I codici del Corano
Un viaggio tra complotti, angosce e anime morte




di Miguel Martínez   

È tempo di libri e di codici.

In libreria fanno bella mostra di sé il Codice Genesi, il Codice da Vinci e il Codice del quattro. Nella bizzarra circolarità delle merci, c'è anche il Codice segreto della croce, con tanto di fascetta in cui l'autore si vanta di aver scritto il libro che ha ispirato il Codice da Vinci.

Nessuno di questi libri, o i loro codici, sembra far paura.

A differenza di altri libri e codici. Parliamo infatti di due libri, inviati in omaggio alle biblioteche della provincia di Bergamo, come ci informa l'Eco di Bergamo del 25.09.04:

"il Corano, con i versetti in arabo e relativa traduzione in perfetto italiano, e "La retta via", il volume sulla "Tradizione del profeta Mohammed (Maometto) e la sua immacolata famiglia" hanno invaso Bergamo e provincia. Le pubblicazioni […] sono state inviate in questi giorni a biblioteche della provincia e in città alla "Tiraboschi"."
Il mittente è un noto centro religioso iraniano che copia le tecniche degli evangelici che da sempre inviano in giro per il mondo la buona novella. Imitazione artigianale delle grandi parachiese come i Gideons (chiamati così in onore del grintoso guerriero Gedeone, che secondo il libro dei Giudici aveva ben settanta figli dalle sue "numerose" mogli). I Gideons si vantano di distribuire ogni anni ben 56 milioni di bibbie nelle carceri, nelle caserme, negli ospedali, ma anche negli alberghi, per raggiungere chi come noi non è ancora stato istituzionalizzato.

Con il caratteristico amore americano per le statistiche, il sito dei Gideons precisa che distribuiscono "un milione di libri ogni sette giorni, pari a 107 al minuto".

Una leggenda metropolitana ci assicura che i Gideons nascondano denaro nelle loro bibbie, per premiare chi, invece di guardare la televisione, preferisce leggersi le avventure del re Salomone.

Ma che ci fa un beduino in biblioteca?

Ma a Bergamo, evidentemente, non apprezzano gli imitatori, specie se del Terzo Mondo. È sempre l'Eco di Bergamo a farci sapere che

"sull'accaduto ora le forze dell'ordine stanno facendo accertamenti, mentre i bibliotecari si stanno chiedendo: cosa facciamo, cataloghiamo i volumi e li mettiamo a disposizione degli utenti, o li teniamo nel cassetto in attesa di vederci più chiaro?"
Infatti, spiegano:
"sembra singolare che dall'Iran un centro di studi religiosi si faccia carico di prendere un elenco di biblioteche in Italia e di spedire copie del Corano e volumi sulla tradizione islamica con tanta precisione e dovizia."
Infatti, come può un beduino (categoria che comprende qualunque cosa a est di Trieste e a ovest della Cina) avere accesso, ad esempio, al sito paginebianche, oppure al sito del servizio bibliotecario nazionale? Gatta, o quinta colonna islamonazicomunista, ci cova.
"Gli accertamenti sono affidati alla Digos della questura di Bergamo. Che, a sua volta, non si sbilancia. Pur sottolineando che allo stato attuale dell'inchiesta, comunque, non ci sarebbero elementi tali da far ipotizzare collegamenti con formazioni terroristiche o radicali islamiche in Italia. Tutto, infatti, sembra essere regolare: le spedizioni non sono anonime, ma il mittente si qualifica chiaramente; accertamenti fatti dalla Digos al ministero degli Esteri e alle rappresentanze diplomatiche iraniane confermano che il centro di studi religiosi che ha spedito i volumi è tra i più accreditati nel mondo islamico e soprattutto mai sospettato di avere contatti con il fondamentalismo; la presenza dell'Isbn attesta la regolarità della pubblicazione; la traduzione fatta dall'interprete arabo in questura a Bergamo non avrebbe svelato alcun "messaggio in codice". […] Le indagini, comunque, continuano: se emergerà qualche dato sospetto, allora potremo fornire indicazioni ai bibliotecari."
Io resto decisamente colpito dal pensiero dello sconosciuto interprete che traduce l'intero Corano in italiano per vedere se contiene "messaggi in codice", gareggiando così con i più famosi Bausani e Peirone.

Ovviamente i codici, anche biblici, possono esistere. Ad esempio, questa immagine proprio di Gedeone potrebbe essere letta come un'istigazione a una sorta di jihad protoisraelita:



gedeone in guerra


La lingua terrorista dei beduini

Ma alcuni sospettano che sia l'intera lingua araba a costituire un codice terroristico. A farcelo sapere è La Stampa del 22 settembre, con un articolo intitolato "Per battere il terrorismo semplifichiamo la grammatica araba". È significativo quel pronome di prima persona: "noi" - gli Occidentali di Oriana Fallaci, per intenderci, non solo abbiamo diritto di vita e di morte sugli altri, abbiamo persino il diritto di controllare la loro grammatica.

