Petrolio per le ali di Dio
Quinta parte

 

di Flavia Busatta



Per agevolare la lettura, questo articolo di Flavia Busatta, tratto da Hako Magazine, è stato diviso in sei parti.

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La seconda "occupazione" del SIL fu l'Ecuador dove operava Rachel Saint.

Ancora fanciulla, nel 1932, ella aveva sognato di una tribù bruna in una giungla verde, e si era convinta della chiamata del Signore verso le missioni, così dopo aver perso 12 anni a cercare di convertire gli alcolizzati del New Jersey, Rachel era volata in Amazzonia e, dopo aver lavorato con i piro dell'Alto Urubamba, e con gli shapra delle ricche terre petrolifere lungo il fiume Marañon, si era convinta che la "sua" tribù erano gli huaorani (il popolo), che vivevano sul fiume Napo, detti auca (selvaggi) dai quechua degli altipiani. Perseguitati dai cacciatori di schiavi per le piantagioni di caucciù, gli huaorani si erano ridotti a 400 anime divise in quattro gruppi che difendevano il loro territorio a colpi di frecce avvelenate col curaro. Sfortunatamente per loro nel 1946 il colonnello Leonard Clark aveva rivelato a Washington che le riserve petrolifere dell'Oriente amazzonico ecuadoregno rivaleggiavano con quelle mediorientali.

Nel 1948 il nuovo presidente Galo Plaza, intimo amico di Nelson Rockefeller, iniziò una campagna per convincere il pubblico che il destino dell'Ecuador era verso la costa pacifica, là dove la United Fruit voleva estendere i suoi bananeti per rimpiazzare le piantagioni ammalate del Centro America. Rockefeller, interessato all'agrobusiness, propose degli investimenti per nuove tecnologie agricole attraverso la sua IBEC (International Basic Economy Corporation) e di intensificare le colture di merci da esportazione come caffè, cacao e bestiame. Le piantagioni di banane si espansero da El Oro verso il bacino tropicale del Gayas e lungo il fiume Daule nelle terre dei colorados, ancora indomiti. Forte delle sue amicizie americane Galo Plaza offrì al SIL la missione. Restavano intanto incontaminati dai piccoli coloni i territori petroliferi della selva degli huaorani. Mentre Rachel Saint studiava la lingua con la sua informatrice Dayuna, suo fratello Nate, con altri missionari, venne ucciso da un gruppo di indiani spaventati dal suo aereo. La perdita dei confratelli scatenò lo JAARS che contattò il Comando USA dei Caraibi a Panama che subito inviò un elicottero armato e un fotografo di Time-Life. Negli USA l'ondata di simpatia verso il SIL fu enorme, venne organizzato un viaggio per Rachel Saint e Dayuma e Townsend raccolse centinaia di migliaia di dollari; di questi 50.000 provenivano direttamente da Nelson Rockefeller.

Il SIL aprì una nuova base a Limoncocha, subito a nord del territorio huaorani, e ottenne anche una base di appoggio per lo JAARS presso Charlotte, North Carolina, a solo 30 minuti di volo da Fort Bragg, il nuovo quartier generale dei berretti verdi che stavano già proteggendo i traduttori del SIL, sulle alture del Vietnam. La nuova base era dono dei Belk, un'aristocratica famiglia sudista, che aveva appoggiato il progetto di Rockefeller di "lanciare" il North Carolina come base metropolitana per la "controguerriglia" e come partner previlegiato, attraverso l'Alleanza per il Progresso, per il neonato narcostato della Colombia.

Come previsto importanti giacimenti di petrolio erano stati scoperti nell'Oriente ecudoregno dalla Texaco, dalla Shell, e dalla Gulf Oil nelle terre dei kofán, dei siona, e dei secoya, oltre che nei territori sul fiume Napo degli huaorani anche grazie all'uso delle piste della base JAARS di Limoncocha da parte dei tecnici petroliferi. Il SIL aveva fatto da mosca cocchiera per i tecnici volando sulla foresta ed avvisando gli huaorani che le squadre di trivellatori stavano avanzando e che era conveniente per loro cedere all'inevitabile amore di Dio.

