Nazione italiana, Europa e Mediterraneo

il presente come storia. Coscienza storica, memoria storica, liberazione

IX parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Indipendenza è stato diviso in tredici parti.

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9. Il fascismo italiano fra rimozione culturale e politicizzazione storiografica.
Il fenomeno fascista fa parte integrante della storia politica della nazione italiana. Questa affermazione può sembrare un'ovvietà, e non lo è soltanto per l'indebita politicizzazione ideologica subita dalla nostra storia per ragioni di legittimazione partitica, volta a volta di destra, di centro o di sinistra. Ai due estremi di questo stravolgimento ci stanno due posizioni apparentemente opposte e segretamente convergenti. Da un lato, la posizione di origine gobettiana ed azionista, per cui il fascismo sarebbe la triste e rivelatrice "autobiografia della nazione italiana", la manifestazione di un "popolo delle scimmie" rimasto sempre eguale dai Borboni a Berlusconi, nonostante l'impotente "testimonianza morale" di altissime minoranze intellettuali segretamente protestanti ed eternamente incomprese. Dall'altro, la posizione di origine crociana e ciellenistica, per cui il fascismo sarebbe una "parentesi antinazionale", da cancellare come un vergognoso corpo estraneo e collaborazionista dalla storia sana di una nazione dotata di una bandiera che ha soltanto tre esclusivi colori ideologici legittimi (laico, cattolico e socialista-comunista).

Queste posizioni sono oggi, è vero, pura archeologia ideologica dotate di interesse puramente storico-archivistico. Esse però hanno costituito l'ideologia storiografica ufficiale della Prima Repubblica italiana (approssimativamente 1946-1994), e sono ancora fortemente presenti nel profilo ideologico dell'intellettuale ulivista medio (assolutamente maggioritario oggi in Italia). Si tratta di posizioni prive di qualsiasi serio fondamento. Da De Felice a Pavone, storici di ogni orientamento hanno accertato senza ombra di dubbio che il fascismo godé a suo tempo di un vasto consenso, non solo organizzato ma anche diffuso, e che fra il 1943 ed il 1945 ci fu in Italia una vera e propria guerra civile, incrociata con elementi di guerra di liberazione e di guerra di classe, ampiamente documentate dalla storiografia, dalla letteratura e dalla memorialistica.
Queste affermazioni sono spesso scambiate per una sorta di filofascismo storiografico e culturale. Ma non è affatto così, ed è anzi esattamente il contrario, o meglio è la premessa per giungere a motivate conclusioni assolutamente opposte al filofascismo, conclamato o reticente che sia. Il solo antifascismo razionale e durevole, infatti, è quello che si fonda su considerazioni veritiere, e non su miti storiografici insostenibili. In rapporto alla questione nazionale, il regime fascista è stato a suo tempo colpevole di almeno tre crimini atroci ed inescusabili, che è bene ricordare ancora una volta, perché è diffuso il pregiudizio secondo cui il fascismo avrebbe avuto lati negativi sul piano politico, culturale e sociale, mentre almeno sul piano nazionale avrebbe avuto una posizione corretta. Ma non è così, ed è anzi il contrario. È proprio la questione nazionale il punto peggiore del fascismo. Il primo crimine è consistito nella politicizzazione partitica dell'identità nazionale (che il liberalismo prefascista -sia detto a suo merito- non aveva effettuata), per cui fascista era fatto sinonimo di italiano ed antifascista di anti-italiano. Le conseguenze orribili di questa mostruosità si sono poi rovesciate nell'ideologia ciellenistica posteriore al 1945, ed hanno contribuito alla diffamazione dell'idea di nazione così associata ad una partitizzazione ideologica di parte (non importa se di destra o di sinistra). Il secondo crimine è consistito nell'associazione dell'idea della nazione italiana con un programma espansionistico, colonizzatore e razzista di tipo imperialistico, che ha visto nell'aggressione all'Etiopia del 1935-36 il suo punto più abbietto (condiviso, sostenuto ed appoggiato dall'antifascista liberale Benedetto Croce, in questo buon allievo di Antonio Labriola, che aveva già visto di buon occhio la politica coloniale italiana), destinato ad essere proseguito con le aggressioni all'Albania, alla Grecia, alla Jugoslavia ed alla Russia a partire dal 1939. Il terzo crimine, meno appariscente ma rivelatore, è consistito nell'oppressione e nel tentativo di cancellazione e di snazionalizzazione delle minoranze nazionali di lingua tedesca (dell'Alto Adige), slava (dell'Istria) e greca (del Dodecanneso). Parlando di crimini, e non di semplici errori, abbiamo inteso sottolineare tre questioni fondamentali, che impediscono a mio avviso la messa in atto di una riabilitazione storica del fascismo. Parlare di "consenso" in termini puramente numerici è del tutto fuorviante e diseducativo.

Un popolo che consente ad un crimine imperialistico, così come ad un massacro amministrativo, cessa di essere un popolo (anche se continua ad essere nazione, visto che l'etnogenesi non è un processo elettorale). Cessa di essere un popolo, e diventa una plebe ignorante, immorale e fanatizzata. Anche ammesso che il 90% degli italiani abbia consentito all'aggressione razzista all'Etiopia o il 90% dei tedeschi abbia consentito al massacro amministrativo antisemita di Hitler (e questo non è vero), ebbene questo presunto consenso non legittima proprio nulla, ed è anzi un fattore aggiuntivo per una condanna politica e morale inesorabile. Lo stesso discorso, ovviamente, vale per il consenso eventuale di una maggioranza di israeliani per la deportazione del popolo palestinese, per il consenso eventuale di una maggioranza di turchi per una guerra di sterminio verso il popolo curdo, o per il consenso eventuale di una maggioranza di americani per l'embargo assassino verso il popolo iracheno, eccetera. Soltanto intellettuali rincoglioniti dall'economicismo o dai sondaggi di opinione possono non capire queste ovvietà comprensibili a chiunque abbia qualche nozione di diritto naturale, laico o religioso che sia.
Nei confronti della questione nazionale il fascismo è dunque colpevole. Anche i massacri etnici avvenuti in Venezia Giulia fra il 1943 ed il 1945 non devono essere iscritti in un "libro nero del comunismo", ma devono essere collocati in una tragedia il cui primo atto è stato scritto dalla dissennata politica antislava del fascismo italiano. Per capire questo non c'è bisogno di nessuna leggenda sulla "autobiografia della nazione" o sulla "parentesi antinazionale". Che le sciocchezze seppelliscano le sciocchezze!!!



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