L'autore è un certo Ibrahim Refat, che dal nome non dovrebbe appartenere alla "civiltà superiore", ma essere uno di quei "figli di Allah" che, a dire appunto di Oriana Fallaci, si "moltiplicano come topi". Proprio perché è costretto a vivere in un clima del genere, ha tutto il mio rispetto sul piano umano. Meno sul piano intellettuale, anche se in realtà, il povero autore non parla di una grammatica terrorista, che evidentemente rispecchia solo le follie della redazioni.

Ibrahim Refat se la prende con un certo "Siabawia" o "Saibawia" - la grafia oscilla - che avrebbe "codificato le regole grammaticali e sintattiche dell'arabo classico", che non sarebbero mai cambiate dai tempi della stesura del Corano. Gli arabi parlano normalmente solo i propri dialetti, perché

"è l'unica lingua al mondo che conserva tuttora il duale. Il significato della parola deriva dall'accento posto su essa e non dalla sua posizione all'interno della frase. In Arabo poi ci sono soltanto tre vocali e l'accento è fondamentale per determinare il significato di un vocabolo. Esistono poi molte eccezioni rispetto alla regola senza tenere conto della pronuncia. Ecco il perché la massa rifugge dalla lingua colta optando per il dialetto."
Ora, è vero che l'arabo classico è una lingua scritta più che parlata, come d'altronde l'italiano nemmeno tanti decenni fa. Per il resto, pur essendomi laureato in lingua araba, trovo del tutto incomprensibile il discorso di Ibrahim Refat. Per fortuna, mi conforta nei miei dubbi Michele Vallaro,professore di arabo all'università di Torino, in una lettera alla Stampa, che dice che "l'articolo è una tal concentrazione di enormità che non posso non disturbarLa con alcune puntualizzazioni."

Vallaro ci chiarisce che il nome dell'antico autore è Sibawayhi, il quale non stabilì le regole grammaticali dell'arabo; però; che la struttura dell'arabo è cambiata nei secoli (aggiungo io, soprattutto nella sintassi, che deve molto alle lingue europee); che l'arabo classico comunque unisce gli arabi dall'Iraq al Marocco.

Nemmeno Vallaro riesce a capire quello che Ibrahim Refat intende dire quando parla di "accenti", e ci ricorda che un paese che confina con l'Italia, la Slovenia, ha conservato anch'esso il duale senza per questo trasformarsi in un paese di "cavernicoli" (e senza danno per il suo discreto tasso alcolico).

Che male farebbero poi le tre vocali?

Agli oranghi piacciono more

Ma forse i codici coranici celano un altro complotto. Secondo un articolo su Die Welt ("Der Koran erklärt die Bibel auf Arabisch", 29.09.2004), un certo Christoph Luxenberg (in realtà uno pseudonimo) - al contrario di Ibrahim Refat - sostiene che la grammatica araba del Corano è troppo perfetta per essere opera di rozzi analfabeti.

Potremmo obiettare che la complessità della grammatica araba non è nulla rispetto a quella di certe lingue dei nativi americani, mentre la civilissima Cina fa praticamente a meno dello stesso concetto di grammatica, ma glissiamo. Diciamo che Luxenberg si pone lo stesso problema della nostra DIGOS, che non riesce a capire come un iraniano possa trovare l'indirizzo di una biblioteca. Luxenberg ci presenta il paradosso ultimo del razzismo: almeno stando all'intervista su Die Welt, egli si chiede: come può un mero arabo parlare l'arabo?

Il Corano, a suo dire, sarebbe quindi opera di ebrei o di cristiani che pensavano in aramaico.

Sempre dopo aver messo in rete questo articolo, ho ricevuto un'interessante precisazione.
Luxenberg non parla di ebrei, ma sostiene che il Corano sarebbe una raccolta di "vangeli", anche apocrifi, diffusi tra i cristiani siriani, e che le differenze tra musulmani e cristiani sarebbero dovute in gran parte all'incomprensione del testo coranico da parte dei successivi dotti arabi.

Luxenberg è una persona colta, e l'intervista su Die Welt certamente tira fuori il peggio di lui. Ma è proprio quel peggio che ci interessa: lo sfruttamento mediatico nel contesto dell'invenzione dello scontro di civiltà.

L'estremismo sionista ha sfruttato fino all'osso una teoria di Luxenberg. Secondo lui, il termine hûr, che ricorre nel Corano in relazione al paradiso, non si riferirebbe alle affascinanti presenze femminili ai noi note come urì, ma all'uva.

