Nichilismo, individuo, universalismo reale

Un percorso originale ed inedito di ricostruzione della filosofia marxista

II parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Praxis è stato diviso in otto parti.

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5. L'origine della Religione, o più esattamente delle religioni, sta dunque nella razionale esigenza di sottrarre allo scorrimento annichilatore del tempo un'Origine che possa funzionare da garante di tutti i valori fondativi di una comunità. L'origine della religione è dunque assolutamente razionale, e questo non è capito da tutti coloro che si perdono nel totemismo della magia, nel culto dei morti e nell'inganno dei sacerdoti, nell'ignoranza delle masse e nella legittimazione religiosa del potere di classe. Tutte cose giustissime, ovviamente, ma che non sono originarie e costituenti, ma derivate e coadiuvanti. Se lo Spazio del Cosmo è sacralizzato dalle religioni (a cominciare ovviamente dalle stelle e dal cielo, per passare poi per contrasto alle profondità della terra), ciò avviene perché senza questa sacralizzazione dello spazio del cosmo non potremmo neppure avere la garanzia metafisica della sottrazione dell'origine del Tempo al destino nichilistico ed annientatore dello scorrimento del tempo stesso. Chi vuole dunque l'ateismo deve essere consapevole che il suo vero avversario, quello cui deve prima di tutto saper rispondere, non è certamente la religione (o meglio i miti ed i dogmi del tutto prescientifici ed indimostrabili di cui le religioni si nutrono), ma è il nichilismo, cioè la totale insensatezza integrale del mondo naturale e sociale, quel nichilismo contro cui a suo tempo tutte le religioni sono nate, sono cresciute e si sono mantenute nonostante i numerosissimi "smascheramenti" di tipo sociologico e scientifico. Ma la totale e provocatoria inconsapevolezza del tema del nichilismo è la malattia mortale ed incurabile di più di un secolo di filosofia marxista e comunista. Mentre i "pezzi" dell'analisi economica, sociologica e storica del marxismo possono essere forse riparati, il "pezzo" del suo fondamento filosofico non può essere riparato, ma deve essere integralmente sostituito. C'è però un impedimento: come possono i nichilisti prendere coscienza del nichilismo?

6., La filosofia propriamente detta, al di là del significato puramente greco del termine, nasce proprio quando il problema dell'Origine (inteso come assicurazione della verità dei valori fondanti della comunità umana costituita da enti che lavorano, parlano e sanno di dover morire) viene per così dire razionalizzato, cioè depersonificato e trasformato in una struttura veritativa di tipo logico-ontologico. Questo avviene simultaneamente in diverse parti del mondo, come Karl Jaspers ha correttamente intuito con la sua teoria del "periodo assiale". Si usa limitare la concezione della verità e della realtà identificata con una struttura permanente logico-ontologica ai grandi idealisti occidentali, come Platone ed Hegel. Ma questo non è del tutto esatto. Parmenide, ad esempio, che a mio avviso è ancora un sapiente prefilosofico (e seguo qui l'interpretazione di Giorgio Colli e non quella di Emanuele Severino), ha questa concezione logico-ontologica della verità. Spinoza, che non è certo un idealista, ha questa concezione logico-ontologica della realtà in modo integrale, ed è anzi colui che più chiaramente l'ha separata da una concezione personalistica, finalistica ed antropomorfizzante della divinità stessa. Heidegger, che addirittura inserisce la temporalità nella sua concezione della struttura logico-ontologica della verità (sia pure nella forma della differenza ontologica fra l'Essere e gli enti storici), ha una concezione analoga. La sfida al nichilismo attraverso l'elaborazione umana e razionale di una struttura permanente logico-ontologica della realtà (che è peraltro originariamente solo la duplicazione filosofica della tavola pitagorica aritmetica e dei teoremi geometrici, enti che sembrano anch'essi sottrarsi alla distruzione effettuata dalla temporalità annientatrice) non è dunque tipica dei soli "idealisti" (Platone ed Hegel), ma anche di molti altri non idealisti, da Aristotele a Spinoza. Ma come vedremo, si tratterà di una soluzione rifiutata da Marx, che così consegnerà ai suoi seguaci una soluzione nichilista. Una vera bomba a tempo, ormai scoppiata, di cui la stragrande maggioranza dei marxisti appare inconsapevole.

