Note critiche sul bordighismo

Contributi per una discussione da proseguire

III parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Praxis è stato diviso in nove parti.

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Alla prima parte




5. Amadeo Bordiga (1889-1970), ingegnere napoletano, primo segretario del Partito Comunista d'Italia nel 1921, poi sostituito da Antonio Gramsci a partire dal 1924, ritiratosi a vita privata ai tempi del fascismo dopo il 1929, ed infine dopo il 1943 fondatore e capo carismatico del cosiddetto "bordighismo" (dai bordighisti ovviamente mai definito così), attivo fino alla morte avvenuta nel 1970, è stato un uomo di grande valore, di alta moralità, di convinzioni salde. Dico questo del tutto indipendentemente dall'accordo con quanto ha sostenuto, accordo che nel mio caso è pressoché inesistente. Ma il giudizio morale ed intellettuale su di una personalità non deve mai basarsi, a mio avviso, sull'accordo o il disaccordo teorico, ma deve fondarsi su altri parametri, che sono poi sostanzialmente due: il rigore morale e l'originalità intellettuale. E qui Bordiga vola sopra le nostre teste. Confrontiamolo soltanto con il pulcino d'allevamento togliattiano Massimo D'Alema, che ancora giovanissimo espelle nel 1969 per semplici ragioni d'opinione il gruppo de Il Manifesto e nel 1999, dopo trent'anni malvissuti, bombarda con uranio impoverito la vicina Jugoslavia sulla base dell'invenzione (smentita in tutti i modi dagli osservatori dell'OCSE presenti in forze in Kosovo) di un presunto ed inesistente "genocidio" e di una presunta ed inesistente "espulsione etnica". Abissi di moralità separano questi tipi umani. So bene che oggi è troppo presto perché questo venga riconosciuto, ma in generale in queste cose il tempo è galantuomo, il polverone mediatico prima o poi si deposita, i sicofanti mentitori prima o poi si strozzano con il denaro ingurgitato, e la prospettiva storica fa vedere meglio le cose.

Quando scoppia la guerra del 1914 i confusionari dell'epoca, cioè i cosiddetti "interventisti democratici" (nonni parzialmente giustificati, ma egualmente idioti, dei loro nipotini "bombardatori umanitari") gridano per la guerra all'Austria come coronamento del Risorgimento, ignari della differenza storica fra guerre di liberazione nazionale e guerre imperialistiche per la spartizione dei mercati. Persino Antonio Gramsci "sbanda" per qualche mese, anche perché il repentino voltafaccia del socialista Benito Mussolini, pur consumatosi in pochi mesi con barcate di franchi francesi coadiuvanti, non è affatto un fulmine a ciel sereno, ma viene da una tradizionale ignoranza italiana sui problemi internazionali. Ma Bordiga non ci casca neppure per un minuto. È da subito contro la guerra, e da subito auspica il vero e proprio boicottaggio della guerra stessa. È passato quasi un secolo, ma fa ancora piacere vedere un uomo intelligente che ha capito come gira il mondo in mezzo a masse di idioti e di confusionari "di sinistra".

Dal 1917 al 1921 si apre la corsa per fondare il partito comunista, nel caso non si possano trasformare semplicemente i socialisti in comunisti (cosa in Italia rivelatasi impossibile). Ai blocchi di partenza ci sono molti gruppi e molte personalità, fra cui spiccano due formazioni fra le altre, il gruppo torinese Ordine Nuovo di Antonio Gramsci ed il gruppo napoletano Il Soviet di Amadeo Bordiga. Quando nel gennaio 1921 a Livorno si giunge alla formazione del nuovo partito comunista, Amadeo Bordiga ne diventa il primo segretario.

6. Le polemiche del tempo fra i "partitisti immediati" di Bordiga e gli "operaisti gestionali" di Gramsci hanno ormai solo più un interesse storico, ma sul piano teorico non ci dicono più niente. Partitocentrici e fabbricocentrici erano ovviamente solo due metà del guscio di un solo uovo. La questione è a mio avviso molto meglio impostata in un libro in lingua tedesca pubblicato nel 1991 da Georg Fülberth, in cui si fa una convincente periodizzazione in quattro successivi momenti delle forme organizzative rivolte all'abbattimento del capitalismo. La prima forma (1810-1880) furono le società di propaganda sorte durante la rivoluzione industriale. La seconda (1880-1914) furono i partiti socialdemocratici di massa ad ideologia radicale. La terza (1917-1926 circa) furono gli eserciti politici rivolti a suscitare ed a vincere una guerra civile fra le classi. La quarta ed ultima (1926-1991) furono i partiti basati sulla contrapposizione fra due sistemi economici e sociali contrapposti. Secondo Fülberth (ed io sono d'accordo con lui) proseguire oggi come se niente fosse successo il tipo d'organizzazione della quarta fase storica è del tutto privo di prospettiva. Naturalmente, neppure Fülberth sa che cosa fare. Il lettore può stare sicuro che se lo sapessi non perderei tempo con le esegesi di Lukács e di Althusser e lo direi subito con abbondanza di dettagli. Ma il problema non sono io, che non faccio finta di saperlo, ma quelli che si muovono come tarantolati sulle tribune urlando che loro lo sanno, e basta andargli dietro, mentre intanto accumulano pensioni principesche alla faccia dei peraltro sempre meno numerosi veri credenti.

