Il maoismo

V parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Praxis è stato diviso in nove parti.

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13. In secondo luogo, si potrebbe obiettare che la definizione di "maoismo" come teoria della centralità della lotta contro la borghesia restauratrice del capitalismo che si installa proprio nel partito comunista non è stata opera di Mao in persona, ma della sinistra maoista cinese della rivoluzione culturale che alla fine, sotto il nome di "banda dei quattro", fu liquidata con un colpo di stato dell'ottobre 1976. Il teorico della cosiddetta banda dei quattro, è bene saperlo, non era per nulla la moglie di Mao Chiang Ching, ma il teorico della dittatura del proletariato nelle nuove condizioni del potere comunista Chang Chun Chiao. Dunque, è il "maoismo" opera di Mao, o è opera della "banda dei quattro"?

Non mi sembra difficile rispondere. La teorizzazione degli anni 1972-1976 può certo essere prevalente opera della banda dei quattro, ma è indiscutibile che Mao stesso in passi innumerevoli della sua opera ha sempre insistito sul "partito che cambia di colore" e sulla sua centralità non solo politica. In questo si veda, per chi vuole approfondire lo studio, il buon libro curato da S. R. Schram, , Mondadori, Milano 1974.

14. In terzo luogo, è bene almeno porre il problema del rapporto fra il pensiero di Mao e la figura storica, politica e teorica di Stalin. In proposito, la questione è certamente aperta, ma qualcosa è possibile dire.

Il lettore italiano dispone di una traduzione delle note di Mao su Stalin e sullo "stalinismo" come modello politico di costruzione del socialismo (cfr. Note su Stalin e il socialismo sovietico, Laterza, Bari 1975, con una importante prefazione di Aldo Natoli). Natoli ritiene che fra il modello di Stalin e quello di Mao ci sia molto più rottura che continuità, in quanto Mao avrebbe diagnosticato con esattezza l'"economicismo" del modello staliniano, nel doppio aspetto dell'enfasi sulla crescita delle forze produttive ad ogni costo e del ricorso massiccio e sistematico agli incentivi materiali individuali (salario a cottimo, eccetera). Come vedremo, questo "economicismo" come elemento strutturalmente negativo del socialismo sarà poi anche alla base del "marxismo occidentale" (Charles Bettelheim, Giancarlo La Grassa), di cui parlerò in seguito.

Se Natoli ha ragione, alora non è possibile accettare la serie delle immagini totemiche schierate (Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao), che fanno parte della simbologia dei movimenti marxisti- leninisti da almeno quarant'anni (un periodo storico ormai relativamente lungo). Queste cinque immagini totemiche schierate suggeriscono una continuità teorica e politica che però a mio avviso è assolutamente illusoria, e può produrre solo falsa coscienza. Se è infatti vero che Mao è indissociabile dal modo di produzione asiatico (più esattamente, da una rivoluzione socialista vittoriosa che si origina dalle contraddizioni sorte dall'incontro fra modo di produzione asiatico ed imperialismo colonialistico occidentale), e che il suo contributo "universale" si limita alla diagnosi della borghesia restauratrice del capitalismo sviluppatasi dentro il partito comunista, e se è vero che Mao ha criticato Stalin in modo molto più radicale di quanto lo faccia la teoria ufficiale cinese su Stalin (70% buono e 30% cattivo), allora ogni continuità presunta è soltanto un'ideologia grande-narrativa.

Ed è questo grosso modo che io penso.

15. Siamo allora giunti ad un risultato modesto ma significativo, a cogliere cioè due aspetti del maoismo apparentemente contraddittori ma in realtà convergenti. L'aspetto particolaristico del maoismo sta nel fatto che non può essere dissociato dal modo di produzione asiatico, che non è mai esistito in Europa e più in generale nella tradizione storica occidentale. Ma questo aspetto particolaristico paradossalmente ne evidenzia uno universalistico, e cioè il fatto che ogni universalismo comunista presuppone il preventivo riconoscimento del carattere multilineare e non unilineare della storia universale. Si tratta a mio avviso del paradosso più fecondo del marxismo, che sta alla base della stessa centralità della lotta contro l'imperialismo, che è da questo punto di vista l'avanguardia armata e corazzata della concezione unilineare della storia.

Se l'aspetto universalistico del maoismo sta nel riconoscimento del carattere mutilineare dell'evoluzione storica mondiale, allora la rottura non è solo con Stalin (come si è sostenuto nel precedente paragrafo), ma anche con alcuni aspetti eurocentrici di Marx e di Engels. Paradossalmente la rottura con Lenin è minore, se non inesistente, perché Lenin a modo suo seppe cogliere il carattere multilineare dell'evoluzione storica, e su questo ruppe anche teoricamente con il marxismo della Seconda Internazionale, costruito invece ferreamente sulla grande-narrazione unilineare operaia e proletaria (in buona parte ereditata dal trotzkismo).

La definizione del carattere universale del maoismo data dalla sinistra maoista della rivoluzione culturale (maoismo = riconoscimento della centralità della questione della borghesia in seno al partito) ne evidenzia peraltro solo un aspetto. L'innegabile e fragoroso insuccesso politico del maoismo organizzativo in Europa e negli USA, unita ad un parziale successo politico in realtà asiatiche o "semi-asiatiche" (Turchia, India, Nepal, fino allo stesso Perù in cui già a suo tempo Mariátegui aveva evidenziato l'eredità sociale e culturale degli Incas) deve farci riflettere sul fatto che il maoismo politico (e militare) resta uno strumento organizzativo per i programmi di riforma agraria anti-feudale. Non c'è nulla di più lontano però dall'Europa. Vale dunque la pena esaminare, se esiste (ed io penso fortemente che esista), l'esperienza quarantennale del "maoismo occidentale teorico" e della sua evoluzione.

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