La bellezza come arma politica

Tre in uno: jazzista, scrittore e attivista
una conversazione con Gilad Atzmon

quarta parte
 




di Manuel Talens


Per agevolare la lettura, questa intervista è stata divisa in più parti.

Alla nota introduttiva
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MT: Prima di passare alla questione di Gilad Atzmon come musicista e scrittore, permettimi di ricordarti che Noam Chomsky, una persona che immagino tu rispetterai, ha detto che discutere della soluzione dello stato unico è qualcosa di "completamente astratto, che non ha alcun rapporto con nulla che si possa nemmeno immaginare oggi". Vale la pena di insistere su questa strada?

GA: Questo è esattamente il motivo per cui ho molti dubbi su Chomsky di recente. Come sappiamo tutti, lui stessi si definisce un sionista. Anche se lo ammiro per la sua attività passata, io credo che la posizione di Chomsky sul conflitto israelo-palestinese ha perso il suo valore molto tempo fa.

E adesso veniamo al punto: non solo la soluzione dello stato unico non è affatto astratta; Sharon, nella sua svolta recente verso il sionismo di sinistra è stato abbastanza astuto da rendersi conto dell'imminente disastro demografico, dovuto al fatto che gli ebrei non sono più in maggioranza nelle zone controllate dagli ebrei. Ecco la filosofia dietro il recente ritiro da Gaza. Gli israeliani sanno che lo "Stato ebraico" ha i giorni contati. È un po' preoccupante il fatto che Chomsky non se ne renda conto. Vedi, è molto interessante: mentre i sionisti di destra puntano alla soluzione dello stato unico, i sionisti cosiddetti di sinistra sostengono il concetto radicalmente nazionalista dei due stati.

MT: Non sapevo che Sharon fosse di sinistra. Potresti spiegare meglio quest'ultima frase?

GA: Tanto per cominciare, Sharon è cresciuto nel cuore del sionismo laburista agricolo, ma mettiamo da parte per ora la sua storia personale. Ci sono due principali correnti ideologiche nel movimento sionista: le colombe (quelli di sinistra) e i falchi (quelli di destra). Le colombe credono che gli ebrei abbiano il diritto a una patria nazionale a spese dei palestinesi. Storicamente, furono le colombe che fecero la pulizia etnica dell'85% della popolazione palestinese nel 1948. Una volta che le colombe erano riuscite a crear un ragionevole Lebensraum per il popolo ebraico, furono felici di "scendere a compromessi" con i palestinesi. Oslo è la materializzazione della filosofia delle colombe sioniste. Peres e Rabin sono andati dai palestinesi offrendo loro "generosamente" le seguenti umilianti condizioni: "Noi, gli israeliani, vivremo sulle terre e sulle case che voi vi siete lasciati indietro a Giaffa, Haifa, Gerusalemme, ecc. E voi, i palestinesi, resterete nei vostri campi profughi nel deserto oppure nella diaspora." Come si vede, le colombe sono sempre alla ricerca di una forma di compromesso. Il concetto di una soluzione basata su due stati è una classica tattica da colombe. Si accantona completamente la causa palestinese, cioè il diritto di ritorno. Chiaramente, le colombe preferiscono non vivere in mezzo agli arabi, preferiscono erigere un ghetto in stile europeo in Palestina. Per chi se lo fosse dimenticato, l'idea del muro dell'apartheid fu lanciata la prima volta da Haim Ramon, un'altra famosa colomba laburista.

La filosofia dei falchi è un po' diversa. Per i falchi, la terra stessa è importante. Si tratta della sacra "Eretz Yisrael" - la Terra d'Israele secondo la Bibbia - per cui lui o lei dovrebbe combattere. Il falco insiste sul redimere ogni pezzo di terra del "Grande Israele". Il falco non è disposto a compromessi. Il falco insiste che il diritto di Sion si fonda sulla Bibbia. Per il falco non esiste una vera differenza tra Tel Aviv, Gaza o il West Bank. Questo è il motivo preciso per cui il paradigma sionista dei falchi si è poi trasformato in quello che adesso chiamano il "sionismo messianico", il movimento dei coloni. A quanto pare, il falco di oggi preferirebbe obbedire a un rabbino piuttosto che a un politico laico. La logica del falco è semplice e coerente: se Eretz Yisrael è davvero un concetto divino, che se ne occupi una personalità messianica, piuttosto che un ebreo ateo.

Durante tutta la sua carriera politica e militare, Sharon è stato un brutale criminale di guerra che ha flirtato con la filosofia dei falchi. Per anni, ha agito come principale messaggero politico del movimento dei coloni. Ma le cose sono cambiate recentemente. A quanto pare, Sharon ha cambiato pelo. Il ritiro da Gaza costituisce infatti una svolta a "U" per Sharon. Adesso è tornato tra i suoi veri compari, le colombe laburiste. Sharon si è accorto che pensare a condurre uno stato ebraico con una grande maggioranza palestinese è un progetto destinato al fallimento. Ecco la logica dietro il ritiro da Gaza. Ha semplicemente trovato come liberarsi da 1,3 milioni di palestinesi e guadagnare altri cinque, sette anni lungo il gigantesco tunnel demografico. Perché ha cambiato idea? Perché per Sharon, Eretz Yisrael non è così sacro come ci ha fatto credere. Sharon, l'ultimo falco sionista, è diventato una colomba. Non solo è una colomba, ma tutta la sua carriera politica è stata salvata adesso dalla colomba ufficiale, Shimon Peres, che è sempre entusiasta dell'idea di entrare a far parte del gabinetto Sharon.