Attraverso altoparlanti montati sulle ali che emettevano messaggi nella loro lingua gli aerei dello JAARS terrorizzarono gli huaorani che bruciarono i propri villaggi e si rifugiarono nella giungla. Il colpo di grazia giunse nel 1968 quando i missionari gettarono nella selva dei canestri con dentro, nascoste, delle ricetrasmittenti accese: udendo un fratello di un huaorani catturato chiedere un'ascia, un aereo del SIL effettuò il miracolo facendogliela piovere sulla testa. Esausti, ammalati e sconvolti da un potere magico così grande, 92 huaorani si arresero a Rachel Saint.

Dopo poche settimane i vinti erano circa 200 e subito dovettero combattere con la fame, le malattie e le nascite illegittime: quelli che tentavano di riguadagnare la giungla erano inseguiti e catturati dai conversi. Alla fine l'illuminazione divina li colpì sotto forma di un'epidemia di poliomelite: Rachel Saint si rifiutò di farli vaccinare per timore che fuggissero spaventati, quando alla fine accettò, vi erano stati 16 morti, mentre altri 16 rimasero storpi.

Ancora più disgraziata fu la fine di quei gruppi indigeni che si trovarono coinvolti nelle operazioni di "controguerriglia" come i matses e i campa.

I matses vivevano nella grande foresta pluviale compresa tra i fiumi Tapiche, Blanco e Yavarì, una zona a est di Pucallpa presso il confine col Brasile. Il loro territorio era famoso per la gomma di prima qualità e per il legname pregiato e, a causa di ciò, erano stati assaliti dai mercanti di schiavi nei primi del '900, ma si erano difesi bene uccidendo gli aggressori e, per i coloni e i blancos, erano diventati la quintessenza dell'indio selvaggio e sfuggente. Nel marzo del 1964 mentre la SILer Harriet Fields stava preparando il loro primo incontro con la Parola di Dio, una squadra di rilevamento topografico pesantemente armata stava per entrare nel territorio matses per aprire una strada versi i presunti giacimenti di gas naturale che la Standard Oil of New York (Mobil) e alcune compagnie tedesche intendevano sfruttare.

Presso un'ansa del fiume Yavarí la squadra trovò dei campi coltivati dei matses, che subito distrusse per togliere agli indios i rifornimenti e negare ogni evidenza di un loro diritto alla terra. In risposta i matses li attaccarono con furia scagliando una pioggia di frecce, poi svanirono. Avendo perso ogni contatto radio, alla base si scatenò il panico e il giorno successivo i giornali di Lima parlarono di 8.000, poi 3.000 e poi 500 indios ben armati ed equipaggiati che combattevano in modo addestrato, con equipaggiamento radio e - sembrava dalle intercettazioni - guidati da bianchi.

Il SIL aggiunse benzina al fuoco dell'isteria dichiarando la stampa che gli indiani non erano loro conversi "civilizzati", né indios della zona di confine.

Tutti si scatenarono nelle più strane congetture: dai contrabbandieri brasiliani, all'esercito brasiliano, ai barbudos castristi, tutto era possibile. L'aviazione peruviana con base a Iquitos si mosse e il comandante in capo giunse per dirigere le operazioni personalmente.

I matses tentarono un altro attacco con frecce, poi sparirono nuovamente.

Allora giunsero le bombe, gli shrapnel che strappavano le foglie della giungla e, su richiesta di un funzionario della Standard Oil che aveva ottenuto il permesso di produrlo, il napalm. Per giorni i vecchi B-26 USA, rivenduti all'aviazione peruviana, bombardarono la giungla, ma questa continuò a proteggere i suoi abitanti. Allora l'esercito peruviano chiese l'invio dei marines statunitensi con i loro elicotteri per un'operazione camuffata da intervento umanitario di recupero della squadra attaccata. Questo era l'unico modo per giustificare l'intervento USA in Perù, un intervento che il governo aveva già pianificato nelle sue operazioni di controguerriglia contro il MIR (Movimento della Sinistra Rivoluzionaria).

La CIA, infatti, aveva avvisato Washington che carichi d'armi erano inviati di contrabbando oltre il confine peruviano da Manaus oltre che dalla Bolivia. Qui una delle fonti di armi era una vecchia conoscenza della CIA, Klaus Altmann, alias Klaus Barbie, il boia di Lione, un nazista che era stato aiutato nella sua fuga dal colonnello "J. C." King, al quale ora era fedele.

Altmann/Barbie fornì infatti pistole e fucili Mauser inservibili.



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