La fine della scuola:
Si muovono gli industriali europei



di Roberto Renzetti




Questo è il primo di una serie di articoli sulla mercificazione della scuola e la "riforma scolastica".

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ERT: Tavola Rotonda Europea degli industriali (3)

L’Europa delle imprese, dovendo recuperare molto rispetto agli USA, era da tempo in fibrillazione. Già nel 1989 l’European Round Table of Industrialists, l'ERT (4), potente lobby di industriali europei, che ha grande influenza ed entratura presso la UE, aveva pubblicato un rapporto dal titolo: "Istruzione e competenza in Europa" in cui si sosteneva che

"l'istruzione e la formazione (...) sono (...) investimenti strategici vitali per la competitività europea e per il futuro successo dell'impresa"e che "l'insegnamento e la formazione [sono purtroppo] sempre considerati dai governi e dagli organi decisionali come un affare interno (...). L'industria ha soltanto una modestissima influenza sui programmi didattici che devono essere rinnovati insieme ai sistemi d’insegnamento". Si aggiungeva poi che gli insegnanti "hanno una comprensione insufficiente dell'ambiente economico, degli affari, della nozione di profitto ... e non capiscono i bisogni dell'industria".

E nel 1992 la UE, con il trattato di Maastricht, inizia ad avere competenze in materia d'Istruzione. Nel 1993, il Libro Bianco della UE (5) apre all'industria ("apertura dell'educazione al mondo del lavoro") proponendo incentivi fiscali e legali al fine di far investire la stessa nell'Istruzione. La supposta sfida viene raccolta, in un gioco delle parti, dall'ERT che nel 1995 (6) spinge gli industriali a

"moltiplicare i partenariati tra scuole ed imprese" e sollecita il mondo politico in tal senso. L'ERT insiste nel denunciare che "nella gran parte d'Europa le scuole [sono] integrate in sistemi pubblici centralizzati, gestiti da una burocrazia che rallenta la loro evoluzione o le rende impermeabili alle domande di cambiamento provenienti dall'esterno".
E passa ad avanzare i suoi intendimenti:
“la responsabilità della formazione deve, in definitiva, essere assunta dall’industria. Sembra che nel mondo della scuola non si percepisca chiaramente quale sia il profilo dei collaboratori di cui l’industria ha bisogno. L’istruzione deve essere considerata come un servizio reso al mondo economico. I governi nazionali dovrebbero vedere l’istruzione come un processo esteso dalla culla fino alla tomba. Istruzione significa apprendere, non ricevere un insegnamento [ERT, 1995]".

"Non abbiamo tempo da perdere. (...) Ci appelliamo ai governi perché diano all’educazione un’alta priorità, perché invitino l’industria al tavolo di discussione sulle materie educative, e perché rivoluzionino i metodi d’insegnamento con la tecnologia [ERT, 1997 (7)]”.

La cosa viene immediatamente ripresa, dal Libro Bianco della UE 1995 (8) in cui si fa esplicito riferimento all'ERT:

"Il rapporto della Tavola Rotonda Europea degli industriali ha insistito sulla necessità di una formazione continua polivalente (...) incitando ad imparare ad imparare nel corso di tutta la vita [long life learning] ...[e quindi] una iniziazione generalizzata alle tecnologie dell'informazione è diventata una necessità".

Ad evitare facili illusioni era l'OCSE che, nel 1996 (9) , facendo riferimento ad una tavola rotonda svoltasi negli USA (Filadelfia) nel febbraio dello stesso anno, spiegava che

"l'apprendimento a vita non può fondarsi sulla presenza permanente di insegnanti ma deve essere assicurato da 'prestatori di servizi educativi' (...). La tecnologia crea un mercato mondiale nel settore della formazione"
e, mediante TV ed Internet, si possono produrre programmi da una parte e proporli in tutto il mondo (educazione a distanza o e-learning: si sente qui la presenza nell’ERT di vari colossi informatici europei, Philips, Siemens, Ericsson, Bertelsmann, ...). Ad evitare possibili obiezioni su programmi didattici che travalichino le frontiere interferendo sui sistemi scolastici nazionali , la Commissione UE si preoccupa di affermare che l'insegnamento privato a distanza costituisce un servizio e come tale rientra nell'articolo 59 del Trattato CEE (10) ; sarà la UE a rilasciare una Tessera personale delle competenze [il portfolio, ndr], per scavalcare i titoli di studio dei singoli Paesi. In ogni caso la stessa OCSE avvertiva che era necessario "un maggiore impegno da parte degli studenti nel finanziamento di gran parte dei costi della propria istruzione" (11). Gli insegnanti residuali (sic!), che occorrerà portarsi dietro fino alla loro estinzione, si occuperanno della popolazione non redditizia. Ed ecco che si può intravedere la stessa conclusione alla quale erano arrivati a San Francisco: anche qui si scoprono masse eccedenti. Ed un plauso a questo Libro Bianco viene dagli USA. M. Murphy, della Northern Illinois University, osserva che "
la decisione politica di incoraggiare l'apprendistato a vita è destinata a fornire alle grandi imprese europee l'infrastruttura educativa essenziale al mantenimento dei loro tassi di profitto" (12).
Viene infatti a realizzarsi uno degli scenari che la stessa Commissione Europea aveva delineato tra il 1990 (13) ed il 1991 (14): un grande mercato degli strumenti didattici offerti sul mercato dell'insegnamento permanente secondo le ordinarie leggi della domanda e dell'offerta. In tale mercato i corsi sono i prodotti e gli studenti sono i clienti.
"Un'università aperta, si dice, è un'impresa industriale e l'insegnamento superiore a distanza è una nuova industria. Quest'impresa deve vendere i suoi prodotti sul mercato dell'insegnamento permanente".



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