La deriva neoconservatrice della destra cattolica

II parte
 

di Luigi Copertino
pubblicato qui marzo 2005



Per agevolare la lettura, questo articolo di Luigi Copertino è stato diviso in cinque parti più l'introduzione di Miguel Martinez.

Alla parte successiva
All'introduzione





Premessa

In God we trust: l’infatuazione americana della destra cattolica italiana ed europea.

Sulla banconota americana da un dollaro compare la scritta: in God we trust (in Dio noi crediamo). Ma, dal momento che tale scritta si accompagna ad una complessa simbologia esoterica mutuata dal culto gnostico e luciferino praticato dagli adepti nelle logge massoniche (3), è doveroso per un cattolico chiedersi a quale “dio” rivolge il suo culto la “religione civile e patriottica” che è fondamento dello “spirito americano”. Una domanda, questa, che molti esponenti della destra cattolica non vogliono assolutamente farsi, per non disturbare lo Zio Sam impegnato a fronteggiare l’islamismo.

Costoro, infatti, preferiscono indulgere nella superficiale lettura del percorso storico, che dalla Cristianità ha portato all’Occidente globale, alla stregua di un processo sostanzialmente unitario, al di là delle fratture intervenute nei secoli passati. Una lettura propria, non da ora, dei cattolici liberali, ai quali si sono accodati, da ultimo, i cattolici tradizionalisti infatuati dall’equivoco pensiero dei cattolici neocon come Michael Novak (già teologo progressista) e paleocon Russell Kirk (che crede di individuare nella Cristianità medievale le radici dell’“ordine americano”).

Destinata, per questo suo cieco e fideistico filo-americanismo, al ruolo dell’utile idiota del potere finanziario transnazionale e multinazionale, certa destra cattolica non coglie, sorvolando ecumenicamente sulla frattura protestante intervenuta all’origine della modernità, il significato storico ed escatologico dell’inquietante passaggio dall’Universalismo cristiano-romano medievale alla globalizzazione dell’Occidente americanocentrico, il cui umanitarismo, “cristomimetico” e pertanto “anticristico”, oggi va sempre più sfaldandosi nel nichilismo post-moderno, che è il suo esito ultimo ed inevitabile.

Un passaggio storico che, come si è detto, è stato reso possibile dalla svolta epocale, tra il XVI ed il XVII secolo, di parte della Cristianità verso l’Occidente protestante. Questo percorso storico, prima di approdare all’egemonia americana impostasi nel secolo scorso, conobbe una fase intermedia nell’“Europa cristiana” dei secoli XVII-XIX, che fu l’epoca delle chiese nazionali, luterana, anglicana, gallicana, e degli Stati nazionali, nella forma delle monarchie assolute e successivamente delle repubbliche giacobine e liberali. Europa cristiana che andò organizzandosi, a partire dalla Pace di Westfalia (1648) nel sistema gius-internazionale dello jus pubblicum europaeum, ossia del diritto interstatuale cristiano eurocentrico.

Certo laicato cattolico di destra - da “Alleanza Cattolica” a “Comunione e Liberazione”, dalla “Tradizione Famiglia Proprietà” al “Centro Culturale Lepanto”, dai cattolici padani alla Borghezio a certe frange del tradizionalismo legittimista che confondono il federalismo transnazionale e reticolare con l’ impossibile restaurazione dei corpi intermedi dell’antica Cristianità - è sempre più assurdamente convinto che gli Usa, con l’avamposto mediorientale di Israele, siano il nuovo impero romano, che la Chiesa dovrebbe battezzare come suo “braccio secolare”.

Gli Stati Uniti sarebbero, in tale prospettiva, il nuovo Cesare provvidenzialmente suscitato da Dio per il trionfo del Cristianesimo nel mondo. Ora, per Divina Rivelazione (Mt. 24, 11-12), sappiamo che la vicenda storica del Cristianesimo è destinata a vedere, con il passare dei secoli, il dilagare del mistero di iniquità ed il raffreddamento dell’amore di molti. La predetta convinzione sul ruolo provvidenziale degli Usa, nutrita dai cattolici convertiti all’ideologia neoconservatrice, è il riproporsi, a destra, della lettura sulle sorti radiosa della Fede cristiana nel mondo moderno, che è stata tipica del progressismo della Nuova Teologia negli anni ’60 e ’70 dello scorso secolo e che riuscì talmente ad influenzare le gerarchie al punto da far denunciare da un Papa, in apertura di un Concilio Ecumenico, i cosiddetti “profeti di sventura”(4) .

