Bufale del terrore I
Inchiesta di Repubblica
 



Un importante aggiornamento. Nell'aprile del 2004, furono assolti sia i dodici presunti "avvelenatori dell'ambasciata americana", sia i pescatori di Anzio di cui si parla anche in questi articoli. Non solo: il giudice ha stabilito esplicitamente che le armi trovate in casa di questi ultimi non erano loro.



Il prete calvo che cercò di buttare giù la basilica di San Pietro e altre storie di grande paura


Prima puntata (24 gennaio 2004) dell’inchiesta de “La Repubblica” sul “terrorismo islamico” in Italia. Si consiglia di leggere anche l'articolo sullo studio di Carlo Corbucci sullo stesso tema e gli articoli su Magdi Allam e Dimitri Buffa, due dei principali creatori della psicosi terrorista in Italia.

Su questo sito troverete anche:

Un commento introduttivo di Miguel Martinez

La seconda puntata dell’inchiesta – “Prove false e traduzioni sbagliate. Indagini boomerang su Al Qaeda.

La terza puntata dell’inchiesta – “Quando la caccia ad Al Qaeda minaccia lo Stato di diritto”.


Ecco i retroscena del doppio allarme sui rischi attentati nelle metropolitane di Roma e Milano e contro il Vaticano

Al Qaeda, le "veline" degli 007 che hanno fatto tremare l'Italia

di Carlo Bonini e Giuseppe D’Avanzo


Repubblica si è chiesta quali sono le informazioni alla fontedegli allarmi che hanno annunciato la preparazione di attentati di Al Qaeda contro il nostro Paese. Un vortice di paura che, in un crescendo diventato ossessivo alla vigilia di Natale, ha accreditato un "chiaro e immediato pericolo" per l'Italia. Erano informazioni e fatti che giustificavano, con fondatezza, l'allerta "operativo" e l'apprensione sociale che hanno sollecitato?

C'è un solo modo molto diretto e, tutto sommato, elementare per trovare una risposta. Raccogliere e sgranare il rosario dei "dispacci" trasmessi al Viminale dai servizi segreti, militare (Sismi) e civile (Sisde). Soltanto la lettura minuziosa di questi fonogrammi, "riservati" o "riservatissimi", consente di toccare con mano e, quindi, di valutare il grado di pericolo che ha assediato e assedia il nostro Paese.

Le note dell'intelligence hanno, più o meno, uno stesso schema narrativo e usano formule sempre uguali. C'è una valutazione della "fonte" delle informazioni. "Di provata attendibilità". "Affidabile". "Affidabile e già positivamente sperimentata". "Fiduciaria". "Di attendibilità non sperimentata". "Fonte non verificata". O, quando le informazioni non sono state direttamente raccolte dall'intelligence domestica, si può leggere "s'apprende in un contesto di collaborazione internazionale". C'è, nelle note, la descrizione della minaccia e qualche accenno agli attentatori. "Tre stranieri di origine egiziana sarebbero intenzionati a eseguire attentati terroristici in non meglio indicate località italiane e/o europee e sono in procinto di recarsi in Italia, con destinazione finale Milano" (NR.224/B/Div.3^/6960/R/Sez. I).

"Il Sisde ha riferito di aver appreso in un contesto di collaborazione internazionale che gruppi autonomi (composti prevalentemente da elementi dell'esercito di Muhammed, del gruppo di Feludja, di Al Qa'ida e dell'Arabia Saudita) legati a Saddam Hussein, starebbero preparando attentati in numerosi Paesi europei, in particolare Spagna, Paesi Bassi, Germania e Belgio, da attuare in occasione delle festività natalizie. Secondo quanto riferito, gli attentatori provenienti da un non meglio indicato Paese mediorientale dovrebbero essere in possesso di documenti sauditi, anche se non è possibile escludere l'impiego di titoli di viaggio degli Emirati arabi uniti e dello Yemen. Al momento, non è noto se i terroristi stessi porteranno il materiale da utilizzare per tali azioni ovvero se esso si trovi già nel Paese obiettivo. Un gruppo si troverebbe già nel Paese di destinazione, mentre gli altri dovrebbero iniziare ad attivarsi il prossimo 1? dicembre" N.224/B/Div.3'/14843/R (Sez. III).

"A Como avrebbero avuto luogo frequenti incontri tra stranieri di origine siriana e maghrebina, nel corso dei quali si sarebbe parlato, con insistenza, di attentati da compiere in Italia e in Egitto nei mesi estivi e, in particolare, nel mese di agosto". NR.555/O. P./2498/2003/R.