7. Apro qui una parentesi, in cui segnalo semplicemente la proposta filosofica della francese Barbara Cassin (cfr. L'effetto sofistico, Jaca Book, Milano 2002). Secondo la Cassin la soluzione ontologica, per cui al salvataggio religioso delle Origini sottratte allo scorrimento dissolvitore del tempo si sostituisce una struttura veritativa logico-ontologica della realtà razionalmente ricostruibile, non è la sola disponibile al pensiero filosofico, e non è neppure la migliore. Alla soluzione ontologica si può opporre una soluzione logologica, alla ontologia una logologia, per cui l'Essere non preesiste e dunque non esiste, ma il linguaggio ne costruisce simbolicamente i confini e le condizioni di esistenza dialogica. Secondo la Cassin, si tratta della tradizione che partendo dai sofisti greci Protagora e Gorgia arriva fino alla psicoanalisi, a Freud, a Lacan, al cosiddetto "pensiero debole", a Wittgenstein, a Rorty ed all'odierna filosofia analitica. La Cassin oppone la logologia alla ontologia, ed utilizzando liberamente la sua dicotomia potremmo dire che il marxismo segue una tradizione logologica. Logologia non significa infatti relativismo, scetticismo e convenzionalismo (se così fosse, il marxismo non lo sarebbe certamente), ma semplicemente rifiuto alternativo di ogni ontologia, cioè di ogni presupposto di verità permanente di tipo logico-ontologico (che il marxismo leniniano definirebbe di tipo idealistico e metafisico, e non materialistico e dialettico).

Una semplice osservazione. La dicotomia proposta dalla Cassin è certamente stimolante ed affascinante, ma a mio avviso non funziona. Ogni logologia, infatti, comunica dialogicamente sulla base di un presupposto veritativo che tutti gli interlocutori assumono come possibile. Lo stesso ripiegamento sul "verosimile", sul "probabile" e sul "conveniente" (tipico del dibattito sofistico e di quello ellenistico-romano) si fonda sulla asserita inconoscibilità del presupposto veritativo, non sulla sua esclusione aprioristica (come fa l'odierno pensatore debole). A mio avviso, ontologia e logologia sono invece complementari. Solo attraverso la comunicazione dialogica razionale argomentata, e non attraverso la rivelazione sacerdotale, è possibile trasformare dialetticamente la sacralità incorrotta delle Origini sottratte al tempo dissolvitore in struttura logico-ontologica della realtà, che fu un tempo pensata in forma matematico-pitagorica (Platone) e poi nella modernità fu pensata anche in forma storica (Hegel). Storica, ma non storicistica, perché Hegel mantiene integralmente la struttura logico-ontologica della realtà e della verità, passando però dalla forma antica della dimostrazione geometrica delle verità atemporali (Platone) alla forma moderna dell'autocoscienza progressiva dei soggetti divenuti consapevoli delle proprie azioni e dei propri valori.

8. Marx rifiutò integralmente non solo la religione, ma anche ogni ontologia, cioè ogni riconoscimento della struttura veritativa logico-ontologica della realtà. Rifiutò così non solo Platone ed Hegel, ma anche Aristotele e Spinoza. Rifiutò la filosofia in blocco, e la sua mirabile scienza dei modi di produzione, il cosiddetto materialismo storico, fu fondato su basi filosofiche nichilistiche. È possibile ovviamente ricostruire il contesto storico di questa scelta nichilistica (il ventennio 1835-1855), caratterizzato dalla sinergia fra il nascente positivismo europeo e l'anarchismo sociologico della cosiddetta "sinistra hegeliana". Ma questo è interessante solo storiograficamente, non teoricamente. Marx scelse una non-filosofia, e la non-filosofia si chiama nichilismo. Il nichilismo, ovviamente, inteso come rinuncia ai fondamenti logico-ontologici della verità, assume in Marx la forma di una triade, in cui l'addizione di Umanesimo, Storicismo ed Economicismo viene chiamata Materialismo. Si tratta di una vera e propria catastrofe.

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