"Da una parte, io e due zingare
dall'altra, il mondo intero"

X parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Miguel Martinez è stato diviso in dodici parti.

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Il rivolgimento del mondo

Le generalizzazioni sui Rom e la Leggenda della Zingara Rapitrice sono radicate nella collettività italiana. Dormono lì, nel passivo risentimento - se non trovo dove ho messo gli occhiali, devono essere stati gli zingari, porta via il bambino che sta arrivando una zingara...

Ma perché i sogni prendano forma, ci vuole la politica. È evidente che per le persone che contano, i Rom sono presto sistemati: non hanno soldi, votano poco, non hanno amici potenti e non fanno politica. Quindi i Rom possono continuare a campare o sparire dalla faccia della terra. Il razzismo è una cosa per poveri, i potenti hanno altro a cui pensare.

Solo che i veri interessi dei potenti poi finiscono per intrecciarsi con i Rom lo stesso, per una serie di motivi.

Innanzitutto, c'è la Lega Nord, nata per esprimere la protesta dei settentrionali contro Roma Ladrona. Eccola adesso, diventata vecchia bagascia, membro fino in fondo del governo; non si sa se per scherzo, le hanno affidato il ministero della Giustizia, quello che deve fare tutto il possibile per proteggere romani e ladroni. Da un giorno all'altro, da Bergamo a Cefalù, tutti gli italiani sono diventati brava gente. In un colpo solo, sparisce la mafia (e spariscono anche i "troppi precari calabresi" che affollerebbero le graduatorie scolastiche).




In questa vecchia vignetta leghista, la "zingara Rom" c'è già ("ciao sono una zingara Rom e prendo 30.000 [lire] al giorno Viva Italia!"), ma il nemico principale è ancora Roma

Allora - solo allora - la Lega si butta con fervore nella xenofobia, perché gli stranieri devono sostituire i terroni, anzi l'operazione va fatta con un rumore assordante, perché i poveri elettori non si accorgano della sostituzione. I più stranieri degli stranieri sono chiaramente i Rom: basta non far notare che la maggioranza di loro è italiana da generazioni.

Del tutto indipendentemente, avviene una cosa molto più seria: l'Impero americano dichiara guerra al mondo. E lo chiama "scontro di civiltà". Ci pensano i think tank, i cristanisti, i Marcello Pera, i Vittorio Feltri a far passare l'idea della Grande Minaccia Islamica. In una lussuosa soffitta di Manhattan, si pesca un'anziana signora rancorosa, la si impacchetta e si crea il Prodotto Fallaci, con un lancio senza precedenti nella storia dell'industria culturale italiana. Solo una parte dei Rom sono musulmani, e in maniera decisamente vaga. Ma se i Rom sono strani, devono essere anche terroristi.

La seconda guerra mondiale ha lasciato una generale e ufficiale convinzione che non è giusto prendersela collettivamente con chiunque abbia avuto la sventura di nascere in una certa comunità etnica o religiosa. Il simbolo di questo divieto implicito era Auschwitz.

Ma con l'Intifada palestinese prima, e l'11 settembre poi, l'uso del simbolo cambia totalmente di significato. Il nuovo messaggio, come ci insegna Gilad Atzmon, è che Auschwitz è il simbolo dei "totalitarismi" sconfitti dall'Impero americano. In subordine, l'antisemitismo - diventato sinonimo di qualunque critica allo Stato d'Israele - viene isolato e distinto dal razzismo; anzi, la demonizzazione collettiva di interi popoli diventa perfettamente legittima in epoca di "scontro di civiltà" e di "terrorismo palestinese".

A questo si aggiunge ancora un elemento: le migrazioni di massa dei nostri tempi, con tutti gli effetti che ben sappiamo.

Così nasce un fronte trasversale, di varia provenienza, che ce l'ha con la vasta e confusa categoria degli "stranieri".

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