Allucinati dal pericolo islamista, che pure esiste, i cattolici neocon, incapaci di fidare più in Dio che negli uomini, non vogliono riconoscere nell’egemonia mondiale degli Stati Uniti d’America il volto di quel “padrone del mondo” così ben descritto da Robert Hugh Benson nel suo omonimo romanzo. Come è stato con ironia sottolineato, il pensiero e soprattutto le risorse finanziarie del neoconservatorismo americano, giungendo fino in Europa, sono riusciti laddove hanno fallito fior fiore di trattati teologici e filosofici: ossia nell’impresa di convertire, con estrema e sospetta rapidità, ampi settori del tradizionalismo cattolico, fino a ieri refrattari a tutto ciò che sapeva di moderno e di liberale e quindi di americano, all’idea che la nuova Cristianità sia l’Occidente egemonizzato dalla superpotenza statunitense e dalle lobby multinazionali e sostenuto dall’asse atlantico della Magna Europa, un asse che avrebbe nel continente europeo la sua Grecia votata alla bellezza e alla storia e negli States la sua Roma vigile sull’ordine e sulla pace del mondo(5) .

E’, questa, la tesi di Robert Kagan, uno dei più perspicaci neoconservatori americani. Tesi, tuttavia, che dimenticando la frattura epocale del XVI secolo, non convince affatto e si rivela soltanto come un utile instrumentum regni dell’egemonia americana. Le tesi neoconservatrici sono riuscite a far breccia in ampi settori del tradizionalismo cattolico in quanto esso, pur esprimendo una innegabile coerenza sul piano teologico e religioso, si trova nell’impossibilità di proporre nel mondo (post)moderno un modello politico attuabile. Pertanto, in base al principio del “male minore” e senza chiedersi se trattasi effettivamente della scelta del male minore, il tradizionalismo cattolico, per poter avere uno spazio politico accessibile, è costretto ad appoggiarsi, facendosene subalterno e strumentale, alle forze liberal-conservatrici e ai poteri economici del capitalismo globale, ieri in funzione anticomunista e oggi, di fronte alla minaccia del fondamentalismo islamista(6), in funzione filo-occidentale. Atteggiamento speculare, questo, a quello del progressismo cattolico che tende, sempre in nome del presunto male minore, a liquefarsi nel solidarismo umanitario facendosi subalterno della sinistra ieri comunista ed oggi libertaria, ecologista e terzomondista. Del trinomio rivoluzionario la destra cattolica sposa la liberté, mentre la sinistra cattolica sposa l’égalité (7) .

Entrambe accettano le categorie politiche proprie all’immanentismo ateo, nate dal dualismo antropologico post-cristiano. La rottura protestante dell’unità cattolica si è manifestata anche mediante il rifiuto della tradizione teologica patristica e scolastica. Tale rifiuto ha significato per il pensiero politico la perdita del presupposto di un’antropologia unitariamente complessa ed aperta verso l’Alto. Con tale perdita compare il dualismo antropologico che è il fondamento delle categorie politiche moderne.

Mentre Francisco de Vitoria poteva affermare sulla base dell’antropologia cattolica che homo hominis homo, volendo con ciò dire che l’uomo vive la propria esistenza e dunque anche la propria politicità, essendo capace del bene come del male, il pensiero protestante-illuminista ha elaborato due speculari antropologie contrapponendo all’homo hominis lupus l’homo hominis deus. Queste contrapposte antropologie sono il presupposto dello schema “destra/sinistra” su cui sono fondate le categorie della politica moderna. Queste categorie, tuttavia, nascondono, dietro l’apparente dualismo, una comune origine filosofica. Entrambe originano, infatti, dall’immanentismo chiuso ad ogni trascendenza.