"Secondo notizie in corso di approfondimento e verifica, elementi non meglio identificati avrebbero pianificato l'attuazione di possibili attentati terroristici in danno di rappresentanze diplomatiche nazionali, britanniche e statunitensi". N. 224/B/Div. 3^/14563/R (Sez. III).


Un elemento non meglio identificato

"Si segnala che un gruppo di estremisti islamici, proveniente da Vienna e attualmente alloggiato a Pavia, sarebbe stato incaricato, da parte di non meglio precisata organizzazione terroristica collegata ad Al Qaida di compiere azioni terroristiche in Italia, in particolare a Roma e Venezia (ghetto ebraico). Si richiamano le note 13326/R/ (Sez. III) e 13398/R/(Sez. III)".

Le lettura delle note dell'intelligence suscita subito qualche perplessità. Quasi sempre le indicazioni dei servizi segreti sono generiche fino all'evanescenza. Se sono ragionevoli gli incerti riferimenti alle fonti delle notizie, meno comprensibile è la vaghezza delle indicazioni raccolte dai nostri agenti segreti che sembrano interessati più ad avvertire della possibilità di un attentato che a mettere in condizione le polizie di individuare le tracce dei presunti terroristi. Quasi mai si riesce a sapere - nemmeno a spanne - chi colpirà. Né da dove viene e come e quando colpirà chi intende colpire. Un esempio.

Il 27 novembre 2003 il Viminale diffonde questa nota

(N.224./B/Div.3^/14666/R (Sez. III). "Voce: presunta cellula islamica collegata al conflitto russo-ceceno. Si è appreso da fonte fiduciaria che due estremisti islamici, tali Magamet, di circa 26 anni, e suo fratello Ahmed di poco più giovane, esperti nel confezionamento di ordigni esplosivi con materiali facilmente reperibili in commercio, avrebbero raggiunto l'Europa, probabilmente il nostro Paese, la Germania o la Francia, con l'intenzione di chiedere asilo politico. Secondo la stessa fonte, il loro viaggio in Europa potrebbe essere collegato a un possibile evento delittuoso di matrice terroristica".



Tale Magamet, indeciso su quale paese eliminare per primo


L'"evento delittuoso" è dunque soltanto possibile. Come è possibile che l'attentato debba preoccupare non gli italiani, ma i tedeschi. O, forse, non i tedeschi, ma i francesi. Insomma, chiunque o nessuno. I due amici ceceni hanno incerte identità. La loro caratteristica principale appare l'esperienza in ordigni esplosivi, ma come accertarla, escluso che esista una fisiognomica dell'esperto "bombarolo"? Il "filo rosso" che collega i due islamici al terrorismo dovrebbe essere, secondo la "fonte fiduciaria" dell'intelligence, la loro "dipendenza gerarchica da un importante estremista ceceno, in precedenza uno dei leader della guerriglia nell'ex-repubblica sovietica, da qualche tempo dimorante a Londra".

Ma, accettando che i leader politici ceceni residenti a Londra siano "estremisti" e terroristi, come accertare la dipendenza gerarchica di Magamet e Ahmed se i due non transitano per Londra? Un investigatore, interpellato da Repubblica, non nasconde il suo imbarazzo dinanzi a tanta nebbia. Ammette:

"E' vero, le informazioni che ci giungono dai servizi segreti sono spesso inutilizzabili, prive di indicazioni o brandelli di informazioni su cui lavorare o imbastire un'indagine decente. Spesso sono soltanto campanelli d'allarme, buoni soprattutto a tener alta l'attenzione degli uomini e degli apparati. Non è che l'intelligence internazionale - americana o inglese, per dire - si muova con un criterio diverso. Un pericolo però comincia a farsi strada nella coscienza di tutti gli operatori. Se il "prodotto" dei servizi segreti non migliora, queste indicazioni diventeranno presto non solo inutili ma addirittura controproducenti perché se troppo gridi "al lupo!", quando il lupo davvero ci verrà accanto, nessun allarme sarà ascoltato".

E' uno schema (e un pericolo) che diventa ancora più chiaro se si ripercorrono, dossier alla mano, i due allarmi più gravi del 2003 quando (25 novembre) doveva saltare la metropolitana di Roma o di Milano e un aereo o un missile doveva distruggere la basilica di San Pietro (25 dicembre).