La morale di questa storia politica è piuttosto chiara. Se mettiamo da parte il movimento dei coloni, l'ideologia politica significa poco. La sinistra non ha nulla a che vedere con la sinistra, e la destra è di destra finché conviene.

MT: Scusa la mia prossima domanda, ma trovo piuttosto strano il fatto che non attribuisci alcuna qualità positiva alla società israeliana.

GA: Perché dici così? Penso che prima di tutto, Israele esiste per mostrare al mondo l'incarnazione ultima del pensiero non etico e del comportamento disumano.

MT: Potrei essere d'accordo con te nel dire che una democrazia che serve solo agli ebrei ma non al resto della popolazione che vive entro i suoi confini è una democrazia un po' zoppa...

GA: E' molto peggio. È una democrazia che esiste per servire alla comunità ebraica mondiale organizzata [ndt, "world Jewry"], non solo i propri abitanti ebrei, ma piuttosto gli ebrei di tutto il mondo. Azmi Bishara, un coraggioso e simpatico accademico palestinese oltre che membro della Knesset israeliana, ha lanciato una campagna per uno "stato dei propri cittadini", che si contrappone a una simile logica. Secondo Bishara, Israele deve diventare una democrazia dei propri cittadini, piuttosto che una semplice colonia della comunità ebraica mondiale. Nello stato ebraico, un ebreo americano che viene da Brooklyn ha più diritti di un palestinese nato a Gerusalemme Est. Ecco, questa è la realtà della "democrazia ebraica".

MT: Quello che si racconta di solito è che gli ebrei godono di tutti i vantaggi generalmente concessi dalle società occidentali, cioè la libertà di parola e di dissenso...

GA: La libertà di parola serve per creare un'immagine di pluralismo. E comunque tale falso pluralismo si applica solo agli ebrei. Per qualche motivo, non si applica mai agli accademici, agli artisti o ai politici palestinesi.

MT: Mai? Ma hai appena parlato della presa di posizione dissidente dell'israeliano palestinese, Azmi Bishara…

GA: Azmi Bishara è stato privato adesso dell'immunità parlamentare, semplicemente perché è ciò che è - un arabo - e perché dice quello ciò che dice. Credo che questo fatto spieghi veramente tutto.

MT: Ma dall'esterno, noi gentili vediamo che si tollera l'opposizione verbale, e che i cosiddetti "traditori" possono vivere e lavorare in Israele senza finire in carcere...

GA: Amico mio, ma sai quanti palestinesi si trovano in questo preciso momento nei vari campi di concentramento e carceri ordinarie d'Israele? Dabbene, lasciamelo dire, i sionisti sono tutt'altro che stupidi. Lo sapevi che il governo israeliano gestisce un istituto che si occupa di tradurre la letteratura ebraica cosiddetta di "sinistra" in lingue straniere? Infatti, diffondono Amos Oz ed Edgar Keret. Questo ti sembrerà strano: un governo israeliano di destra che si impegna a tradurre e promuovere autori di "sinistra". Vedi, lo fanno per cerare la falsa immagine di uno "stato ebraico desideroso di pace". Non che Oz e Keret abbiano nulla a che vedere con il pensiero ideologico di sinistra. Sono semplicemente le tipiche colombe sioniste. Eppure vengono promosse dall'establishment di destra israeliano.

I falchi ebrei sembrano rendersi conto del fatto che lo sforzo sionista trae beneficio dall'immagine dell'ebreo giusto. Come già ebbi a dire, i sionisti sono tutt'altro che stupidi, traggono profitto anche dal mio appello per la loro disintegrazione. Gli ebrei di destra della terza categoria sono sempre pronti a fornire la lista di una dozzina di "ebrei buoni". Quando attacchi il potere ebraico, ti ricorderanno sempre degli ebrei umanisti, e poi sentirai parlare di Chomsky, Finkelstein, Leibovitch. Presumo che anche il mio nome potrebbe apparire da qualche parte. Vedi, il sionismo trae beneficio dai suoi oppositori ebrei. Affrontare questo è una grande sfida, e questo è un altro motivo per cui io non agisco mai come ex-israeliano e nemmeno come ex-ebreo.

MT: Parliamo adesso del terrorismo da entrambe le parti. Cerca di mettere da parte le tue opinioni su Israele e di pensare solo come un essere umano.

G: Potrebbe essere una sfida troppo grande [sorride].

MT: Come ti sentiresti se fossi un arabo, e soldati israeliani, con l'ordine dei loro superiori di sparare per uccidere, uccidessero tuo figlio durante un'incursione? Come ti sentiresti se tua figlia saltasse per aria in un bus ad opera di un attentatore suicida palestinese?