Questa comune origine fa della “destra” e della “sinistra” le due polarità contrapposte e complementari del pensiero politico moderno. Polarità interdipendenti in questa loro comune origine immanentista e della quale la “destra” ha sviluppato l’antropologia negativa, sulla linea del pessimismo cosmico, e la “sinistra” l’antropologia positiva, sulla linea dell’ottimismo cosmico. La teologia cattolica del politico, invece, presuppone una cosmologia ontologicamente non negativa ed un’antropologia né disperatamente pessimista né ingenuamente ottimista. Nella prospettiva cattolica l’essere creaturale, nella sua dipendenza ontologica da Dio, esprime tutta la propria positività (in Gen. 1, 31, a conclusione della creazione, è detto: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.”), sicché l’uomo, rivestito di Grazia all’atto della sua creazione, è creato in una originaria bontà e perfezione, riverbero dell’Amore di Dio, ma viene ben presto segnato dalla ferita del peccato originale, ossia dalla fallace pretesa di auto-consistenza, che lo rende bisognoso di Redenzione.

La deriva neoconservatrice conduce pertanto la destra cattolica (e la cosa, se può considerarsi come un esito ovvio per il liberalismo cattolico, è invece perlomeno inquietante se non catastrofico per il tradizionalismo cattolico) a ricoprire, nel gioco apparentemente duale dello schema moderno “destra/sinistra”, una posizione di fiancheggiamento del liberismo globale e transnazionale ad egemonia americana. Posizione, questa, speculare e complementare a quella cui è costretto il progressismo cattolico nell’alleanza con la sinistra post-comunista ed anarco-libertaria con la quale esso finisce per condividere, in un generico solidarismo umanitario, il pacifismo no-global che, a dispetto del nome in apparenza anti-global, cela in effetti il sogno di una globalizzazione di segno terzomondista secondo la prospettiva politicamente corretta, e del tutto occidentale, della sinistra euro-americana. Non è, infatti, un caso che, in Europa, sia la destra neoconservatrice sia la sinistra post-comunista siano filoamericane, collegandosi, idealmente, la prima al mondo repubblicano-conservatore e la seconda a quello democratico-liberal statunitense.

La sottovalutazione delle radici protestanti dell’ordine americano espone l’infatuata destra cattolica europea all’accettazione sostanziale dell’antropologia negativa, della sociologia contrattualista e del decisionismo “imperiale” che caratterizzano l’ideologia neocon statunitense, filiazione diretta della linea Lutero-Calvino-Hobbes-Schmitt che è la linea del pessimismo cosmico-antropologico. Linea speculare a quella, dell’ottimismo cosmico-antropologico, Kant-Rousseau-Marx-Popper della quale è erede la sinistra liberal.

Non è un caso se, a proposito delle divergenze europee sulla guerra preventiva americana, i neocon statunitensi abbiano visto in tali divergenze l’espressione di uno scontro in atto tra i seguaci di Hobbes e quelli di Kant, naturalmente prendendo posizione tra i primi. E’ in queste due linee, che nascono certamente in Europa, lungo i secoli del processo di scristianizzazione del vecchio continente, ma come variabili contrapposte e complementari dell’immanentismo ateo del pensiero politico moderno, e non nella patristica, nell’agostinismo o nella scolastica, che l’ordine americano, sia nella declinazione conservatrice che in quella liberal, ha le sue vere radici. Nell’ambito della filosofia giuridica e sociale, l’errore sostanziale dei conservatori che si pretendono “cattolici”, come Russell Kirk e Michael Novak, sta nel non sottolineare la differenza essenziale esistente tra il gius-naturalismo della tradizione teologico-giuridica del Cattolicesimo ed il gius-contrattualismo, o gius-razionalismo, protestante ed illuminista.

Né la distinzione che le intelligenze più accorte dei cattolici (neo)conservatori, come Marco Respinti, divulgatore in Italia delle tesi di Russell Kirk, fanno tra conservatorismo “a cielo chiuso”, dunque a-religioso, e conservatorismo “a cielo aperto”, cattolicamente approcciabile in quanto religioso, impedisce la deviazione in senso contrattualista e liberal-borghese del gius-naturalismo. La mancata demarcazione tra gius-naturalismo e gius-contrattualismo tradisce la convinzione di una presunta continuità storica che non rende conto del processo di immanentizzazione avviatosi con lo scisma luterano-calvinista-anglicano, e del quale l’ordine globale americano, compiuto totalitarismo della dissoluzione, è l’esito politico ultimo. Questo errore si riflette nel tentativo di intellettuali catto-destri, come Marco Respinti, Gianni Baget Bozzo e Antonio Socci (8) , di distinguere tra la Rivoluzione Americana, di presunta matrice cristiana perché rispettosa del “diritto naturale”, e la Rivoluzione Francese anticristiana nel suo giacobinismo totalitario e liberticida.

