L’ultima transizione:

La tragicomica storia romanzata dei rapporti di Fausto Bertinotti con il comunismo ed i veri problemi che ci stanno dietro

III parte

 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve su Fausto Bertinotti e la "non violenza" è stato diviso in sette parti, più un'introduzione.

All'introduzione su Fausto Bertinotti e la non violenza

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3. Fausto Bertinotti, il Professionista Politico

Come il Dottor Jekill ed il mister Hyde di Stevenson, personaggi schizofrenici contenuti in una sola identità, anche Bertinotti unisce al profilo del Dilettante Culturale incorreggibile anche il profilo del Professionista Politico. Non dimentichiamo infatti che la formula bertinottiana è FB=DC/PP. Occupiamoci ora di questo secondo profilo, perché dei due è quello assolutamente più rilevante. Dovendo quantificare la mia formula, direi che FB=DC(20%)/PP(80%). Questo terzo paragrafo è dunque molto più importante di quello precedente. Le chiacchiere massimalistiche del movimento dei movimenti come rinascita post-moderna del comunismo sono soltanto una copertura di una pratica politica quasi provocatoria per il suo carattere opportunistico e subalterno. Ma vediamo meglio i dettagli, perché analizzandoli cominceremo veramente a capirci qualcosa.

Il partito di Bertinotti è un partito “sistemico” al 100%, nel senso di essere un partito pienamente organico al sistema politico italiano. La retorica massimalistica, populistica e pauperistica non è affatto “alternativa”, ma è l’espressione di una ideologia di “nicchia”. Quando si dicono e si fanno cose veramente “anti-sistema” (come invitare un resistente iracheno e sostenere che la resistenza irachena armata è pienamente legittima nelle sue azioni militari, come abbiamo meritoriamente fatto recentemente e continueremo naturalmente a fare), allora il pagliaccio massimalista ci chiama “nemici del movimento”, ripristinando (probabilmente senza neppure saperlo, per le carenze culturali sopra segnalate) il concetto staliniano di “nemico del popolo”, semplicemente aggiornato in senso post-moderno. E’ bene allora capire in che senso Bertinotti è pienamente “sistemico”. Se lo si capirà, avremo cominciato a capire una cosa importante, anche se elementare, e cioè che non è obbligatorio oggi rilanciare il comunismo, ma se lo si fa questo rilancio non può essere “sistemico”, ma del tutto incompatibile con i sistemi elettorali e politici occidentali di oggi.

La Prima Repubblica italiana (1946-1992), interrotta dal colpo di stato giudiziario extraparlamentare chiamato Mani Pulite (e non rivolto verso il Berlusca, ma rivolto contro un sistema partitico, proporzionale, assistenziale e keynesiano), si basava simbolicamente sul principio dell’Arco Costituzionale (AC). La Seconda Repubblica, uninominale, maggioritaria, neo-liberale, ecc., si basa simbolicamente sul principio del Politicamente Corretto (PC). Il PC è a sua volta solo uno stadio ulteriore dell’AC, perché conserva pienamente il principio di esclusione (conventio ad excludendum) contro tutto ciò che è sistematicamente incompatibile. La gestione del vecchio AC era in mano a politici di professione, mentre la nuova gestione del PC è demandata soprattutto ad un ceto corrotto di giornalisti prezzolati e normalizzati ed al pervasivo circo mediatico, nuovo sacerdozio del recente capitalismo che ha sostituito il vecchio clero religioso, oggi derubricato a funzioni secondarie di assistenza a drogati, poveracci, anziani solitari e giovani scoppiati. Per semplificare, il Politicamente Corretto impedisce di chiamare un omosessuale “frocio”, ma non impedisce, ed anzi ingiunge, di chiamare un palestinese “terrorista”. Chi non capisce questa nuova tecnica di riproduzione ideologica del sistema è del tutto incapace, non dico di “rifondare” il comunismo, ma anche solo di decifrare il comune linguaggio televisivo. Sono profondamente convinto, e ci scommetterei sopra almeno dieci euro, che Bertinotti non ha neppure lontanamente il sentore di questo problema.

Chiunque vuole incorporarsi nel sistema politico, al di là dei riti identitari rivolti a militanti babbioni, deve incorporarsi anche nel Politicamente Corretto (PC). In questo senso Gianfranco Fini e Bertinotti hanno lo stesso identico problema, e cioè quello di incorporarsi pienamente nel Politicamente Corretto senza scontentare troppo il senso sportivo di appartenenza simbolica di militanti babbioni ed identitari. So bene che le tradizioni culturali di Fini e Bertinotti sono diverse ed incompatibili, ed io infatti appartengo grosso modo a quelle di Bertinotti mentre ho sempre avversato politicamente e culturalmente quella di Fini. Ma qui non si stabilisce un’equazione filosofica. Qui si cerca soltanto di capire dei meccanismi oggettivi di integrazione sistemica.

Fini non può diventare pienamente “sistemico” portandosi dietro il Fascismo. E infatti non solo lo ripudia chiamandolo Male Assoluto, ma compie anche il rito sacerdotale massimo di espiazione simbolica, consistente nell’andare a Israele, affermare che i palestinesi sono terroristi e che chiunque critichi il sionismo è ipso facto anche antisemita, il che fa diventare antisemiti anche molti ebrei del passato, del presente e del futuro. Solo i più babbioni dei militanti identitari possono leggere questo comportamento in chiave di “tradimento”. Non si tratta di tradimento, ma di necessario adeguamento sistemico al principio del PC.