Una teoria filologica astrusa, ma immagino legittima.

Solo che questa teoria si innesta perfettamente nella fragile ma fantastica base erotica del cosiddetto "scontro di civiltà". Si tratta di un tema che è stato trattato su questo sito da Stan Goff, quando racconta la storia di Jessica Lynch, soldatessa americana e prigioniera degli iracheni; da Lia di Haramlik in un articolo sul "velo islamico" e e da me, in un articolo sugli orrori di Abu Ghraib.

Cerchiamo di capire meglio. In fondo agli angoli oscuri della coscienza dei dominatori si annida sempre una domanda confusa: ma perché questi qui ci resistono? Centosettant'anni di guerre imperiali - da quando la Francia invase l'Algeria perché il governatore locale si era permesso di dare un colpo di scacciamosche in faccia a un trafficante francese che lo voleva truffare - , di stragi, di bombardamenti, di corruzione, di saccheggio… eppure gli "arabi" continuano a combattere. Ci vorrebbe un coraggio che pochi hanno per dire l'ovvio: ci resistono perché noi li attacchiamo.

"Vedo un orizzonte illuminato di sangue,
e molte notti senza stelle.
Una generazione viene e un'altra va
e il fuoco arde ancora." [1]
No, ci vuole decisamente un'altra spiegazione. Una variante qualunque di quella con cui Thomas Jefferson giustificava, nelle Notes on Virginia, la schiavitù:
"I maschi negri sono attratti dai capelli fluenti, dall'elegante simmetria del corpo delle donne bianche, allo stesso modo in cui gli orangutan preferiscono le donne negre alle femmine della loro specie, oltre al fatto che i negri hanno organi genitali molto più grossi e di fattura diversa dai nostri…"

orang outan

il libidinoso orango pensa a Naomi Campbell

La stessa spiegazione fondamentale con cui Vittorio Feltri, editore del quotidiano Libero, si è chiesto, in riferimento al sequestro di Simona Pari e Simona Torretta: "Ora vedremo cosa faranno dei beduini arrapati al cospetto di due belle italiane". Queste fantasie vivono in una dimensione tutta loro, in cui i fatti contano poco: i negri vivevano in Africa, gli orangutan (a differenza dei bonobo) all'altro capo del mondo, nel Borneo. Feltri non poteva concepire il trattamento rispettosissimo che le volontarie italiane hanno ricevuto alle mani dei loro imbarazzati sequestratori iracheni.

L'unica persona che ha messo le mani addosso alle due "belle italiane" è stata invece il commissario straordinario per la Croce Rossa ed ex-candidato di Forza Italia, Maurizio Scelli, come ci rivela una foto che probabilmente avrebbe scandalizzato i rapitori:



maurizio scelli


Fantasie verginali, fantasie omicide

Ma se i beduini arrapati non stuprano le nostre donne, quello che fanno deve essere comunque fatto per ottenere soddisfazioni sessuali. Ed ecco che le splendide metafore del giardino di cui parla il Corano, "sotto cui scorre un fiume", con le sue misteriose huri, si trasformano nella spiegazione unica della resistenza islamica.

I forum di destra sono pieni di testi di indicibile volgarità sulle "settantadue vergini" che terroristi libidinosi spererebbero di possedere; testi che la dicono lunga sulle paure e sulle viscere astiose e ribollenti della piccola umanità sanguinaria, dei nostri vicini di casa.

Un'amica iscritta alla mailing list dei lettori del Giornale mi gira un messaggio emblematico. La netiquette suggerisce di non pubblicare mail tratte da altre liste, né tantomeno pubblicare il nome dell'autore. Una superiore decenza suggerisce invece di denunciare i mostri con nome e cognome. L'autore si firma Mario Calcagni, e scrive tra l'altro:

"LA MIGLIORE RISPOSTA DI ISRAELE ALLA NAZI-COMUNISTA RACCOLTA DI FALSITA' DI RAI 3 ( TELE-TALEBANI ) E DELL' ANTISEMITISMO EUROPEO ( PRIMO FRA TUTTI QUELLO DELLA FRANCIA DOVE I MUSULMANI LA FANNO DA PADRONI ) E' QUELLO DI CONTINUARE A MANDARE AL MALEDETTO ALLAH I MAIALI TERRORISTI MUSULMANI CON UN BEL RAZZO NEL CULO.

PENSA CHE RABBIA E DISPIACERE PER I BASTARDI SINISTRONZI DI CASA NOSTRA VEDER SALTARE IN ARIA I LORO CARI AMICHETTI.