Tesi, questa, già avanzata a suo tempo dal latifondista controrivoluzionario anglicano Edmund Burke che ha tentato di distinguere tra la Rivoluzione Inglese, fatta in nome delle “libertà naturali” dell’individuo, e la Rivoluzione Francese illiberale (9) . Distinzioni che certamente non erano tra le motivazioni spirituali e sociali presenti, all’insegna dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, agli insorgenti cattolici antigiacobini in Vandea, in Italia, in Spagna.

In realtà dietro queste, traballanti, distinzioni si palesa nient’altro che il tentativo di conciliare il Cattolicesimo con l’anima “conservatrice” della (post)modernità incentrata sull’Occidente americanocentrico. Tentativo speculare a quello della sinistra cattolica di conciliare il Cattolicesimo con il solidarismo umanitario, il terzomondismo rivoluzionario, la teologia della liberazione, il giacobinismo della massoneria di sinistra, il pacifismo condito in salsa ecologica e panteista.

Associazioni della destra cattolica come “Alleanza Cattolica”, il “Centro Culturale Lepanto” e la “Tfp” (Tradizione Famiglia Proprietà), si dichiarano propagatrici di un “conservatorismo tradizionalista” che consiste in un miscuglio di legittimismo assolutista, simpatia per il protestantesimo fondamentalista anticomunista, assolutizzazione sacralizzante anticaritativa ed antisociale della proprietà privata (specie se latifondiaria), moderatismo liberal-conservatore, massoneria di destra.

Dagli scritti degli esponenti più rappresentativi di tali associazioni si ha la triste impressione che il continuo invocare la legge morale naturale, l’essenza della quale è invece innanzitutto quel che i giuristi medioevali chiamavano aequitas e nella quale essi vedevano il riverbero di una più alta Giustizia radicata nella Misericordia Divina, sia in realtà funzionale al moralismo perbenistico-borghese ed alla copertura di chiari interessi sociali. In questo, gli intellettuali della destra cattolica neoconservatrice italiana si ricollegano con le posizioni pro-life e sessuofobiche del fondamentalismo evangelico protestante americano, ben radicate nelle radici puritane degli Stati Uniti.

Ma queste posizioni, essendo strumentali al rigorismo calvinista ed alla difesa degli interessi economici del ricco ceto “W(hite) A(nglo) S(axon) P(rotestant)”, nulla hanno da spartire con la dottrina cattolica del diritto naturale la quale è, senza dubbio, condanna del relativismo etico e difesa della vita e della famiglia, ma è innanzitutto affermazione di un fondamento pre-giuridico, su cui modellare lo status giuridico, della dignità umana in tutta la complessità del suo essere, non solo quello del nascituro ma anche, contestualmente, quello dell’uomo che vive nella sua naturale dimensione sociale, sempre più negata dalle politiche liberiste.

Quanto di più lontano, ad esempio, dal pensiero di Michael Novak che, credendo di individuare nella valutazione cattolica delle “opere” contro la luterana sola fides la molla dello spirito capitalista, invita i giovani cattolici americani a gettarsi nell’agone economico imprenditoriale ed affarista allo scopo di “realizzare il Regno di Dio sulla terra”, senza però spiegare ad essi che le “opere” cui faceva riferimento il Concilio Tridentino sono le opere di carità, segno della trasformazione interiore, negata da Lutero, del cuore umano, per effetto della grazia, e senza riuscire a confutare convincentemente Max Weber che, al contrario, la molla del capitalismo vedeva piuttosto nell’oscuro ascetismo intra-mondano del calvinismo, rendendo così chiara la ragione storica per la quale il capitalismo più crudo e spietato abbia messo radici nei paesi protestanti, mentre in quelli cattolici il capitalismo è sempre rimasto condizionato da istanze sociali imposte dal primato, di diritto naturale, del Bene Comune.

Quel che è sinceramente insopportabile nella destra cattolica neoconservatrice è tutto quello sciacquarsi la bocca, sull’onda del fondamentalismo protestante statunitense, con i “valori morali” e i “valori familiari” puntualmente dimenticati tra le sudate lenzuola adulterine nelle quali si agitano managers, politici e telepredicatori euro-americani. La destra cattolica neoconservatrice perverte la dottrina morale cattolica ed il concetto stesso di “diritto naturale”, inteso secondo l’insegnamento millenario della Chiesa, per giustificare il più cinico, spietato e disumano liberismo e per coprire gli interessi economici globali e transnazionali più impresentabili.

