Israel Shamir:
Il Don Chisciotte della Terra Santa
 



È appena uscito in italiano il libro di Israel Shamir, Carri armati e ulivi della Palestina. Il fragore del silenzio (CRT, Pistoia, 2002, Euro 15). Israel Shamir scrive molto meglio di Oriana Fallaci. Per questo motivo, difficilmente troverete il suo libro in libreria. Per richiederlo contrassegno, scrivete a libroshamir@libero.it, dove si coordinano anche le varie iniziative legate alla presentazione del libro.   




In questo profondo inverno   

Da una parte, la violenza fantascientifica del dominio che si estende con le sue schiere infinite di assassini e di rappresentanti, di portavoce e di massacratori.   

Dall'altra, i piccoli, contrastanti mondi di chi si oppone. Ma con quanta tristezza sedi che odorano della muffa di mezzo secolo fa, parole che addormentano, rancori storici coltivati come un orto dove al più crescono cardi, adolescenze pietrificate e trasformate in tombe, miti usati solo come strumenti per generare con l'odio una parvenza di essere vivi.   

In questo profondo inverno, con la leggerezza di un quadro di Botticelli, Israel Shamir porta il soffio di una nuova stagione.   

Il più discusso degli autori israeliani, Shamir ha scritto un libro sulla Palestina diverso da ogni altro libro uscito finora.   

Shamir non è il solito teorico della politica, ma un uomo che ha vissuto e vive ancora una vita avventurosa: espulso come sovversivo dalle università sovietiche, paracadutista nell'esercito israeliano, corrispondente di guerra nel Vietnam. Oggi, licenziato dalle testate israeliane per cui lavorava, colpevole di aver sostenuto l'improponibile: una soluzione democratica al conflitto israelo-palestinese, fondata sulla concessione di pari diritti a tutti gli esseri umani che abitano tra il Giordano e il mare, a prescindere dalla loro fede religiosa o origini etniche, contro l'apartheid implicito nell'ingannevole slogan dei "Due stati per due popoli". 

Nel maggio del 2002, il figlio di Israel Shamir, che per via di madre ha la cittadinanza svedese, ha partecipato all’incursione di un gruppo di pacifisti che sono riusciti a penetrare nella Basilica della Natività a Betlemme, portando cibo e medicine ai palestinesi assediati. Il giovane è stato arrestato e immediatamente deportato da Israele con diffida a rientrarvi per i prossimi dieci anni. 

Shamir si ribella in maniera feroce, ma ironica e poetica, contro i "mostri gemelli, il sionismo e la globalizzazione". Ma dietro questa sua rivolta ci sono spazi molto più vasti dei nostri: egli attinge ai racconti degli shtetl ebraici come ai mistici russi, all'ecologia come all'epica cavalleresca, allo spirito di giustizia che ha ispirato il movimento comunista come ai santuari e alle sorgenti della Palestina, alle vicende di Don Chisciotte come alla vita di Muhammad. Shamir supera insieme le barriere razziali, proclamando la cittadinanza comune di tutti gli abitanti della Terra Santa, e le barriere ideologiche, rivolgendo il suo appello a tutte le persone che non vogliono più aggrovigliarsi in rancori storici, ma intendono sognare un mondo diverso.   





Un disegno di Naji al-Ali, vignettista palestinese e straordinario spirito libero.


In molti luoghi del mondo, si esercita l'oppressione. In un solo luogo, però, che è proprio la Terra Santa, l'oppressione e la segregazione razziale diventano un valore, esaltato anche nel nostro paese, in manifestazioni pubbliche da uomini politici e giornalisti. Proprio per questo profondo valore simbolico, Shamir sostiene:   

Dobbiamo avere gli stessi diritti. Ebrei e non ebrei dovrebbero essere protetti dalla legge allo stesso modo, avere lo stesso diritto di voto e, ancora più importante, lo stesso diritto di bere acqua. Tutto questo sembra molto estremista. Ma gli eventi in Palestina assumono un significato così importante perché c'è un legame magico tra la Terra Santa e il mondo. Se rendiamo questo un mondo di eguaglianza, l'eguaglianza si realizzerà in tutto il mondo." 


