Dalla Rivoluzione alla Disobbedienza

Note critiche sul nuovo anarchismo post-moderno della classe media globale

IV parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Praxis è stato diviso in dodici parti.

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15. Qui Deleuze e Foucault, che pure avevano capito benissimo la dinamica che ho riassunto nel paragrafo precedente, cadono improvvisamente in un errore veramente madornale. La genesi di questo errore, come chiarirò più avanti, è probabilmente la somma di polemica contro il razionalismo cartesiano francese e di abbandono del cattivo marxismo autoritario del comunismo francese dopo il 1945. Ma ciò che conta è ciò che dicono. In altre parole, proprio quando lo stesso capitalismo vuole indebolire l'io individuale per renderlo manipolabile e flessibile, e quindi adatto ad assorbire sempre nuovi consumi e comportamenti, ebbene Deleuze e Foucault propongono una strategia di indebolimento dell'io, convinti di star facendo una cosa molto rivoluzionaria ed anti-autoritaria. Gilles Deleuze (cfr. G. Deleuze - C. Parnet, Conversazioni, Feltrinelli, Milano 1980) si chiede addirittura: "Che cosa vi fa supporre che perdendo le coordinate di soggetto e di oggetto voi venite a mancare di qualcosa?".

Bene, io suppongo proprio questo. Senza un io psicologicamente strutturato, infatti, nessun progetto rivoluzionario è possibile. Ma non è possibile neppure un dialogo politico e filosofico, perché da Socrate in poi il dialogo consiste nel "far passare la ragione" (dia-logos) fra identità strutturate. Ed infatti (op. cit. p. 18) Deleuze afferma che la storia della filosofia è sempre e solo stata "l'agente del potere", e così pure la geometria euclidea (p. 102) in rapporto alla polis greca.

Avete capito? Sicuramente no. Pensate che io stia solo scherzando. Ebbene, lo ripeto: se sparisce l'io soggettivo non si perde niente; la storia della filosofia è un'arma normalizzatrice del potere; la geometria euclidea è una forma di potere politico degli antichi greci.

Ma Deleuze è scusabile. Egli confonde la genesi sociologica di un processo culturale con la sua posteriore validità universalistica. È infatti vero che la geometria pitagorica (non euclidea, please) era una forma di potere delle oligarchie aristocratiche di Elea e di Crotone. Ma è anche vero che, una volta inventata, diventa potenzialmente un bene universalistico per l'intera umanità. Anche ammesso che la pennicillina sia stata scoperta su committenza di un gruppo di vampiri pedofili, una volta scoperta può comunque curarci dalla polmonite.

Mentre Deleuze è scusabile, il Negri che parla di fine della differenza fra esseri umani, animali ed organismi cibernetici (cfr. Impero, Rizzoli, Milano 2002, p. 98) invece no. Si tratta di coglionaggine purissima, che però è anche particolarmente affine alla visione del mondo di una nuova classe media globale che vive nella virtualità, e che ha sostituito l'esperienza materiale, corporea e mentale con una rete di simulazioni. Effettivamente, fare l'amore con una donna, con una cavalla e con un robot non è eguale, se ci si mette da un punto di vista psicologico e corporeo. Ma in sede di simulazione, perché no? Everything goes, tutto va bene.

16. A questo punto il lettore sveglio mi chiederà se c'è stato qualcuno nell'alta cultura internazionale che ha capito che l'indebolimento dell'io non è una forma di resistenza al conformismo capitalistico che vuole dispotismo ed obbedienza, ma al contrario è una strategia proprio della cultura capitalistica per creare un io che faccia da recipiente flessibile al riempimento degli stimoli al consumo capitalistico.

Beh, per esempio io l'ho capito da tempo. Ma siccome non faccio parte dell'alta cultura internazionale, rimando il lettore sveglio al saggista americano Christopher Lasch (cfr. L'io minimo, Feltrinelli, Milano 1985). Lasch mostra di capire tutti i termini teorici essenziali del problema. Precedentemente aveva scritto un libro sul narcisismo ed il tipo umano narcisista, che descrive perfettamente con due decenni di anticipo Nanni Moretti e soprattutto l'adorazione prestatagli dai girotondari rincoglioniti. Il nesso fra narcisismo e fase attuale del capitalismo è descritto con stupefacente realismo, anche se Lasch non si dichiara affatto marxista, ed anzi il mondo radical americano politicamente corretto lo isolò sempre fino alla morte, per il semplice fatto che lo descriveva in modo michelangiolesco.

Ma torniamo all'io minimo. Lasch chiarisce come l'io minimo sia una strategia di difesa dell'individuo di fronte alla banalizzazione del passato e della memoria storica e soprattutto di fronte all'incertezza del futuro. Ma la banalizzazione del passato e l'incertezza del futuro sono proprio due caratteristiche culturali del capitalismo contemporaneo. La sovranità assoluta del consumo banalizza la morte, che diventa solo l'interruzione di ogni possibile consumo, dopo l'ultimo consumo che sono i funerali. Banalizza il passato, che anzi potrebbe scoraggiare la continua obsolescenza dei prodotti da cambiare continuamente. Banalizza il futuro, perché il futuro è solo un contenitore storico vuoto di possibili consumi futuri.

Ha capito Deleuze che l'indebolimento dell'io è una strategia ultracapitalistica, e non un passo verso la libertà? Non credo. Se lo avesse capito, data la statura del personaggio, avrebbe preso delle misure filosofiche. Ci possiamo chiedere se Toni Negri lo capisca. Sicuramente no. Il personaggio è troppo arrogante ed anguillesco per accettare il principio base di ogni etica filosofica.

Ammettere di aver sbagliato.

17. Possiamo ora terminare sul punto del passaggio dalla rivoluzione alla disobbedienza. Il rivoluzionario fa qualcosa di reale, che tocca sia la produzione che la distribuzione sociale. Il disobbediente si muove in un mondo virtuale, e soprattutto contempla narcisisticamente se stesso mentre disobbedisce. Per questo il disobbediente ha l'ossessione dei media e della copertura mediatica. Se i media non mostrassero la sua disobbedienza, essa finirebbe con il non esistere più. Fra reale e virtuale non c'è infatti nessuna differenza.



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