Nazione italiana, Europa e Mediterraneo

il presente come storia. Coscienza storica, memoria storica, liberazione

II parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Indipendenza è stato diviso in tredici parti.

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2. Il nazionalsocialismo tedesco, il razzismo antisemita ed il "massacro amministrativo".

A suo tempo Theodor W. Adorno sostenne che ogni cultura è impossibile dopo Auschwitz. Questa frase definitiva e paradossale deve essere presa sul serio. Prenderla sul serio vuol dire interpretarla. E noi la interpretiamo così: dopo Auschwitz la cultura, ed in particolare quella parte della cultura che è la teoria sociale e filosofica, non può più fare come se Auschwitz fosse un doloroso incidente di percorso nel progresso civile dell'umanità, ma deve comprendere bene Auschwitz perché non si possa più ripetere in futuro. I verbi sono dunque due: in positivo comprendere, in negativo ripetere. Se si comprende bene la natura storica profonda di Auschwitz, vi sono buone possibilità che si attivino strategie preventive di tipo culturale, storico, politico e pedagogico per evitarne la ripetizione.
Ebbene, è proprio questo che non viene fatto, ed è anzi attivamente impedito, dalla strategia culturale dominante oggi, che tende ad interpretare il nazionalsocialismo tedesco come l'irruzione del demoniaco nella storia, un'eccezione diabolica assolutamente unica ed imparagonabile a nessun'altra nella storia moderna e contemporanea. Questa strategia della eccezionalità criminale è certo animata da buone intenzioni, e considera ogni proposta culturale di 'collocazione' del nazismo dentro la storia tedesca, europea e mondiale del Novecento una colpevole 'banalizzazione' della sua specificità negativa, lo sterminismo razzista che ha trovato nel sistema dei Lager il suo luogo di applicazione.
È evidente che bisogna rispettare le buone intenzioni di chi propone questa linea storiografica per interpretare la natura storica del nazionalsocialismo tedesco di Hitler: trasformandolo in un diabolico tabù negativo si pensa di ottenere lo scopo di evitarne in futuro la ripetizione in condizioni analoghe. Ma la via per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. Il nazionalsocialismo tedesco (prescindendo qui dalle questioni del pangermanesimo e della geopolitica europea nel Novecento) ha portato al massimo livello di legittimazione ideologica e di efficienza organizzativa il massacro amministrativo. Il problema storiografico principale è dunque la natura e la dinamica del massacro amministrativo attuato dal nazionalsocialismo in particolare nei confronti degli ebrei, ma non solo (e si pensi alle politiche di tipo eugenetico, di sterilizzazione e di eutanasia dei malriusciti, condivise negli anni Trenta persino dalle insospettabili socialdemocrazie scandinave, come documenta ad esempio la rivista Internazionale, n. 198, 12/9/1997).

In Modernità ed Olocausto lo studioso polacco Zygmunt Bauman ha già esaurientemente chiarito che il massacro amministrativo hitleriano non è un rigurgito diabolico medioevale in una modernità rassicurante, ma è invece a tutti gli effetti un evento specificatamente moderno ed addirittura contemporaneo, perché unisce la mobilitazione ideologica di legittimazione politica all'efficienza tecnologica ed amministrativa dell'esecuzione del progetto. Prima di lui lo psicologo americano Stanley Milgram aveva già dimostrato che in nome della scienza (ed il razzismo era presentato dagli hitleriani come pienamente scientifico) si può far fare alla gente qualunque cosa. Milgram aveva chiesto a dei volontari di provocare dolorose scariche elettriche a persone il cui dolore fisico (peraltro simulato dagli psicologi, ma la cui simulazione era ignota ai volontari torturatori dilettanti, che lo ritenevano reale) era presentato come legittimo oggetto di sperimentazione scientifica "a fin di bene". Insomma, in "nome della scienza" è possibile far fare qualunque cosa a tutti i coglioni che hanno messo la scienza come principio di legittimazione al posto della religione e della morale. Ma la scienza è appunto il principio di legittimazione filosofica fondamentale della modernità.
Bauman e Milgram ci aiutano a capire la dinamica del massacro amministrativo: la deresponsabilizzazione nichilistica provocata nell'individuo atomizzato dagli ordini legittimi emanati da organi statuali superiori in nome della politica e/o della scienza. È del resto questa la conclusione tratta anche da Hannah Arendt nelle sue considerazioni sul caso Eichmann tratte nel suo libro sulla Banalità del Male. In proposito, sappiamo oggi da una corrispondenza prima rimasta inedita che fu il grande filosofo Karl Jaspers a suggerire alla Arendt il nesso fra deresponsabilizzazione morale e massacro amministrativo. Comunque la giriamo, il punto cruciale resta sempre la questione del massacro amministrativo, questa anonima bestia fredda, intessuta di obbedienza ad ordini superiori che sono sempre formalmente legittimi.
Il razzismo antisemita hitleriano si basa su di una preventiva colpevolizzazione storica e sovrastorica dell'ebreo. Avvenuta questa colpevolizzazione per via ideologica, il meccanismo del capro espiatorio (che sappiamo essere stato molto precedente a qualunque antisemitismo) può svilupparsi fino appunto al massacro amministrativo. Ma noi viviamo dentro continui e scandalosi massacri amministrativi che si svolgono sotto i nostri occhi senza spesso che noi ce ne accorgiamo. Ultimo, scandaloso esempio, l'embargo di prodotti alimentari e medicinali al popolo irakeno, imposto da una ONU subalterna alla politica di potenza americana.
Concludiamo. La imputazione di eccezionalità diabolica rivolta al solo nazionalsocialismo tedesco non serve allo scopo di evitare il ripetersi del suo prodotto più velenoso, il massacro amministrativo effettuato da poteri dotati del doppio monopolio della emissione ideologica e della potenza militare. Al contrario, è proprio riconoscendo la possibilità permanente del ripetersi di massacri amministrativi che sarà forse possibile impedirne in futuro il ripetersi.



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