Invito ad una discussione radicale sul marxismo

V parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve è stato diviso in sette parti.

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5. Il secondo dubbio iperbolico: la questione della capacità rivoluzionaria intermodale della classe operaia e proletaria

Abbiamo visto nel paragrafo precedente che il discorso sull'incompatibilità fra natura umana e comunismo non sta razionalmente in piedi, se ovviamente disponiamo di una nozione corretta di natura umana e di comunismo. Questo, e solo questo, è il problema. Passiamo ora al secondo dubbio iperbolico possibile, quello sulla eventuale capacità rivoluzionaria intermodale della classe operaia e proletaria.

Tutti i marxisti sanno, o credono di sapere, che per Marx il soggetto rivoluzionario anticapitalistico fondamentale è la classe operaia e proletaria politicamente organizzata in partiti e sindacati. In realtà, non è affatto così semplice. Del resto, è noto che non furono gli schiavi ad abbattere il modo di produzione schiavistico, e non furono neppure i servi della gleba ad abbattere il modo di produzione feudale. Se per Marx il ruolo dei proletari nel capitalismo sarà qualitativamente diverso da quello precedentemente svolto dagli schiavi e dai servi della gleba, ciò avverrà soltanto non certo perché "i proletari hanno da perdere solo le proprie catene" (frase letteraria che tutti gli sciocchi ripetono incuranti del fatto che non è così da nessuna parte, dagli Stati Uniti all'Egitto), ma perché i proletari vengono visti come il fronte sociale avanzato dello sviluppo delle forze produttive e perché la classe borghese è vista come un soggetto storico originariamente produttivo e creatore ma poi gradatamente parassitario.

Come ha filologicamente stabilito Gianfranco La Grassa, per Marx il soggetto rivoluzionario non è affatto semplicemente la classe operaia e proletaria, ma è il lavoratore collettivo cooperativo associato, dal direttore di fabbrica all'ultimo manovale, alleato con le potenze intellettuali della produzione capitalistica complessiva, connotata da Marx con il termine inglese di general intellect. Tuttavia La Grassa aggiunge che Marx conduce il suo ragionamento a livello di fabbrica e non di impresa, e cioè di unità produttiva e non di rete concorrenziale di strutture, in cui però non avviene secondo La Grassa una vera socializzazione "virtuosa" delle forze produttive, e dunque neppure la formazione storica progressiva e processuale del lavoratore collettivo cooperativo associato. Se è così, allora il nostro dubbio iperbolico è veramente giustificato. In breve, ci restano le contraddizioni antagonistiche del modo di produzione capitalistico, ma ci sfugge via fra le mani il soggetto rivoluzionario risolutore anticapitalistico. E non si risponde certamente all'obiezione pertinente di La Grassa con la fuga in avanti dei "disobbedienti" e delle "moltitudini" di Toni Negri, vera e propria vergogna scientifica oggi sciaguratamente di moda.

C'è qui molto da discutere. Personalmente, ho sempre creduto che il modo di produzione capitalistico possa essere storicamente superato, mentre non ho mai creduto (o almeno non ci credo più da almeno due decenni) al ruolo strategico della classe operaia e proletaria. Lo ritengo un comprensibile e scusabile errore epistemologico di Marx, esattamente come i concetti di spazio e di tempo assoluti in Newton. Borghesia e proletariato sono per me astrazioni storiche generalizzanti necessarie per la costruzione di un modello, non realtà sociologiche permanenti titolari di "grandi narrazioni" dotate di una Origine e di un Fine. In senso storico, sia la borghesia che il proletariato sono veramente esistiti (nell'Ottocento), si sono a poco a poco trasformati fino all'estinzione (nel Novecento), ed oggi non esistono più se non come parolette per indicare degli agenti attivi e passivi della riproduzione della produzione capitalistica. Ma il capitalismo va avanti lo stesso, perché esso non è una macchina guidata da Soggetti, ma una struttura impersonale tecnoscientifica e tecnoeconomica che ristruttura e rinnova continuamente le proprie soggettività sociologiche.

Il venir meno del "mito del proletariato" non è allora una falsificazione iperbolica del comunismo marxista. Nuovi soggetti premono, si classificano e si riclassificano. La causa storica del comunismo non dipende affatto dalla permanenza della cosiddetta "centralità operaia".

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