I somali:
li ammazziamo con la fame o con il fuoco?
 



Si preparano a far fuori la Somalia. E anche qui, gli italiani si dimostrano audaci pionieri: già un paio di anni fa, una riverita icona della nostra cultura ha minacciato di bruciare vivi dentro una tenda un gruppo di somali.   


Miguel Martinez   

3 dicembre 2001   




La Somalia è un paese sfortunatissimo, abitato da gente splendida. Molti decenni fa, alcune tribù del nord del paese - l'arido Somaliland - rifiutarono di farsi sottomettere dagli inglesi; perplessi da questo inspiegabile comportamento, i civilizzatori chiamarono il capo dei ribelli con il nomignolo The Mad Mullah, "il Mullà pazzo". Il pazzo, il cui vero nome era Mohammed bin Abdullah Hassan, resistette per un quinto di secolo, dal 1899 al 1920, protetto da un amuleto regalatogli da una lucertola a cui aveva generosamente salvato la vita. L'amuleto non lo salvò però dai bombardamenti aerei - erano peraltro gli stessi anni in cui gli inglesi sperimentavano i bombardamenti con armi chimiche sull'Iraq. Nulla di nuovo sotto il sole, almeno sotto quello ardente del Medio Oriente. 

Nel 1994, la Somalia ha subito un'invasione americana, a cui hanno partecipato anche militari italiani, alcuni dei quali si sono divertiti nell'esercizio di violenze di vario genere. Non si sa quanti somali siano stati uccisi durante i ripetuti bombardamenti statunitensi - si parla anche di diecimila vittime, ma Allâhu a'lam, Dio sa meglio. Comunque, tutti ricordiamo lo sbarco in piena notte delle truppe americane mimetizzate per essere invisibili, ma sotto i riflettori delle telecamere; e tutti ricordiamo la loro fuga altrettanto precipitosa diciotto morti (loro) dopo. 

Sorprendentemente, il paese in seguito ha trovato un certo equilibrio, grazie alla diffusione di improvvisati tribunali islamici e alle rimesse degli emigranti, che coprono circa l'80% dell'economia nazionale. La semi-salvezza del paese si fonda sulla tradizionale struttura islamica del bazar. Una società chiamata al-Barakaat fornisce una banca alla musulmana, basata sulla hawala: l'emigrato in Italia consegna i suoi risparmi a un amico il quale chiama un altro personaggio a Mogadiscio; quest'ultimo consegna subito e sulla parola ai parenti dell'emigrato un importo pari al 95% della somma spedita. È un flusso economico notevole che sfugge maledettamente all'unico flusso oggi permesso, quello di Wall Street per intenderci. 

Può darsi che da qualche parte in questo circuito certi rivoli vadano a finire nell'acquisto di armi per gruppi militanti. Non lo possiamo sapere perché nel clima attuale non ci è dato sapere quasi nulla. Ma la definizione mediatica di al-Barakaat come la "finanziaria del terrore" dimostra una totale incomprensione della struttura economica interna dei paesi arabi (di cui fa parte per molti versi la Somalia). In un mondo in cui lo Stato è soprattutto repressivo, il circuito islamico rappresenta, nel bene o nel male, gran parte della società civile.  

Chiaramente non si tratta di un sistema completamente indipendente: quello che gira sono soldi, e i soldi non hanno colore e vanno a finire ovunque. Però il sistema è ancora in larga parte autonomo. Non credo che sia complottismo pensare che questa autonomia dia fastidio a un sistema economico che mira per sua natura all'espansione infinita. E che appena dieci anni fa ha "privatizzato" i paesi dell'Est, che fino a quel momento erano sfuggiti al suo controllo. 

Fatto sta che con l'inappellabile pretesto della "guerra al terrorismo", gli Stati Uniti hanno semplicemente soppresso tutta la rete, e con essa l'economia della Somalia. Spegnendo contemporaneamente anche i collegamenti telefonici e Internet di tutto il paese.(1) È facile immaginarsi l'effetto catastrofico che questa imposizione imperiale avrà su un'intera società che rischia di precipitare di nuovo nel baratro. 

sciiti


Ma se i somali sono i prossimi nemici, non si può negare una certa preveggenza alla nostra Oriana Fallaci, che ha iniziato a combatterli ben due anni fa.  

Molti avranno letto il famoso articolo della giornalista, pubblicato il 29 settembre del 2001 sul Corriere della Sera: certamente la più grandiosa esplosione di odio razzista apparso sulla stampa italiana dal tempo della promulgazione delle leggi del 1938. Ovviamente, non è la nevrosi di Oriana Fallaci che preoccupa - personaggi simili si trovano tutti i giorni anche al mercato - ma il fatto che un testo di quel tipo sia stato pubblicato dal principale quotidiano italiano.