PURTROPPO GLI ISRAELIANI HANNO SOLO UNA POLITICA DI REAZIONE E MAI DI PREVENZIONE. DEVONO CONTINUARE ANCHE QUANDO I PORCI TERRORISTI NON RIESCONO A FAR ESPLODERE I LORO MENTECATTI CHE SOGNANO DI TROMBARE QUALCHE VERGINE NEL PARADISO DI ALLAH."

Ecco che la presunta scoperta di Luxenberg - oscuro studioso tedesco di oscuri testi aramaici - ricompare miracolosamente in luoghi di abissale ignoranza e odio, come ad esempio la rivista dell'ala più americanista di Comunione e Liberazione, Tempi, dove un certo Maurizio Stefanini (Tempi, n. 22, 2002) conclude:

"Vogliamo dunque dare la traduzione vera del testo che avrebbe fatto da fonte al Corano? "Berranno spremute di uva sempre fresche, dal colore di perla, in un 'atmosfera di delizia e beatitudine". Tanto sangue, insomma, solo per un drink."

La casta suora seduce il Profeta

Ma l'oscuro Luxenberg può servire a qualunque cosa. Può rallegrare i cuori, ad esempio, di alcuni giudeofobi (o se preferite "antisemiti") vecchio stile, che ricordano ancora vecchi rancori verso gli ebrei, ma che odiano fallacianamente anche i nuovi stranieri. Ecco che secondo National Journal,

"È probabile che a suo tempo i capi degli ebrei vollero crearsi una religione sostitutiva come aiuto per ottenere il dominio del mondo".
È una vecchia teoria, che troviamo accennata nei testi di qualche orientalista cattolico della vecchia scuola, ma ripresa anche in chiave polemica da un cristiano arabo, che si firma "Hanna Zakarias", autore nel 1956 dei due grossi volume, L'Islam, une entreprise juive de Moise a Mohammed, dove ci narra la conversione di Muhammad al giudaismo e i suoi anni di studio sotto il presunto "rabbino della Mecca".

Ma se la madre di tutti i complotti fosse ancora un'altra?

Chick, il geniale disegnatore i cui fumetti vengono diffusi dai predicatori evangelici in tutto il pianeta, sostiene che il cardinale Bea avrebbe raccontato a un presunto padre gesuita, Alberto Rivera, un'altra storia: quella della bella Khadija, suora cattolica, che ebbe dal malvagio Vaticano l'ordine di sedurre Muhammad.

khadija e il vaticano

Il Vaticano ordina a Khadija di sedurre Maometto. Si noti la precisione politically correct - Satana è nemico dei poveri musulmani ingannati


Il Vaticano, covo dei diabolici adoratori di Maria, "odiava gli ebrei" e voleva "costituire un esercito arabo in grado di distruggere i [veri] cristiani e gli ebrei e catturare Gerusalemme". Immaginiamo che il nostro evangelico statunitense ritenga che Gerusalemme fosse allora in mano agli ebrei… La diabolica suora avrebbe persuaso Muhammad a onorare la Vergine Maria, come in effetti fa il Corano; e la "macchina militare" di Muhammad avrebbe conquistato il Medio Oriente con i soldi dei papi Bonifacio V e Onorio I, i quali avrebbero perfino concesso bolle papali agli eserciti islamici.

La sabbia e la dama morta

Confesso che mi piacciono queste fantasie, dove urgenti bisogni del presente inventano mondi romanzeschi. Mondi a loro modo grandi e originali.

Ma non dobbiamo dimenticare che queste storie oniriche sono inscindibili dalla violenza imperiale.

Alla fine delle fantasie su donne bianche stuprate e di suore seduttrici, rimangono solo le distese dei cadaveri. Cadaveri che sono soprattutto numeri. Grandi numeri, eppure numeri vaghissimi.

Non solo sono numerosi come la sabbia. Sono sabbia essi stessi, cadaveri che si decompongono nel deserto, granelli che quando il vento soffia forte entrano per un istante negli occhi degli occupanti.

"quella polvere nera che schiaccia col piede ogni rozzo ignorante
È palma di mano vezzosa, è volto dolce d'Amica"
[2]

Raramente i cadaveri hanno un volto. Ma quando lo hanno, può essere il volto terribile, eppure bellissimo, di questa donna irachena, assassinata dagli invasori.

Una dama delle risaie, la nostra huri dai neri occhi, oppure il volto delle nostre stesse anime morte.



donna irachena uccisa dagli americani

Dal sito di Padre Benjamin




[1] Il poeta iracheno al-Jawahiri racconta così la rivolta del 1948 contro gli occupanti inglesi. Suo fratello morì durante la rivolta. Citato in Tariq Ali, Bush in Babilonia. La ricolonizzazione dell'Iraq, Roma, Fazi Editore, 2004.

[2] Dalle quartine di Omar Khayyâm, traduzione di Alessandro Bausani, Einaudi, 1956.





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