E' il 22 novembre, sabato. Il Ramadan è agli sgoccioli. Nella tarda serata, Niccolò Pollari, il direttore del Sismi (servizio informazioni per la sicurezza militare) invia una nota allarmatissima e inquieta al Viminale. Con la fine del Ramadan, lunedì 24 novembre - avverte - è pronto un attentato contro le metropolitane di Roma o di Milano. In un ministero dell'Interno ormai deserto, la notizia è un botto che fa rumore e crea panico.

Mancano soltanto 48 ore per intervenire, porre il Paese al riparo cercando di capirne di più, di saperne di più per organizzare una risposta, per quanto possibile, efficace. Soltanto il giorno dopo, domenica 23 novembre, il capo della polizia Gianni De Gennaro riesce a mettersi in contatto con il direttore del Sismi. Chiede maggiori informazioni. Chiede soprattutto quanto sia attendibile la "fonte" della notizia. Pollari lo rassicura (si fa per dire): la "fonte" è buona, è "affidabile". L'allarme viene portato al massimo livello.

De Gennaro invita Pollari a contattare ancora la fonte, a "spremerla" per ricavare anche soltanto qualche dettaglio in più. Intanto invia un dispaccio riservato ai prefetti di Milano e Roma.

"Il Sismi - vi si legge - nel premettere che martedì 25 novembre l'Italia sarebbe esposta a particolare rischio di attentati terroristici, ha specificato che sembrerebbero probabilmente pianificati per quel giorno, data coincidente con la fine del Ramadan, attentati contro le metropolitane di Roma e di Milano. In proposito si fa presente che il Servizio, nell'indicare la fonte dell'informazione come affidabile e già positivamente sperimentata, ha riferito altresì che sono tuttora in atto ulteriori approfondimenti anche tramite Servizi collegati perché, dai primi riscontri, peraltro sollecitati da questo Dipartimento, non è stato finora possibile avere elementi di conferma in ordine alla segnalata minaccia. In relazione a ciò, le SS. LL. sono pregate di valutare l'attuazione di ogni utile misura di prevenzione ivi compresa l'ipotesi dell'interruzione del traffico ferroviario cittadino".

Nessuno si nasconde al ministero dell'Interno e a Palazzo Chigi il disastroso effetto che una chiusura preventiva dei metrò di Roma e Milano avrebbe sull'opinione pubblica. Un mese dopo, Berlusconi, ripensando a quel difficile momento, dirà:

"(La chiusura delle stazioni) avrebbe avuto sulle menti della gente lo stesso effetto di un attentato, ci avrebbero uccisi di dentro con conseguenze sociali ed economiche drammatiche".

Si lavora per evitare lo choc all'Italia. E' lunedì 24 novembre. Nelle prefetture di Roma e Milano, sindaci, responsabili della sicurezza cittadina e del trasporto pubblico valutano il da farsi mentre i responsabili degli ospedali si preparano addirittura a organizzare un piano d'emergenza capace di dare soccorso a migliaia di persone ferite. Il governo comunica l'imminente pericolo ai leader dell'opposizione (Rutelli e Fassino).A Palazzo Chigi, alla presenza di Berlusconi, del sottosegretario alla presidenza Letta e del ministro dell'Interno Pisanu, giunge l'ora per il direttore del Sismi di mettere le carte in tavola. Chi è la fonte? Quanto davvero è attendibile? Da chi e dove ha cavato la notizia dell'attentato? Al termine di un confronto che raccontano teso fino all'asprezza, Pollari - per quanto Repubblica è stata in grado di ricostruire - ammette che la fonte "affidabile e già positivamente sperimentata" non sarebbe altri che un agente del Sismi: a Bagdad ha ascoltato una conversazione tra due ufficiali americani che ipotizzavano, con la fine del Ramadan, la possibilità di attentati in Europa. Anche in Italia. Anche a Milano e a Roma, come ad esempio "una bomba nel metrò"?

La tensione si sgonfia come un palloncino bucato tra imbarazzo e irritazione. Il capo della polizia dirama subito una nuova nota:

"A integrazione del messaggio odierno relativo a possibili minacce di attentati in danno delle metropolitane, si comunica che, nel corso di una qualificata riunione di vertice finalizzata a valutare il grado di attendibilità delle informazioni ricevute, il direttore del Sismi ha comunicato l'esito degli ulteriori approfondimenti svolti dal proprio ufficio da cui si rileva un concreto ridimensionamento del precedente livello d'allarme".