Approfitto per commentare una parte di quel lungo articolo - pieno, tra l'altro, di clamorosi errori fattuali, a partire dai presunti "ventiquattro milioni di arabo musulmani" negli Stati Uniti (tutti i musulmani, arabi o non, di quel paese sono circa otto milioni). Oriana inizia a parlare della  

immagine per me simbolica (quindi infuriante) della gran tenda con cui un'estate fa i mussulmani somali sfregiarono e smerdarono e oltraggiarono per tre mesi piazza del Duomo a Firenze. La mia città.
 

La tenda l'ho vista anch'io. Ce ne sono spesso davanti al Duomo, le mettono tante associazioni: perché è la piazza più frequentata del centro cittadino, e non perché sia un simbolo religioso. In quella tenda non c'erano "simboli religiosi musulmani," dato che la protesta riguardava unicamente la regolarizzazione di documenti civili da parte dello stato italiano. Il quale ha qualche dovere in più verso un paese che ha tenuto come colonia per molti decenni. Un particolare significativo: non c'era assolutamente lo sporco che dice la Fallaci. Si vede che per lei la sporcizia consiste essenzialmente nel coloro della pelle. 

Una tenda rizzata per biasimare condannare insultare il governo italiano che li ospitava ma non gli concedeva le carte necessarie a scorrazzare per l'Europa e non gli lasciava portare in Italia le orde dei loro parenti. 

Mamme, babbi, fratelli, sorelle, zii, zie, cugini, cognate incinte, e magari i parenti dei parenti. 

Una tenda situata accanto al bel palazzo dell'Arcivescovado sul cui marciapiede tenevano le scarpe o le ciabatte che nei loro paesi allineano fuori dalle moschee. 

Oriana guarda le scarpe allineate fuori dalla tenda. Attorno, ci sono milioni di turisti che schiamazzano, bande di adolescenti romani o bergamaschi in "gita culturale" scolastica armati di pennarello indelebile, svedesi tatuati che lanciano bottiglie di birra, premurose mamme inglesi che fanno fare la pipì contro il muro ai loro pargoletti, obesi lussemburghesi che cantano in coro, insomma la solita roba che facciamo noi esseri umani. Ma come una lupa, Oriana non perde mai di vista la sua preda: le scarpe allineate fuori dalla tenda. 

Una tenda, infine, arredata come un rozzo appartamentino: sedie, tavolini, chaise-longues, materassi per dormire e per scopare, fornelli per cuocere il cibo e appestare la piazza col fumo e col puzzo. 

Brava lei che riesce a riconoscere anche l'odore del cibo in mezzo al fumo e al puzzo delle migliaia e migliaia di macchine che passano per le strade del centro... 

Grazie a un radio-registratore, arricchita dalla vociaccia sguaiata d'un muezzin che puntualmente esortava i fedeli, assordava gli infedeli, e soffocava il suono delle campane. 

Meraviglie della tecnologia islamica: un piccolo registratore permette di sentire il nastro, non solo al di sopra di tutte le auto, le folle urlanti di turisti, le grida dei venditori di cartoline, i clacson, ma soffoca addirittura il suono delle campane. 

In ogni caso, Oriana Fallaci non viene meno al suo dovere di crociata. Per vietare ai somali di esprimere le loro più che legittime richieste, telefona al sindaco e al ministro degli Esteri. E poi si lancia, letteralmente, in guerra: 

Chiamai un simpatico poliziotto che dirige l'ufficio-sicurezza e gli dissi: "Caro poliziotto, io non sono un politico. Quando dico di fare una cosa, la faccio. Inoltre conosco la guerra e di certe cose me ne intendo. Se entro domani non levate la fottuta tenda, io la brucio. Giuro sul mio onore che la brucio, che neanche un reggimento di carabinieri riuscirebbe a impedirmelo, e per questo voglio essere arrestata. Portata in galera con le manette. Così finisco su tutti i giornali". 

Bè, essendo più intelligente degli altri, nel giro di poche ore lui la levò. 

L'episodio sembra ammettere solo due possibili letture: 

1) La Fallaci racconta una balla. Non sarebbe la prima volta. 

2) È vero che la Fallaci, pur di far sparire le scarpe allineate fuori dalla tenda, abbia minacciato un'azione terroristica, con rogo di tenda - e presumibilmente dei suoi occupanti - in pieno centro di Firenze. Anziché arrestarla (quanto meno per minacce, che sono reato), il poliziotto avrebbe pensato bene di "levare" una tenda che si presume regolarmente autorizzata, e che comunque non minacciava azioni violente o incendiarie a nessuno. 

I somali moriranno di fame, grazie alle misure statunitensi, o di fuoco, grazie ai nostri giornalisti progressisti?  

Note   

(1) Si veda ad esempio John DeSio, "Somalia's Internet is casualty of war on terrorism" Digital Freedom Network (November 29, 2001) http://dfn.org/focus/somalia/internet-casualty.htm 


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