Così il Corsera lincia i musulmani
 




Gian Carlo Mosca.

Questo articolo è tratto dal combattivo periodico telematico "Il Cronista", organo del Movimento Giornalisti Etici e diretto da Gian Carlo Scotuzzi. Si veda anche l'articolo su Dimitri Buffa.






Sul nostro sito ci sono anche altri articoli riguardanti le imprese di Magdi Allam:

Magdi Allam: un perfetto esempio d’integrazione - di Mr Hyde

"Il Pinocchio d'Egitto" - di Valerio Evangelisti

Magdi Allam e il suggeritore inesistente - di Giuseppe D'Avanzo

Come Magdi Allam si inventò "l'arabo pentito" - dal blog di Pfall

Vogliono fare l'Islam religione di Stato! - di Miguel Martinez.

"13 dicembre psicodramma nazionale" - di Miguel Martinez

Come Magdi Allam si inventò "l'arabo pentito"

Per vedere quali possono essere le consequenze della psicosi provocata anche dagli articoli di Magdi Allam, si consiglia un'occhiata alla recensione del libro di Carlo Corbucci sul "Terrorismo islamico in Italia".




Continua l’ignobile e calunniosa campagna della stampa di regime contro le comunità religiose

Così il Corsera lincia i musulmani

I bilanci della moschea di Milano sono pubblici e cristallini.

Eppure un pennivendolo sostiene che essi celano finanziamenti occulti ai terroristi.

Le prove? Non servono: basta ripetere continuamente l’insinuazione e ricorrere ad accostamenti arbitrari tra fatti leciti, evidenti, e fatti illeciti, tutti da dimostrare.

Giorni fa Magdi Allam, giornalista del Corriere della Sera, telefona a Abdelhamid Shaari, presidente dell’Istituto Culturale Islamico di Viale Jenner, a Milano. Sto facendo un’inchiesta sui musulmani in Italia, gli dice, mi concede un’intervista?

Magdi Allam ha una pessima reputazione tra i musulmani italiani, che non hanno apprezzato i suo articoli al veleno contro alcuni imam (cioè i ministri del culto islamico), accusandoli di predicare la guerra santa con la stessa foga utilizzata - il paragone è nostro - dai preti cattolici per predicare l’anticomunismo o l’inosservanza di leggi dello Stato, come quelle sull’aborto. Comunque Abdelhamid Shaari è consapevole che questo è un momentaccio per i musulmani, bersagliati dalla propaganda americana, alla quale fa eco, prona servitrice, tutta la stampa italiana di regime, a cominciare appunto dal quotidiano più diffuso. Così accetta l’intervista e offre al giornalista un pranzo a base di pesce.

Quando Magdi Allam viene al dunque e chiede all’intervistato se gli risulti che la rete di moschee italiane è in qualche modo collusa con Al Qaeda, questi nega: «Non abbiamo niente a che vedere con il terrorismo e siamo rispettosi delle leggi italiane. Per questo stiamo trasformando il nostro Istituto in una onlus (organizzazione non lucrativa di utilità sociale), cioè in un sodalizio obbligato alla massima trasparenza e sottoposto a rigorosi controlli, sia per quanto riguarda i suoi membri, sia per quanto attiene alle sue fonti di finanziamento.»

E, a richiesta del giornalista, Abdelhamid Shaari squaderna i conti della Moschea di Milano. Sono cifre piccine: il totale delle entrate annuali ammonta a 400 mila euro, equivalente al fatturato di un chiosco di patatine fritte e panini alla piastra. Da dove vengono questi 400 mila euro?

  • l’87,5% dalla vendita di alimentari, dalla mensa e dalla libreria all’interno della moschea;

  • il 9,4% viene dalle rette della scuola interna: 400 studenti che sborsano mediamente una retta annuale di 94 euro;

  • il resto viene dall’elemosina del venerdì e dalle donazioni largite in occasione del Ramadan e del pellegrinaggio alla Mecca.
Ed ecco come vengono spesi i 400 mila euro:
  • il 62,2% se ne va nell’acquisto di alimentari, libri e altri prodotti venduti all’interno della moschea;

  • il 13,5% garantisce gli stipendi agli imam e ai 7 dipendenti. Per inciso, calcolando tre imam, viene fuori che a lavorare alla moschea si guadagna 5.400 euro all’anno, cioè 450 euro lordi al mese, cioè - altro nostro raffronto - la ventiduesima parte di quanto guadagna un semplice commesso della Camera dei deputati;

  • un altro 13% è assorbito dalle spese di gestione (acqua, luce, gas, telefono);

  • il resto finisce nella gestione della scuola e in aiuti ai bisognosi. Chiarito ogni aspetto contabile della moschea, Abdelhamid Shaari spiega quindi al giornalista che i sodalizi religiosi musulmani in Italia non sono oggetto di alcuna inchiesta giudiziaria e che non sono mai stati riconosciuti colpevoli di alcun reato. Certo, può essere che il singolo musulmano commetta qualche marachella, ma questo non può coinvolgere l’intera comunità dei suoi correligionari, così come sarebbe assurdo fare un collegamento tra i 45 mila detenuti cattolici italiani e la Chiesa di Roma.
Magdi Allam ringrazia per il pesce, Abdelhamid Shaari ringrazia per l’opportunità di aver potuto dissipare ogni dubbio sulla probità della moschea e dei suoi frequentatori, e i due si congedano da gentiluomini.

