Da Luigi Berlinguer a Letizia Moratti
intellettuali e scuola
terza parte
 



Fare clic sul link per vedere altri articoli e una nota su Costanzo Preve.

Si consiglia anche la lettura dello studio di Roberto Renzetti sul lavoro dei think tank e delle imprese, non solo italiane, che hanno portato alla costruzione delle riforme di Luigi Berlinguer prima e di Letizia Moratti poi.



di Costanzo Preve



Per agevolare la lettura, il testo è stato diviso in otto parti.

All'introduzione

Alla parte successiva




  • Bene, dirà a questo punto il lettore, tutto questo è molto interessante, ma che cosa c’entra con la situazione scolastica? C’entra, c’entra, ed anzi c’entra talmente tanto da costituire la mia chiave interpretativa del mio esame dell’intera questione, almeno per quanto riguarda l’ultimo trentennio, se non l’ultimo quarantennio.
    La rivolta anti-borghese, convinta di essere anche anticapitalistica, laddove lo stesso capitalismo cercava per conto suo di realizzare una scuola post-borghese e pienamente funzionale alla nuova fase del capitalismo, si rivolse contro la scuola detta “borghese”, la sua cultura e le sue modalità di trasmissione, ed in questo modo metteva le basi teoriche inconsapevoli per la sua trasformazione in fattore servile, subalterno e coadiuvante di questo progetto capitalistico post-borghese. Lo sciagurato quinquennio di Luigi Berlinguer e di Tullio De Mauro (1996-2001) non viene dunque dal nulla, e non è unicamente spiegabile con teorie del tradimento, eccetera. C’era in realtà una logica in quella follia. Lo scopo di questo mio breve saggio è la ricostruzione sommaria di questa logica paradossale del rovesciamento del vecchio populismo sociologistico anti-borghese in modernizzazione luddistica dell’istituzione scolastica. A sua volta, la comprensione della natura economica ed aberrante del quinquennio berlingueriano (1996-2001) permette di capire meglio l’attuale scenario morattiano del 2002, con le possibili contraddizioni che aprirà, e che sono già in parte visibili oggi, in cui siamo solo all’inizio.

  • La riforma della scuola del primo centro-sinistra del 1964 è stata a mio avviso un punto alto e pienamente positivo nella nostra storia. Se è messa a confronto poi con lo sciagurato quinquennio dei pidiessini Berlinguer-De Mauro questo risalta in modo ancora più luminoso. Questa riforma si basava su due punti entrambi positivi. In primo luogo, l’istituzione della Scuola Media Unica con l’abolizione della canalizzazione precoce, e ferocemente classista, fra vecchia scuola media con il latino e scuola d’avviamento al lavoro.
    Avendo vissuto personalmente il periodo precedente, ricordo perfettamente che i nostri gruppi di amici erano divisi in due fra i futuri lavoratori precoci ed i futuri studentelli, in un’età in cui questa divisione era vissuta proprio per quello che era, una divisione non solo di classe ma quasi di casta.
    In secondo luogo, e questo è sottolineato sempre troppo poco, il fatto che questa benemerita riforma non toccò quasi l’istituzione benemerita del liceo (non importa se classico o scientifico), salvandone l’impianto illuministico, laddove sia la riforma Moratti sia la riforma Berlinguer lo mettono in pericolo, in direzione di una sciagurata americanizzazione della scuola secondaria superiore.
    Faccio questo rilievo per ricordare una cosa comunque ovvia. Il riformismo non è mai frutto di un personale politico, che è sempre un semplice esecutore subalterno di grandi processi storici, ma è sempre il frutto di momenti storici che lo rendono possibile. Allora, nel 1964, si viveva una stagione riformistica. Nel quinquennio 1996-2001 il personale politico di origine picista era invece al servizio di un progetto controriformistico, indipendentemente dalla falsa coscienza ideologica con cui mistificava a se stesso questa funzione.