La situazione di un Cattolicesimo prigioniero del dualismo conservazione/rivoluzione, destra/sinistra, per cui i cattolici anti-abortisti fanno scelte neoconservatrici ed i cattolici sociali fanno scelte progressiste, è stata ben descritta da Mary Ann Glendon, membro del Pontificio Consiglio per i laici e professore di diritto all’Università di Harvard, secondo la quale: “…negli Stati Uniti, esiste una divisione fra i cattolici che si riconoscono negli insegnamenti morali della Chiesa, ma hanno problemi ad accettare la dottrina sociale, e quelli che invece si trovano a loro agio con la seconda, e hanno difficoltà con i primi…. I repubblicani infatti difendono la vita, ma sono troppo indifferenti alle necessità sociali …, mentre i democratici si impegnano a favore dei più deboli, ma poi dimenticano gli insegnamenti della religione quando si tratta di aiutare la famiglia o di contrastare la cultura della morte. Questa situazione lascia tutti i cattolici seri insoddisfatti, e temo che si ripeta anche altrove”(10) .

NOTE


3) Cfr. A. Di Nicola, La simbologia del dollaro, Marino Solfanelli Editore, Chieti 1977.

4) Ci riferiamo a Giovanni XXIII ed al suo discorso di apertura del Concilio Vaticano II. Un discorso che sembra gli sia stato preparato e propinato dai consulenti progressisti dei vescovi dell’area anglo-franco-olandese-tedesca dell’episcopato intervenuto al Concilio.

5) Cfr. F. Cardini, prefazione a Philip Jenkins, La Terza Chiesa. Il cristianesimo nel XXI secolo”, Fazi Editore, Roma 2004.

6) Minaccia islamista che, ripetiamo, non intendiamo affatto negare e che tuttavia non può essere motivo o occasione per un’equivoca operazione tendente ad agganciare la Chiesa cattolica al carro dell’Occidente americanocentrico. Giovanni Paolo II, rifiutando di appoggiare moralmente le pretese unilateraliste di Bush nonostante gli sforzi di un neoconservatore cattolico come Michael Novak precipitatosi a Roma su ordine del suo Presidente, ha provvidenzialmente saputo rimarcare che la Chiesa non è disponibile a piegare il Depositum Fidei a strumento di giustificazione teologica della politica di chicchessia e neanche di quella americana. Del resto ad analogo ricatto seppe opporsi già Pio XII che pur di fronte alla minaccia del comunismo rifiutò, negli anni della guerra fredda, le sollecitazioni di Truman affinché il Papa si ergesse a “Guida spirituale del Mondo Libero” ed affinché la Chiesa appoggiasse una sorta di “crociata anticomunista”. Papa Pacelli nel suo radiomessaggio del 1951 spiegò chiaramente perché le pretese di Truman erano inaccettabili e perché il cosiddetto “mondo libero” non era, e non è, amico della Chiesa cattolica, affermando quasi ex cathedra:

“Ora quelli che a torto considerano la Chiesa quasi come una qualsiasi potenza terrena, come una sorta d’Impero mondiale, sono facilmente indotti ad esigere anche da essa, come dagli altri, la rinunzia alla neutralità, la opzione definitiva in favore dell’una o dell’altra parte. Tuttavia non può per la Chiesa trattarsi di rinunziare ad una neutralità politica per la semplice ragione che essa non può mettersi al servizio di interessi puramente politici. (…)

Il divin Redentore ha fondato la Chiesa al fine di comunicare mediante lei all’umanità la sua verità e la sua grazia sino alla fine dei tempi. La Chiesa è il suo corpo mistico. Essa è tutta di Cristo. Cristo poi è di Dio (cfr. 1 Corinzi 3,23). (…)Uomini politici e talvolta perfino uomini di Chiesa, che intendessero fare della Sposa di Cristo la loro alleata o lo strumento delle loro combinazioni politiche, nazionali o internazionali, lederebbero l’essenza stessa della Chiesa, arrecherebbero danno alla vita propria di lei; in una parola, l’abbasserebbero al medesimo piano, in cui si dibattono i conflitti d’interesse temporali. E ciò è e rimane vero anche se avviene per fini ed interessi in sé legittimi. (…).