GA: Con il dovuto rispetto, non voglio entrare nella "politica delle vittime". È abbastanza chiaro quanto possano essere orribili le circostanze in quanto tali, ma dobbiamo imparare a distinguere tra il lutto personale e la critica razionale. Io abito nel Regno Unito da oltre dieci anni. Sto crescendo i miei due figli qui, a Londra, dove sono scoppiate le bombe. Ma ciononostante, sono pienamente cosciente del fatto che è il signor Blair che ha volutamente trasformato i miei ragazzi, me stesso e tutta la società inglese in ostaggi delle sue pessime, per non dire criminali, decisioni. Devo dirti che la maggioranza del popolo inglese, tra cui la stessa moglie del primo ministro, ha capito subito dopo le bombe del 7 luglio che erano state le politiche disastrose di Blair a portarci addosso quelle bombe. Quello che cerco di dire è che la gente è capace di distinguere tra il dolore personale e la ragione che ha portato all'attacco contro di loro.

Non è un caso che i sionisti cerchino di oscurare la distinzione tra il lutto personale e il discorso razionale. Per mantenere il trauma ebraico, il dolore deve sopprimere ogni possibile ragione. La ragione esiste per produrre un argomento che spieghi. Vedi, una volta che un sionista si accorgesse del ragionamento che si trova occultato dalla sofferenza ebraica, gli ebrei cesserebbero di essere vittime e diventerebbero normali esseri umani, capaci di provare sentimenti di simpatia e di responsabilità. Finché il dolore resta il nucleo del discorso ebraico, l'olocausto diventa un racconto interminabile con protagonisti intercambiabili. Una volta era Hitler, poi è diventato Stalin, Nasser, Arafat, Saddam e così via. Appena cerchi di tracciare una linea di demarcazione tra dolore e ragionamento, allora inizi a cercare la causalità. Cominci a guardare al tuo lutto in termini di causa ed effetto. Allora forse inizi a chiederti se è caso che tutti questi grossi disastri capitino agli ebrei. Se è un caso che tanti giovani palestinesi abbiano rinunciato a ogni speranza di una vita migliore. Queste, secondo me, sono le domande elementari che gli israeliani devono porsi in seguito a un attentato suicida. Per qualche motivo, non lo fanno. Una volta che cominciano a impegnarsi con tali domande, smetteranno di essere israeliani. Desionizzare Israele vuol dire introdurre la ragione nel trauma.

MT: Ritorneresti a vivere a Gerusalemme o a Tel Aviv se facessero parte di uno stato privo per costituzione a riferimenti etnici?

GA: Viverci non saprei, ma potrei prendere in considerazione una visita, o forse anche un concerto.

MT: Permettimi di riassumere quello che deduco dalle tue dichiarazioni precedenti: sei semplicemente un essere umano, casualmente figlio di genitori ebrei, ma ritieni che l'ebraicità costituisca un aspetto irrilevante della tua persona, non l'idea fondamentale che ti manda avanti nella vita.

GA: In realtà, è un po' di più di quello che ho effettivamente detto. Presumo che non sia un caso che mi occupi dell'ebraicità. Non agisco come ebreo, né sotto qualunque bandiera ebraica. Comunque, vai avanti…

MT: Tu provi simpatia per le persone religiose, tra cui gli ebrei religiosi. Non sei un antisemita, ma piuttosto un antisionista (per non confondere i due concetti). Tu combatti contro il sionismo in quanto ideologia basata sulla razza che isola i propri membri e controlla uno stato basato su premesse razziali. Tu difendi la liberazione del popolo palestinese, il diritto di ritorno dei palestinesi che furono espulsi dalla propria terra dopo la fondazione dello stato d'Israele, e sostieni la creazione di un nuovo stato, la Palestina, in cui entrambi i popoli vivrebbero senza alcun riferimento alle loro origini etniche. Tu sei convinto che il sionismo sia una parte integrante del colonialismo e dell'imperialismo occidentali. E' così?

GA: Sì.

MT: Allo stesso tempo, sei un artista che si deve guadagnare il pane quotidiano, e tutti sappiamo che nel mondo in cui viviamo, l'"arte" è controllata dal capitale (cioè dalle case discografiche, gli editori, i proprietari delle gallerie e così via). Questo vuol dire che qualunque artista che si opponga alle stesse fondamenta del capitalismo occidentale e che già nuota contro la corrente della prospettiva dominante, diventa subito un paria. Hai problemi professionali per il fatto che la tua arte costituisce un'arma estetica di distruzione di massa contro il "pensiero unico" delle attuali democrazie neoliberiste?

GA: Certamente potrei avere molto più successo se scegliessi di starmene zitto. Ma ti assicuro che nessuno sceglie di diventare un jazzista per il denaro. Lo facciamo per amore della musica e del suo contenuto spirituale. Io amo il jazz e la mia musica trae beneficio dal mio impegno sociale, almeno è quello che penso adesso.

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