Berlusconi può lasciare la riunione sollevato. Con un commento al vetriolo: "Più che le metropolitane, dovremmo chiudere i servizi segreti?".

Curiosamente, è proprio il premier a enfatizzare, un mese dopo, l'allarme che, questa volta, giunge da informazioni raccolte dall'Arma dei carabinieri. Per il giorno di Natale, il comando generale paventa addirittura la distruzione, con aereo o un missile, della basilica di San Pietro.

"Militare del Reparto Operativo di Nuoro - si legge nel dispaccio dell'Arma - acquisiva da fonte confidenziale degna di fede, a sua volta informata da altra fonte non verificata, comunque imprenditore di nazionalità italiana di cui non ha voluto in alcun modo fornire ulteriori indicazioni, la notizia di un imminente attentato nei confronti del Santo Padre a Roma in occasione delle prossime festività, da parte di sedicente setta musulmana, avente sede in località sconosciuta ma contraddistinta da una bandiera del Bahrein e Qatar, con il calce una scritta in arabo (che si trasmette in allegato).

Secondo la fonte, l'ideatore sarebbe un prete cattolico che frequenta spesso il Vaticano, corrispondente alla seguente descrizione: alto, magro, calvo, con un riporto di capelli grigi sul davanti. L'attentato potrebbe consumarsi con i seguenti modus operandi: un aereo che si scaglia contro il palazzo apostolico; un missile che esplode contro lo stesso palazzo."



"Un prete alto, magro, calvo" guarda in maniera sospetta il Cupolone


E' una segnalazione che non ha né capo né coda, e chiunque può rendersene conto. Se non fosse tragica, sarebbe ridicola. Una fonte che riferisce di una fonte "non verificata". Un prete cattolico complice di Osama Bin Laden. Un riporto di capelli grigi. Nuoro. Un aereo. Un missile. Dove? Come? E poi, quella scritta sulla bandiera del Bahrein o del Qatar. La scritta è allegata alla nota riservata. Chi conosce l'arabo non ha difficoltà a comprendere che quelle poche parole dicono che è stata vergata non da un arabo e che significano: "Tarek, Brik. it". Un indirizzo internet?

La vicenda ha del grottesco, come si vede. Ma non impedisce a Berlusconi di recitare da capitan Fracassa in un'intervista concessa a Libero, la notte di Natale. Racconta il capo del governo:

"Che giornata terribile è stata questa. C'era una notizia precisa e verificata di un attentato su Roma il giorno di Natale. Un aereo dirottato sul Vaticano. Un attacco dal cielo. La minaccia del terrorismo è in questo istante altissima. Ho passato la vigilia a Roma per fronteggiare la situazione?".

Nessuno può escludere che l'Italia sia nel mirino degli attentati di Al Qaeda. Lo si ripete e lo si scrive, come è giusto, perché soltanto uno sciocco può sostenere che il "network del terrore" risparmierà il nostro Paese. Tuttavia, ciò che è possibile non è automaticamente probabile. E' possibile - per dire (scongiurando) - che quando leggerete questa cronaca un aereo dirottato si sia già abbattuto sulla cupola di San Pietro. Ma è sufficiente questo per sostenere che c'è un probabile pericolo di distruzione della cupola di San Pietro?

La questione bisogna allora affrontarla in altro modo perché è più serio e responsabile valutare la probabilità di un attentato in proporzione alle informazioni attendibili, ai fatti raccolti e documentati. E' il lavoro dell'intelligence. Per questo esistono i servizi segreti, per "avvicinarsi" al nemico, comprenderne le intenzioni e anticiparne le mosse. E le polizie ci sono per rendere impotente l'aggressore prima che possa colpire. Come abbiamo visto, gli allarmi di un attentato "di matrice islamica", tragico come l'assalto alle Twin Towers, si sono accavallati nel lavoro dell'intelligence con una cadenza settimanale, vagamente paranoica, sempre ansiogena. Si può provvisoriamente concludere che molti allarmi avevano la solidità di un castello di carta. Trasformavano il possibile in probabile. Conviene dunque muoversi in un'altra direzione per misurare il grado di aggressività del jihadismo in Italia. Per farlo, occorre verificare la consistenza delle indagini, degli arresti e dei processi in corso contro gli ambienti più sospetti del fondamentalismo islamico in Italia. Affiorerà qualche sorpresa.

 

(1. continua)

(24 gennaio 2004)



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