7. Se Gramsci diventa segretario nel 1924, e Bordiga passa all'opposizione "di sinistra", ciò avviene soltanto perché lo decide la direzione dell'Internazionale Comunista di Zinoviev, che poi a suo tempo Stalin fece fucilare dopo una farsa di processo. Quando sembrava che il PCI sarebbe diventato il Moderno Principe della Prima Repubblica, e Paolo Spriano ne scriveva la storia sacra, il passaggio da Bordiga a Gramsci era ritualizzato come il passaggio dall'estremismo infantile perdente al moderatismo unitario vincente. Oggi sappiamo che estremisti e moderati sono stati sconfitti insieme, ma siccome gli estremisti erano il 5%, ed i moderati erano il 95% (parlo ovviamente a livello politico, parlamentare ed elettorale), solo un ipocrita potrebbe parlare di eguali responsabilità storiche.

Incarcerato nel 1926, Gramsci scrive in carcere i suoi Quaderni, discutibili finché si vuole, ma anche profondi ed intelligenti. Per chi proprio non ne sa niente, consiglio per cominciare la bella antologia A. Gramsci, Filosofia e politica, La Nuova Italia, Firenze 1997. Ne viene fuori un pensatore di tutto rispetto. Altri tempi.

8. Espulso dal partito comunista, convinto che Stalin stesse soltanto costruendo un capitalismo burocratico di stato e pertanto non dovesse essere appoggiato, Amadeo Bordiga dal 1929 al 1939 non fa alcuna attività politica antifascista in Italia e dal 1939 al 1945 si dichiara "neutrale" fra i due blocchi in guerra, rifiutando di appoggiare gli "antifascisti" (USA, Inghilterra ed URSS) contro i "fascisti" (Germania, Italia e Giappone). Dal momento che il rilancio del comunismo europeo dopo il 1941 passa in modo pressoché esclusivo attraverso l'antifascismo combattente e partigiano, si ha qui la spiegazione del perché il bordighismo dopo il 1945 resterà un fenomeno marginale. Dopo il 1945 un comunismo non antifascista sarà una specie di assurdità storica e culturale.

La questione del giudizio sulla scelta di Bordiga e dei suoi seguaci di separare il comunismo dall'antifascismo, giudicato una trappola interclassista affossatrice della spirito rivoluzionario del protocomunismo leninista 1917-1924 non può essere evitata. Ed io infatti non la eviterò, e dirò la mia opinione in due punti sintetici.

In primo luogo, personalmente ritengo che l'antifascismo negli anni Trenta fosse assolutamente corretto, giusto ed obbligato per un comunista, ed infatti non solo gli staliniani, ma anche i trotzkisti ed i socialisti di sinistra furono antifascisti. L'antisemitismo in Germania ed il colonialismo fascista in Africa erano intollerabili, inescusabili e non giustificabili con la scusa che anche gli altri facevano porcate coloniali. Non dimentichiamoci la Spagna del 1936. Ma non dimentichiamo soprattutto l'aggressione all'Etiopia del 1935, che non è più considerata una vergogna nell'attuale clima di riscrittura della storia, dove sembra che l'unico crimine inescusabile del fascismo siano state le leggi antisemite del 1938, che furono certo un crimine, ma non l'unico, e neppure il principale (in proposito, 250.000 morti etiopici furono a mio avviso il crimine principale e soverchiante). Dunque il bordighismo ha avuto torto. Ed ha avuto torto, fra l'altro, proprio per il suo classismo metafisico, in cui la contraddizione capitale/lavoro salariato è vista come la sola e l'unica degna di rilievo. Se la centralità della teoria del valore-lavoro è vista come il nucleo metafisico espressivo dell'intero mondo dotato di significato e di giudizio etico-politico, non possiamo stupirci che poi si possano tirare certe conseguenze.

In secondo luogo, non bisogna dimenticare che il bordighismo non fu mai un fenomeno di collaborazionismo attivo con il nazifascismo, non andò mai a rastrellare gli ebrei ed i partigiani, e si limitò a sostenere l'estraneità degli interessi proletari alla lotta. Fu un errore, ma a mio avviso non fu un crimine. Mi rendo conto che nel clima surriscaldato del 1945 questo non potesse essere oggetto di pacata valutazione, ma oggi possiamo e dobbiamo ragionare in modo più ampio. Quando Bordiga sosteneva che il blocco capitalista più forte guidato dagli USA aveva vinto contro il blocco capitalista più debole guidato dalla Germania, e pertanto il capitalismo come sistema mondiale era più forte nel 1945 che nel 1939, egli sottovalutava certamente la forza delle rivoluzioni anticoloniali del trentennio 1945-1975, ma diceva una cosa sostanzialmente esatta. E quando notava che coloro che avevano bombardato Hiroshima e Dresda nel 1945 non erano meno criminali degli altri, aveva anche su questo punto sostanzialmente ragione.

Fino al 1991 di certe cose non si poteva neppure parlare senza suscitare brontolii d'ira e di disapprovazione. So bene che enormi apparati ideologici della sinistra politicamente corretta cercano di perpetuare questo clima, con una semplice sostituzione di Mussolini con Berlusconi. Ma oggi il "fascismo", se vogliamo così chiamarlo, sono solo Sharon e Bush, e chi continua ad intrattenere guerre civili simboliche simulate finite da tempo lavora di fatto, lo voglia o no, per Sharon e per Bush. Personalmente, ritengo che lo faccia anche volutamente, in malafede e con malizia.



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