  • una volta messa in piedi la Scuola Media Unica, si fece poi lo sbaglio populistico-pedagogico di privilegiarne l’irrilevante aspetto della socializzazione anziché concentrarsi sul cruciale apprendimento disciplinare. Di qui gli stupidi abbandoni dell’analisi logica e grammaticale, la trascuratezza verso la matematica, eccetera. Alle classi subalterne, appena ammesse alla scolarizzazione, si consegnava una scuola caratterizzata da un indirizzo pedagogico radicalmente sbagliato.
    I bambini fanno la loro socializzazione nel cortile, non in classe. In classe si impara sempre e soltanto una disciplina, il suo metodo ed il suo contenuto. Questo è il contrario del cosiddetto classismo, ma è anzi la premessa di una concezione veramente democratica, in cui si insegnano al giovane cittadino strumenti validi, e non girotondi, salterelli ed altre cretinate sociologiche.

  • All’interno di questa impostazione radicalmente sbagliata (che lo stesso *Gramsci in carcere a suo tempo aveva criticato con grande preveggenza) il problema della cosiddetta “serietà” degli studi fu consegnato di fatto nelle mani peggiori, cioè delle professoresse ferocemente classiste della piccola borghesia detta impropriamente “umanistica” (in realtà non umanistiche, ma disumane), più correttamente definite in uno studio dell'epoca le “vestali della classe media”. Queste professoresse (con sparuto contorno di qualche professore) affrontarono la Scuola Media Unica nel modo peggiore, in base alla categoria del declassamento, del livellamento e del peggioramento degli studi. Si aprì così a metà degli anni Sessanta quello spazio di schizofrenia culturale per cui la pedagogia ufficiale era improntata ad una sorta di facilismo socializzatore mentre la pratica delle vestali della classe media era improntata ad una mistica della bocciatura dei nuovi piccoli plebei riottosi.

  • Nello spazio di questa schizofrenia irruppe alla fine degli anni Sessanta il decisivo libro Lettera ad una Professoressa del prete toscano don Lorenzo Milani. A quel tempo una bellissima canzone di Lucio Dalla, intitolata Caro amico ti scrivo diceva fra l’altro: “Anche i preti potranno sposarsi/ ma soltanto a una certa età”. Contro questa tendenza libertaria don Milani sosteneva che un insegnante doveva essere celibe, per potersi dedicare completamente all’educazione. Non vorrei insistere troppo su questo orrore antropologico. Esso è giustificato dal fatto che don Milani decise in modo estremistico (ed io apprezzo sempre il momento unilaterale di verità che c’è in ogni estremismo, che ha poi sempre tempo di farsi mediare in modo moderato una volta fatto passare come plausibile il suo principio ispiratore) di opporsi alla bocciomania reazionaria delle vestali della classe media. Non fu certo colpa sua se questo su benemerito intervento diventò uno dei primi manifesti ideologici del cattocomunismo italiano e del suo populismo irrefrenabile. Mentre don Milani era per una scuola esigente e difficile, appunto perché sapeva perfettamente che gli umili non sarebbero mai stati poi in grado di riscattarsi, il “milanismo” cattocomunista ne fece la bandiera del facilismo, del voto unico, del voto politico sempre sufficiente, della socializzazione sistematicamente preferita all’apprendimento disciplinare. Questa tragicommedia, di cui ovviamente il prete toscano precocemente scomparso non fu per nulla colpevole, sta alle radici della negazione del momento disciplinare dell’insegnamento, che vedremo in azione ad esempio nell’ispirazione del poi fallito concorsone Berlinguer del 2000, il cui rifiuto corale da parte degli insegnanti segnò anche il momento di svolta nella crisi del progetto scolastico del personale politico e sindacale di origine PCI, come ricorderò più avanti.



    alla parte successiva


    Gli articoli apparsi originariamente su questo sito possono essere riprodotti liberamente,
    sia in formato elettronico che su carta, a condizione che
    non si cambi nulla, che si specifichi la fonte - il sito web Kelebek http://www.kelebekler.com -
    e che si pubblichi anche questa precisazione
    Per gli articoli ripresi da altre fonti, si consultino i rispettivi siti o autori




    e-mail

    Home | Il curatore del sito | Oriente, occidente, scontro di civiltà | Le "sette" e i think tank della destra in Italia | La cacciata dei Rom o "zingari" dal Kosovo | Il Prodotto Oriana Fallaci | Antologia sui neoconservatori | Testi di Costanzo Preve | Motore di ricerca | Kelebek il blog



  •