Miguel Martínez   

11 giugno 2002   



Il testo che segue è tratto dalla quarta di copertina del libro di Shamir.   

Israel Shamir è nato a Novosibirsk, Siberia, nel 1947. Espulso dall’università per attività sovversiva nel 1969, emigrò “per libera scelta” in Israele e combatté nella guerra del 1973.

Corrispondente in Vietnam, Cambogia, Laos e, per molti anni, in Giappone tanto da diventare uno studioso e traduttore della letteratura giapponese. Dal 1989 al 1993 è stato inviato di Ha’aretz in Russia. Al suo ritorno in Israele si è impegnato nella denuncia della politica sionista di “apartheid” e del genocidio strisciante che, ormai, sembra stia per raggiungere il suo obiettivo finale. 
 

Con una febbrile attività letteraria e giornalistica sulla carta stampata e su  Internet (il sito http://www.israelshamir.net), nei giri di conferenze in Europa, in Egitto e negli Stati Uniti, Shamir presenta una visione altra del conflitto israelo-palestinese.    

Rifiuta la soluzione dei “due stati per due popoli” perché nelle presenti circostanze paralizzante, distruttiva e senza sbocchi. E lo fa in nome di una pace fondata su di un unico Stato, tra il Giordano e il mare, con diritti uguali per tutti i suoi abitanti, senza discriminazioni etniche o religiose.   

“Io non sono un amico dei palestinesi, io sono palestinese” dichiara Shamir, e lo fa in nome del ritorno dei palestinesi, dal 1948 esiliati ed espropriati delle loro terre e di ogni diritto.   

Questo è reso impossibile dalla folle politica che ha “importato” centinaia di migliaia di rumeni, tailandesi, cinesi, africani e un milione di russi e ucraini che formano la galassia di ghetti che è oggi lo Stato d’Israele. Al contrario, i nativi palestinesi sono stati via via assiepati in steccati-carcere, sempre più ristretti, dipendenti, vulnerabili.  Il perfetto “modello coloniale” per tutto il Terzo Mondo, ci ricorda Shamir: ville con piscina e roccaforti dei dominatori sui luoghi alti e, in basso, intersecati da autostrade, campi profughi per lavoratori senza diritti e senza nessun controllo sulle proprie vite e sulla propria morte.   

Tutto questo sotto la vigilanza del terzo esercito più moderno del mondo.   

All’apartheid politica, psicologica e culturale dello Stato d’Israele, finanziata dagli interessi statunitensi e dalla lobby ebraica (AIPAC) autodefinitasi rappresentanti mondiali del popolo ebraico, Shamir contrappone un atteggiamento di resistenza che rivaluti la memoria storica non unilaterale, i momenti più alti di tutte le esperienze religiose, la coscienza di appartenere ad un’unica umanità di cui occorre garantire il futuro.   

Per le migliaia di ulivi sradicati dai bulldozer, dice con accenti spesso poetici Shamir, con il paesaggio della Palestina trasformato in una qualsiasi squallida periferia, tutta l’umanità è offesa e degradata. Realizzare l’utopia non è più speranza, ma è rimasta l’unica necessità.   

Nel maggio del 2002, il figlio di Israel Shamir, che per via di madre ha la cittadinanza svedese, ha partecipato all’incursione di un gruppo di pacifisti che sono riusciti a penetrare nella Basilica della Natività a Betlemme, portando cibo e medicine ai palestinesi assediati. Il giovane è stato arrestato e immediatamente deportato da Israele con diffida a rientrarvi per i prossimi dieci anni.   

Per contatti e informazioni in Italia: libroshamir@libero.it.   



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