"Zero" in storia alla Fallaci
 



Di Sherif El Sebaie. Tratto dal sito aljazira.it Sherif El Sebaie è un egiziano che vive in Italia e che cura un interessante blog.




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  sabato, 01 maggio 2004

Chi si ricorda le rocambolesche ricostruzioni storiche della signora Fallaci? A due anni di distanza dal primo capolavoro, e con la pubblicazione di un altro rocambolesco libro, resta la domanda: quanto prendeva al liceo la Fallaci in storia e matematica? "Zero", anzi "Sifr"...!

E' passato un pò di tempo da quando è stato pubblicato, sul Corriere della Sera, l'esecrabile articolo di quattro pagine che la signora Oriana Fallaci ha intitolato la rabbia e l’orgoglio. Ripubblicato tale quale con l’aggiunta di qualche menzogna e qualche insulto in più come libro dal titolo omonimo che ha, sfortunatamente, venduto più di un milione di copie. Qualcuno commentò quel libro con le seguenti parole: Oriana Fallaci, il coraggio di dire la verità.

Qualcuno, in un eccesso di zelo, lo definì un' intervista con la storia... In quel libro però la storia non era neanche presente e di fatti c'erano solo errori storici macroscopici… menzogne immense… insulti stravaganti... odio travolgente… chiare istigazioni alla discriminazione e all’uso della violenza... Per fare un'esempio basterebbe analizzare il seguente brano in cui la signora Fallaci afferma: "Ed ora ecco la fatale domanda: dietro all'altra cultura che c'è? Boh! Cerca cerca, io non ci trovo che Maometto col suo Corano e Averroè coi suoi meriti di studioso, (i Commentari su Aristotele eccetera), Arafat ci trova anche i numeri e la matematica. (...) Ma Arafat ha la memoria corta. Per questo cambia idea e si smentisce ogni cinque minuti. I suoi nonni non hanno inventato i numeri e la matematica. Hanno inventato la grafia dei numeri che anche noi infedeli adopriamo, e la matematica è stata concepita quasi contemporaneamente da tutte le antiche civiltà. In Mesopotamia, in Grecia, in India, in Cina, in Egitto, tra i Maya... I suoi nonni, Illustre Signor Arafat, non ci hanno lasciato che qualche bella moschea e un libro col quale da millequattrocento anni mi rompono le scatole più di quanto i cristiani me le rompano con la Bibbia e gli ebrei con la Torah."

Ovviamente, in questa sede, non mi interessa per niente la diatriba - squisitamente personale - tra la signora Fallaci e Arafat, in nome della quale la signora Fallaci è perfino disposta a manipolare la Cultura a suo piacimento. E il seguente testo non ha lo scopo di difendere Arafat che  con questa discussione c'entra come i cavoli a merenda ma semplicemnte quello di dimostrare quanto la signora Fallaci sia malinformata, oppure in malafede.

I popoli civilizzati del Mediterraneo che la Fallaci cita pomposamente non avevano delle cifre vere e proprie (basta pensare ai complicatissimi segni numerici degli antichi Egizi o alle poco maneggievoli cifre romane). I primi a sorpassare lo stadio primitivo della ripetizione e dell’assemblaggio di elementi isolati furono in realtà gli indiani. Nel 773 infatti, fu un astronomo indiano, Kankah, a presentarsi a Bagdad alla corte del califfo Al Mansur (745-775), noto per il suo incoraggiamento agli scienzati da qualunque paese provenissero. Al Mansur, puntualmente, ordinò la traduzione del libro di Kankah, Sindhind (Durata Eterna), in arabo. Grazie a questo libro, gli arabi si abituarono all’uso della numerazione indiana. E fin qui si potrebbe dare ragione alla signora Fallaci.

Per spiegare ai banchieri, amministratori... ecc. il nuovo sistema di calcolo, i matematici arabi scrissero numerosi trattati con esempi pratici di calcolo. Trattati che furono poi tradotti in latino. È interessante ricordare che nelle traduzioni latine delle opere matematiche arabe lo zero veniva indicato con il termine ‘cephirum’, deformazione latina del termine arabo che indicava lo zero: ‘al-sifr’ (il vuoto). Passando in Occidente il termine servì non più per indicare lo zero ma l’insieme dei segni numerici arabi. Diventerà quindi ‘cifra’ in italiano, ‘chiffre’ in francese, ‘ziffer’ in tedesco.

Dire però che gli arabi avevano solo importato poi introdotto in Occidente la grafia delle cifre è molto riduttivo e sminuisce considerevolmente l’apporto arabo alla civiltà umana, come afferma l’esperto tedesco Sigrid Hunke. Gli arabi infatti oltre ad aver sviluppato la grafia indiana, portando alla formazione dei segni numerici ancora oggi adottati in Occidente, svilupparono molte branche della matematica sconosciute prima di allora. La Trigonometria planare e sferica per esempio fu un’ invenzione araba.  Idem per l’Algebra.

Una marca dell’origine araba dell’Algebra ce l’abbiamo nella stessa X che usiamo per indicare l’incognita nelle equazioni matematiche. Deriva dall’arabo. Sembrerebbe buffo, dal momento che la X non esiste nell’alfabeto arabo. Eppure è vero: gli arabi indicavano l’incognita con il termine "shi’", ossia ‘la cosa’, che abbreviato diventava il suono ‘sh’. Ora, in vecchio spagnolo - e la Spagna rimase per molto tempo sotto il domino arabo - il segno X corrispondeva al suono ‘sc’. Ecco perché oggi apprendiamo a manneggiare la ‘cosa’ araba con il segno X, seguito per ordine alfabetico dall’Y e dallo Z.

Le traduzioni latine delle opere arabe, di cui copie risalenti al XII secolo furono ritrovate in Spagna, e in seguito nella Wiener Hofbibliothek e nel convento di Salem a Heidelberg, in Germania, cominciavano con la citazione ‘Dixit Algoritmi: laudes deo rectori nostri atque defensori dicamus dignas’, che tradotta significa: ‘Così diceva Algoritmi: indirizziamo a Dio nostro Signore e protettore, le lodi che Egli merita.’ Ma chi era Algoritmi? O meglio chi era conosciuto in Occidente sotto il nome deformato di Algoritmi? Non è altro che al-Khoarizmi, nato nel 770 e morto nell’840. In realtà i matematici arabi furono tantissimi e il loro apporto fu considerevole (basta pensare a Al Ghazali, a Al Kindi, o a Ibn Qurrah), ma al-Khoarizmi è universalmente conosciuto come il fondatore dell’Algebra.

Questo scienzato infatti non solo studiò a fondo la numerazione indiana ma la sviluppò nell'intento di dare soluzioni analitiche alle equazioni lineari e quadratiche. Sviluppò inoltre in dettaglio le tavole trigonometriche contenenti le funzioni del seno e il calcolo dei due errori, che lo portò ad enunciare il concetto di differenziazione 700 anni prima della creazione del calcolo differenziale. Al-Khoarizmi ha avuto inoltre l’indiscusso merito di esprimere i rapporti geometrici, prima analizzati dai greci, in cifre e formule matematiche. Ed è proprio dal titolo del suo trattato matematico, ‘al-gabr wa al-muqabilah’ (semplificazione delle equazioni) che deriva il termine moderno ‘Algebra’. Ed è dal suo proprio nome, deformato in latino (Algoritmi), che deriva anche il termine moderno ‘Algoritmo'.

Forse tutte queste cose la Fallaci non le sapeva, o forse le ha volutamente ignorate. Peccato...

Sherif El Sebaie





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