Una tortura compassionevole e democratica
 




Miguel Martinez  

2 febbraio 2002  




Intervistato sul Corriere della Sera del primo febbraio 2002, uno dei più noti avvocati statunitensi, Alan Dershowitz, ha sostenuto che bisogna reintrodurre ufficialmente la tortura e abrogare le convenzioni internazionali che la vietano.  

Se si potesse riassumere in una sola idea quanto vi è di positivo nella civiltà occidentale, potremmo dire che si tratta dello Stato di diritto. Ma è anche facile per l'Occidente vantarsene finché non viene messo alla prova. Quando la Francia, democratica, fiera del proprio illuminismo, si è trovata ad affrontare la realtà dell'insurrezione algerina, ha cominciato a gettare nella Senna i cadaveri degli immigrati torturati a morte. In questo c'è un interessante corto circuito mentale: gli impiegati dello Stato che compivano questi orrori credevano di avere il diritto di torturare perché appartenevano a una civiltà talmente superiore da aver abolito la tortura.  

Allo stesso modo, anche gli Stati Uniti, appena messi alla prova, hanno dimostrato la facilità con cui si ricade nella barbarie.  

La barbarie europea ha però bisogno di mascherarsi: nessun francese ha mai teorizzato pubblicamente l'abolizione della civiltà.  

Non dobbiamo generalizzare; ma si può dire che la cultura americana tende a essere orgogliosa delle sue vendette, fiera della pena di morte come dei propri bombardieri. Qualche soldato francese, estremamente coraggioso, ha fotografato di nascosto gli orrori dell'occupazione militare in Algeria. Invece le foto di Guantanamo le ha diffuso il Pentagono; casomai è la nostra stampa che ha esitato a pubblicarle, in particolare le immagini ravvicinate.  

Le immagini di Guantanamo non solo sono impressionanti, ma devono impressionare: esattamente come gli antichi trionfi in cui la pubblica umiliazione degli sconfitti precedeva la loro esecuzione.  

Tre millenni prima di Guantanamo, l'equivalente assiro del Pentagono faceva scolpire su pietra immagini dello stesso genere, in cui il prigioniero, piccolo, fragile, in ginocchio, veniva privato della vista, cioè del requisito fondamentale per essere autosufficiente.  


assiri babilonesi


Il barbaro, nel nostro caso, non è un barbuto analfabeta di Ninive. Anzi, l'intervistatrice Alessandra Farkas definisce Alan Dershowitz, come "l'avvocato progressista più famoso d'America, paladino dei diritti civili, nato a Brooklyn da famiglia ebraica". Aggiungiamo che insegna a Harvard, e ha difeso in tribunale Al Gore, O.J. Simpson, il mafioso Frankie Balistrieri, il telepredicatore Jim Bakker, il pornografo Bob Guccione, il nazista Matthew Hale, il terrorista sionista Meir Kahane e Mike Tyson. Nel 1983 ha ricevuto dal B'nai B'rith un premio per la "la sua eloquente e compassionevole leadership e insistente difesa della lotta per i diritti civili e umani."  

È abbastanza chiaro però il tipo di "diritti umani" che Dershowitz difende: i "casi impossibili", mediaticamente appetibili, di individui eccentrici ma abbastanza ricchi da permettersi un avvocato in grado di assicurare loro l'impunità.   

Dershowitz cambia totalmente idea quando si tratta di nemici dello Stato e non di delinquenti capricciosi. E lo fa sostenendo pubblicamente la necessità di legalizzare la tortura - i metodi che dichiara di preferire sono "scosse elettriche e aghi sterili conficcati sotto le unghie." È interessante il ragionamento con cui giustifica la sua proposta:  

Tengo a precisare che la mia proposta scaturisce dall'avversione viscerale per la tortura: una realtà clandestina ed illegale che purtroppo esiste e che, non potendo abrogare, desidero portare nell'ambito della legge e della democrazia [...] Il mio obiettivo è istituzionalizzare la tortura per controllarla e fermarla." 

La tortura viene così liberalizzata con la stessa motivazione con cui si giustifica la liberalizzazione della droga. In realtà si tratta di qualcosa di totalmente diverso: non si è mai visto un poliziotto in crisi di astinenza per non poter ficcare aghi - sterili o no - sotto le unghie di qualcuno. La tortura non è un bisogno o un vizio umano, ma semplicemente una strategia di dominio.  

"La CIA fa circolare nel mondo un agghiacciante manuale coi metodi più crudeli per 'estorcere notizie' e i commissariati di polizia dalla California alla Florida la praticano quotidianamente, dietro porte chiuse. Ritengo che sarebbe molto meglio portarla nell'ambito della legge, rendendola visibile e trasparente, cioè democratica". 

Alla base del progetto, ci sarebbero dei torture warrants, mandati per torturare i prigionieri. Ma non per far confessare i serial killer; i "mandati di tortura" si eseguirebbero solo contro quelli che lo Stato proclama di volta in volta come "terroristi".  

L'intervistatrice chiede a Dershowitz cosa ne pensa dei trattati internazionali che vietano la pratica della tortura. Il compassionevole difensore dei diritti umani risponde:  

""Il Congresso dovrebbe abrogare la nostra adesione al trattato internazionale anti-tortura ratificata nell'84 ed entrata in vigore nell'87. Un trattato anacronistico e superato quanto la Convenzione di Ginevra che non affronta il nuovo cancro del terrorismo sponsorizzato dagli Stati". 

Non hanno capito nulla coloro che dicono che quella in corso sia una "guerra tra Occidente e Oriente". No. La Guerra del Bene contro il Male è innanzitutto una guerra contro l'Occidente. Una guerra per annientare proprio ciò di cui andiamo più fieri. Non parlo dei missili o degli effetti speciali del cinema, ma del senso della dignità umana.  

Miguel Martínez  


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