Coloro … che …attendono oggi il loro unico nutrimento spirituale quotidiano, sempre meno da loro stessi, - vale a dire dalle loro proprie convinzioni e conoscenze - e sempre più, già preparato, dalla stampa, dalla radio, dal cinema, dalla televisione, come potrebbero concepire la vera libertà, come potrebbero stimarla e desiderarla, se non ha più posto nella loro vita? Essi cioè non sono più che semplici ruote nei diversi organismi sociali; non più uomini liberi, capaci di assumere e di accettare una parte di responsabilità nelle cose pubbliche (…) Questa è la condizione dolorosa, la quale inceppa anche la Chiesa nei suoi sforzi di pacificazione, nei suoi richiami alla consapevolezza della vera libertà umana (…).

Invano essa moltiplicherebbe i suoi inviti a uomini privi di quella consapevolezza, ed anche più inutilmente li rivolgerebbe ad una società ridotta a puro automatismo. Tale è la pur troppo diffusa debolezza di un mondo che ama chiamarsi con enfasi il mondo libero. Esso si illude e non conosce se stesso: nella vera libertà non risiede la sua forza. E’ un nuovo pericolo, che minaccia la pace e che occorre denunziare alla luce dell’ordine sociale cristiano. Di là deriva altresì in non pochi uomini autorevoli del cosiddetto mondo libero una avversione contro la Chiesa, contro questa ammonitrice importuna di qualche cosa che non si ha, ma si pretende di avere…”.

In proposito, si veda quanto scrivono Matteo Napoletano e Andrea Tornelli in Il Papa che salvò gli ebrei, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2004, pp. 173 – 183.

7) La fraternité è infine appannaggio di quei fratelli che, nelle logge e nei salotti elitari, ispirano e manovrano i due errori contrapposti…

8) Sia comunque ben chiaro che, da parte nostra, ci dichiariamo perfettamente concordi con costoro quando fanno una seria apologetica, storica e teologica, della Fede. Tuttavia sentiamo l’inderogabile dovere di rimproverare loro la difesa cieca che essi fanno dell’Occidente attuale, incoerentemente lamentando poi il laicismo di cui è permeato. In altre parole, costoro riducono il Cattolicesimo al ruolo di puntello teologico-morale dell’ideologia liberista neoconservatrice e la Chiesa a strumento dell’Amministrazione americana del protestante fondamentalista G.W. Bush. Costoro, ai quali calzano perfettamente i rimproveri papali del radiomessaggio del 1951, non sfuggirebbero, oggi, al severo richiamo di un redivivo Pio XII.

9) Cfr. E. Burke, Riflessioni sulla Rivoluzione francese, Ciarrapico Editore, Roma 1984. L’inconsistenza di ogni lettura continuista delle radici dell’ordine americano nella Cristianità europea appare chiara nella stessa riflessione dell’intellighenzia americana sostenitrice di una presunta continuità storica. La Columbia University, nell’ambito di una strategia culturale strumentale all’egemonia politico-economica americana, ha da tempo istituito cattedre di “western civilization” presso le quali si insegna che la storia dell’Occidente sarebbe un continuo work in progress a partire dalla Grecia antica fino alla nascita e sviluppo degli Stati Uniti d’America, passando per il Rinascimento italiano ed il protestantesimo: in tale sequenza è esplicitamente accantonata, secondo uno schema vetero-illuminista, l’età di mezzo, condizionata dall’egemonia della Chiesa Cattolica, che, pertanto, rappresenterebbe l’unico vero momento di pericolosa involuzione che l’Occidente abbia vissuto e dal quale Lutero ci avrebbe salvati.



Alla parte successiva




Gli articoli apparsi originariamente su questo sito possono essere riprodotti liberamente,
sia in formato elettronico che su carta, a condizione che
non si cambi nulla, che si specifichi la fonte - il sito web Kelebek http://www.kelebekler.com -
e che si pubblichi anche questa precisazione
Per gli articoli ripresi da altre fonti, si consultino i rispettivi siti o autori




e-mail


Visitate anche il blog di Kelebek

Home | Il curatore del sito | Oriente, occidente, scontro di civiltà | Le "sette" e i think tank della destra in Italia | La cacciata dei Rom o "zingari" dal Kosovo | Il Prodotto Oriana Fallaci | Antologia sui neoconservatori | Testi di Costanzo Preve | Motore di ricerca