"Da una parte, io e due zingare
dall'altra, il mondo intero"

I parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Miguel Martinez è stato diviso in dodici parti.

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Le immagini di queste pagine, con qualche ovvia eccezione, sono state tratte dallo splendido sito di Alberto Melis,che ha oltre 800 immagini di vita Rom.

Una parte di questo sito è dedicato a racconti sulla cacciata dei Rom o "zingari" dal Kosovo, grazie alla nostra guerra umanitaria.





«Ma quante sono le menti umane capaci di resistere alla lenta, feroce, incessante, impercettibile forza di penetrazione dei luoghi comuni?»


Primo Levi, La tregua, p. 89 dell'edizione Einaudi del 1989




Fine gennaio del 2004. Ciampi ottiene un provvisorio sorpasso mediatico sulle malattie di Karol Wojtyla, solennemente affermando:
"Ricordiamo affinché l'orrore non possa ripetersi; affinché ogni manifestazione di antisemitismo, di razzismo in tutte le sue forme, venga condannata e messa al bando"
Berlusconi, nel suo ruolo di presidente della "Task Force internazionale sulla Cooperazione per il ricordo, la formazione e la ricerca sull’Olocausto", sorpassa però anche Ciampi, accendendo una candelina ad Auschwitz.



Romano Prodi, buon ultimo nella gara mediatica, riesce a dire comunque anche la sua:

"L'umanita' non ha smesso di macchiarsi di crimini come il genocidio, la pulizia etnica, il razzismo, la xenofobia, l'antisemitismo. Tutti gli uomini e le donne del Ventunesimo Secolo hanno la responsabilità di combattere e impedire questi orrori."

Appena qualche settimana dopo, si è scatenata in Italia una rumorosa festa di razzismo, xenofobia e voglia di "pulizia etnica".

Alcuni dei personaggi più importanti d'Italia vi hanno preso direttamente parte, mentre altri hanno taciuto. Se un giorno saranno chiamati a rispondere dei loro atti, almeno di fronte a Dio, non potranno accampare la storica scusa, "eravamo costretti". Al massimo Pier Ferdinando Casini, Bruno Vespa e Gaspare Barbiellini Amidei potranno dire al Padreterno, "ci conveniva".

Mi riferisco al noto episodio delle ragazze Rom di Lecco, condannate ingiustamente per sottrazione di minore. A una sentenza già mostruosa, ha fatto eco una canea che chiedeva condanne più severe; e persino leggi più severe in modo da poter comminare pene ancora più severe in futuro.

L'episodio è assolutamente lineare. Ci sono tre giovani donne Rom, romnijà per dirla nella lingua dei Rom. Sopirla Copalea di 22 anni, Sineta Caldaranu, di 32 anni e una loro parente di 12, cittadine rumene, stanno chiedendo l'elemosina in centro e in pieno giorno a Lecco. In una stradina, si avvicinano a una signora che porta a spasso la sua bambina in giro un passeggino. Non la sfiorano nemmeno, ma quando le vede, la signora, colta dal panico, fugge, anzi - secondo alcuni giornali "reagisce a calci".

Un'ora dopo, la polizia trova le romnijà che mangiano tranquillamente alla mensa della Caritas, assieme ad altri sfortunati e disastrati, e le porta in questura.

Incredibilmente, vengono addirittura condannate per rapimento, anche se sotto la curiosa veste giuridica di "sottrazione di minore" (il tipico reato commesso da coniugi in lite tra di loro).



Quasi subito è emerso che le ignare rumene, che non sapevano praticamente parlare in italiano, hanno patteggiato la pena dietro suggerimento dell'avvocato d'ufficio, Flavio Natali, che spiegherà poi in modo disarmante i fatti:
"Mi sono visto la situazione. Da una parte io - l'avvocato Natali - e due zingare. Dall'altra il mondo intero. Ho optato allora per il patteggiamento, sapendo che comunque non sarebbero rimaste in galera visto che erano incensurate. E così non c'è stato un accertamento dei fatti".
Il giudice, Maria Cristina Sarli, pur essendo una persona per bene, ha dovuto prendere atto del patteggiamento e quindi ha condannato le due maggiorenni a 8 mesi e 10 giorni con la condizionale, facendole poi rilasciare.

Questi sono i fatti che nessuno mette in dubbio. E dimostrano tre cose.

Primo, è lampante che le donne sono innocenti, anche accettando integralmente la versione dell'unica testimone che è anche la parte lesa, cioè la madre.

Secondo, pur essendo innocenti, una sentenza di un tribunale adesso le definisce ufficialmente aspiranti rapitrici di bambini.

Terzo, un normale avvocato d'ufficio di un normale tribunale italiano ha calcolato che qui la questione era tra la parola di una signora italiana e quella di una signora Rom. E che un tribunale avrebbe condannata la seconda, unicamente in base alla parola della prima, persino per un reato gravissimo, indimostrato e immotivato come tentato sequestro di persona.

La cosa terrificante è che l'avvocato probabilmente aveva ragione.

E' questo che fa la differenza tra una sentenza bizzarra e ingiusta e un problema nazionale.

A parte il tocco legalistico e l'assenza di sangue, non c'è differenza di principio con quello che avveniva una volta negli Stati Uniti, dove centinaia, se non migliaia, di neri vennero linciati dietro accuse indimostrate di aver guardato in maniera insolente una donna bianca. La prova era la parola inoppugnabile di una white lady, meglio ancora se mamma.

Tra le sceneggiate antirazziste di Ciampi, Berlusconi e Prodi e la sentenza di Lecco, sono passati pochi giorni. Ciampi, Berlusconi e Prodi hanno forse detto qualcosa per "condannare e mettere al bando" questa prova clamorosa di "razzismo e xenofobia"? Tace anche Fausto Bertinotti, almeno a quanto pare se si digita "bertinotti - zingare - lecco" su Google.

Le tre patetiche Dreyfus non hanno trovato alcun Zola.

Ma la faccenda, come sappiamo, era solo all'inizio.



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