Riprende il pogrom: caccia ai Rom in Iraq
 




Pochi si sono accorti dell'ultimo pogrom del secondo millennio, quando gli alleati del nostro paese in pochi giorni espulsero dal Kosovo i Rom - gli "zingari" - che vi abitavano da secoli. Altrove su questo sito raccontiamo una microstoria di quella deportazione dimenticata.   

Passano quattro anni, e un'altra guerra umanitaria porta il suo danno collaterale: stanno cacciando una comunità di Rom ancora più antica, quella dell'Iraq. La Mesopotamia fu infatti una tappa precedente lungo la strada che portò questa gente dall'India fino in Spagna.   

La barbarie si scatena sul mondo: non sono solo le opere più antiche dell'uomo a essere state distrutte in un'unica giornata di vivace modernizzazione, durante il saccheggio del Museo di Baghdad. Nella grande macina della violenza globale, spariscono in silenzio tutti i popoli di un'antica convivenza. Perché la guerra non solo uccide e mutila: scatena soprattutto gli istinti peggiori di tutti noi, con effetti imprevedibili.   

Cento anni fa, decine, forse centinaia di popoli diversi, appartenenti a molte religioni diverse, abitavano tra l'Istria e Bassora, in una grande fascia di terra che per secoli era stata sotto dominio ottomano. Non si trattava certamente né del migliore, né del più efficiente governo della storia. Proprio per questo colpisce la tragedia che seguì la caduta dell'impero: fu infatti dopo, proprio con il trionfo di un Occidente che si proclamava tollerante, che questi mondi sono scomparsi ad uno ad uno, divorati dai nazionalismi e dallo sfascio delle culture.   

È interessante notare le analogie tra il destino dei Rom nel Kosovo e in Iraq.    

C'è un curioso paradosso per i romantici, che vedono nella "vita zingara" una felice alternativa al rigore dello stato. Non occorre amare né Tito, né Saddam Hussein, né Milosevic, per capire che senza uno stato forte, i più deboli soccombono. Come in Jugoslavia, i Rom iracheni hanno avuto dallo stato un riconoscimento, diritti e - come vediamo da questo articolo - anche case. In Italia, chi fuggiva dalla sua casa in Jugoslavia è oggi costretto a vivere nei cosiddetti campi nomadi… Quando la globalizzazione distrugge gli stati, con le riforme o con la violenza, i primi a subirne le conseguenze sono sempre i Rom.   

Come in ogni altra parte del mondo, i Rom sono sospettati di malefatte. Certo, i Rom ovunque vivono sospesi tra i poli della minima sussistenza e l'annientamento, e questo comporta forme diffuse di microdelinquenza. Leggiamo però con attenzione il testo che segue: i vicini che hanno appena rapinato le case ai Rom non accusano i Rom di aver rubato a loro; li accusano, piuttosto, di averli indotti in tentazione. Con alcol e donne, e con la fedeltà al dittatore che tutti fino a ieri riverivano, almeno a parole.   

I Rom paghino quindi i peccati dei loro vicini…   

Un'ultimo punto in comune tra Iraq e Kosovo: il silenzio quasi assoluto dei media. Particolarmente meritorio quindi questo servizio dell'agenzia Islam On Line.   







I Rom dell'Iraq lottano per sopravvivere dopo la caduta di Saddam   

Di Imam El-Liethy, corrispondente di Islam On Line IOL in Iraq 

NOTA: Questa traduzione è stata effettuata nell'ambito delle iniziative dei Traduttori per la Pace.  




BAGHDAD, 5 maggio 2003 (IslamOnline.net e agenzie stampa) - I Rom dell'Iraq subiscono continue vessazioni da parte delle tribù di Baghdad che vivono nelle loro vicinanze, e sono stati costretti a fuggire dalle loro case quando le forze USA sono entrate nella capitale irachena, proclamando la caduta di Saddam Hussein.   


Rom iracheni


Prima che iniziasse la guerra americana il 20 marzo, oltre 10.000 Rom vivevano a Baghdad: accusati di sfruttare della prostituzione e di commerciare in bevande alcoliche, vivevano isolati e odiati dagli abitanti del posto.    

La maggior parte di loro è stata costretta ad abbandonare le loro case adesso che Saddam, che li proteggeva, non è più al potere.    

Per dispetto, il leader iracheno aveva permesso ai Rom, nonostante la loro cattiva fama, di insediarsi nel distretto di Abu Ghreib, dieci chilometri a ovest di Baghdad, dove vive la tribù degli Zawabei, nota per la sua religiosità e per i suoi legami con il movimento islamista iracheno.   

Secondo fonti della tribù, l'insediamento dei Rom fu una specie di rappresaglia, perché la tribù degli Zawabei era nota per i suoi stretti legami con l'ex-presidente Abdel-Salam Arif.   

"I Rom vagavano di luogo in luogo fino all'arrivo al potere del Baath e di Saddam", dice Abdullah Taha, membro degli Zawabei.   

"Siamo persone molto religiose, e Saddam ha voluto intaccare la nostra immagine costruendo appartamenti per i Rom sul nostro territorio, a partire dal 1979," aggiunge.   

"Vendevano whisky e birra e commerciavano in donne. Eravamo preoccupati per la sicurezza dei nostri figli, con questo andazzo", dice Ibrahim al-Zawabei, un altro membro della tribù. Con la caduta del regime di Saddam, i Rom del paese sono stati attaccati violentemente dai loro vicini.   

“Ci hanno attaccati con le bombe e con le armi, costringendo 136 famiglie a fuggire, lasciandosi dietro le loro case e i loro averi,” dice Ahmed, un Rom, in un campo lungo la strada per Baghdad.   

Amal Hassouna, una cantante Rom, si vanta del fatto che una sua amica sarebbe stata l'amante dell'ex-vicepresidente iracheno Taha Yassin Ramadan, attualmente uno dei 55 principali ricercati dalle forze angloamericane.   

Ma gli abitanti del distretto di Abu Ghreib hanno negato di aver cacciato i Rom dalle loro case dopo la caduta del regime di Saddam.   

"Sono stati sconfitti… sono scappati per conto loro", spiega Mohamed Bashir Al-Bindeiri, un abitante della zona.   

Ma i Rom sembrano essere scappati perché temevano di non essere più protetti. "Erano protetti dai dirigenti del precedente regime, e in cambio dovevano presentare a ognuno di loro una donna all'alba", accusa un altro abitante. 


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