Ma il 24 settembre, quando Abdelhamid Shaari compra il Corriere della sera, fa un sobbalzo. Titolo in prima pagina: «I soldi delle moschee per i fanatici di Allah». E all’interno una pagina intera dove Magdi Allam si arrampica invano sui vetri per dimostrare il suo assunto. Innanzitutto argomenta che un bilancio di 400 mila euro è modesto in Italia, ma diventa una cifra colossale nel Terzomondo, dove si campa con niente e dove alligna il preteso terrorismo islamico. E dunque gli spiccioli della mosche di Milano bastano e avanzano per finanziare attentati.

Su cosa si basa questa affermazione di Magdi Allam? Su nulla. Le sue si rivelano pure illazioni. A disdoro dello spazio che il giornale gli concede, il giornalista non riferisce uno straccio di prova, di contestazione, di rinvio a giudizio a sostegno della tesi del titolo: cioè che i soldi delle moschee finanziano i fanatici. A meno di non considerare prove l’intervista a «un giovane maghrebino che chiede l’anonimato» (e che comunque rivela, anche lui, un bel nulla) o affermazioni gratuite del tipo: «è stata accertata la presenza di un sistema finalizzato al finanziamento del terrorismo che ruota attorno a talune moschee d’Italia». Accertata da chi? Quando? Dove? Qual è l’autorità giudiziaria che indaga? Non si sa.

Altro assunto di Magdi Allam: i musulmani di Milano, dunque probabili frequentatori della moschea, falsificano i documenti degli immigrati clandestini al fine di ottenere permessi di soggiorno. Ma, a parte che anche qui si tratta di un’ipotesi tutta da dimostrare; a parte che l’eventuale contraffazione di un documento effettuata da un musulmano non può criminalizzare tutti i musulmani, a cominciare dai responsabili delle moschee; a parte che una buona metà dei cinque milioni d’immigrati extracomunitari presenti in Italia vi sono entrati illegalmente, e dunque si sono procurati o stanno per procurarsi documenti fasulli; a parte, ancora, che la produzione di documenti fasulli è talmente generalizzata da essere diventata fonte d’illecito tornaconto persino per i poliziotti impiegati nella questura di Milano (poliziotti che furono trasferiti, ma che nessuno si sognò di associare al fondamentalismo islamico); a parte tutto questo, la contraffazione di documenti è un conto, il terrorismo è un altro.

La faziosità dell’articolo è compendiata in una tabella, in cui sono elencati «i modi di raccogliere denaro attraverso attività lecite o illecite», dandosi per scontato che la comunità islamica ricorre alle une e alle altre.

All’indomani di questa sedicente inchiesta, Magdi Allam intervista il ministro dell’Interno, Pisanu, e gli chiede: che intende fare a cospetto della congiura islamica? Risposta: non mi risulta ci siano congiure, né mi consta che nelle moschee italiane si violi la legge, in caso contrario le chiuderemmo. Insomma persino il governo di destra è costretto ad ammettere implicitamente che il Corsera ha peccato per eccesso di zelo.

Magdi Allam torna alla carica nell’edizione del 28 settembre. Per sparare altre presunte rivelazioni, anche queste non provate, o sorrette da documenti che le contraddicono. Scrive che i musulmani hanno raccolto 4.500 euro per finanziare un’imprecisata «azione terroristica all’estero»; la prova è data da un paio di intercettazioni telefoniche. Per inciso: perché i carabinieri o la polizia o la magistratura passano sottobanco le intercettazioni al Corriere della sera?

E che dicono i musulmani nelle loro conversazioni telefoniche? Nella prima c’è un tale che racconta di avere ricevuto un prestito da un imam milanese, che con questi soldi si è comprato un furgone da lavoro e che il prestito è stato rimborsato. Cosa ci vede Magdi Allam di eversivo in questo dialogo non si sa.

Seconda intercettazione: due tipi si mettono d’accordo per trasportare merce del peso complessivo di 50 chili. Chissà perché, Magdi Allam deduce che si tratta di una bomba. Ma che ci sta a fare, al Corriere della sera, un direttore responsabile? ©



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NDR.

Abdulhamid Shaari da noi interpellato ha confermato la dinamica dei fatti con una sola precisazione: "Il pranzo l'ha offerto lui, anzi, il Corriere della Sera".

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