevrija tra cuscini e tappeti, calamita dei bambini del campo, scende per le scale a prendere l'acqua … scale tenebrose, un Monte Rosa da scalare tutti i giorni per Reska. Xhevrija è travolta dai dolori, come una frusta sui reni, coliche, pietre e sassi taglienti che si formano nelle viscere. Lei è venuta a trovare il marito e appena arrivata, le è esplosa alle spalle la guerra. E lei, che di problemi non ne ha mai avuti con nessuno, scoprirà che in Italia è normale che la polizia arrivi alle quattro di mattina e ti metta tutta la casa sossopra senza motivi per lei comprensibili.