Bertinotti ha lo stesso problema di Fini, ma non può scaricare (ancora) il Comunismo sostituendolo con l’innocua e sistemica dizione di Sinistra (il sistema infatti si riproduce in Europa fisiologicamente sulla base della dicotomia simbolica di Sinistra e Destra). Lo vorrebbe, nonostante le affabulazioni innocue sul giovane Marx, innocente per ragioni anagrafiche dei “crimini” novecenteschi, ma non lo può ancora, perché permane in Italia una vischiosa tradizione verbale che assimila il comunismo al buon Berlinguer ed al partitone caratterizzato da un’ideologia e da una pratica interna stalinista e da un’ideologia e da una pratica esterna socialdemocratica normale, fenomeno del tutto peculiare della tradizione italiana, come l’alta moda, la mafia ed il trasformismo degli intellettuali. Bertinotti ha dunque il seguente problema: come si può diventare “sistemici” senza ripudiare la paroletta Comunismo, che di per sé sarebbe antisistemica esattamente come la paroletta Fascismo?



gianfranco fini israele olocausto

Gianfranco Fini in Israele

Si può, si può. Il Nostro è forse un dilettante culturale, ma è anche un politico professionale. Per risolvere il problema basta ribattezzare il Comunismo in termini di Non-Violenza, il che comporta, se le parole hanno ancora un senso, sostituire l’icona di Gandhi all’icona di Lenin. In questo modo teniamo il testimonial del Comunismo per i militanti identitari e babbioni, e nello stesso tempo mostriamo al Politicamente Corretto che ripudiamo tutta l’orrida tradizione novecentesca (certo, il Novecento reinterpretato da Marco Revelli come secolo indistintamente sanguinoso dello homo faber comunista-fordista), e ci buttiamo nel Secolo Nuovo (anzi, nel Millennio Nuovo: come disse Totò a Peppino De Filippo, mah sì, abbondiamo) con un nuovo look accettabile.

La cosa sarebbe francamente comica se non avesse anche aspetti tragici. E gli aspetti tragici stanno in ciò, che la crisi di coscienza e l’elaborazione del lutto di una generazione sessantottina fallita e rincoglionita vengono imposte come “lezione della storia” ad una generazione che non c’entra nulla con i giovanili deliri di Bertinotti, Sofri, Negri, eccetera. C’è però, prima di chiudere questo paragrafo, ancora da esaminare un aspetto dello scenario politico italiano di oggi.

Questo scenario è caratterizzato oggi non certo da una contrapposizione fra Destra e Sinistra, come opinano i lettori frettolosi di Norberto Bobbio, ma fra il partito dei B ed il partito degli anti-B (ove il B, ovviamente, è Silvio Berlusconi). Non c’è qui lo spazio per discutere a fondo questa alterazione, che personalmente considero il legittimo “contrappasso” (uso il nobile termine di Dante Alighieri) di Mani Pulite. Sta di fatto però che chi vuole fare politica (traduzione: avere buoni risultati elettorali) deve partire da questa contrapposizione fra B ed anti-B come da un fatto impossibile da esorcizzare. Infatti il popolo non può essere ridotto a corpo elettorale. Ma quando viene ridotto a corpo elettorale (ed oggi ci troviamo in questa penosa situazione), allora il “popolo” è semplicemente oggetto di manipolazione mediatica permanente (ed è infatti il modello della democrazia USA), e questa manipolazione mediatica oggi impone il quadro simbolico della dicotomia fra il partito dei B ed il partito degli anti-B.

Sono profondamente convinto che la “gente” (che infatti non è più popolo, e neppure nazione, e neppure classe, ma è solo “ggente”, ben rappresentata dalla faccetta presuntuosa di Nanni Moretti e dalla faccia congestionata di Antonio Di Pietro) vuole partecipare al grande gioco B contro anti-B così come vuol partecipare al Grande Fratello. Qualunque forza politica se ne chiamasse fuori, dimezzerebbe probabilmente i suoi voti.

Se io venissi chiamato come manager a dirigere Rifondazione, cercherei ovviamente di cambiarne radicalmente la penosa cultura politica (lottizzata fra movimentiamo, neotrotzkismo e neostalinismo), ma non potrei certamente cambiarne la strategia elettorale. La “ggente”, infatti, punirebbe una Rifondazione che si chiamasse fuori dal partito degli anti-B, mentre premierebbe una Rifondazione che apparisse come l’ala “sinistra” sindacal-popolare degli anti-B stessi. Quantificando alla buona, una Rifondazione fuori dal coro anti-B avrebbe il 3% (a scendere), mentre una Rifondazione dentro il coro anti-B avrebbe il 6% (a salire).

Se ovviamente il “comunismo” ci interessasse veramente, e non fosse solo una risorsa simbolica identitaria per militanti babbioni che continuano ad ignorare il motto sapienzale ed iniziatico dell’ultimo Althusser, e cioè (ne pas) se raconter des histoires, e cioè in traduzione non raccontar(si) delle storie, scopriremmo che il partito degli anti-B è diretto da forze neo-liberali e filo-americane esattamente come il partito dei B, e questa direzione è saldissima, per cui ai bertinottiani potrebbero essere solo assegnate funzioni minori di copertura di correzione minima. Ma per queste cose, pur necessarie (sono infatti incondizionatamente favorevole a correzioni anche minime nel campo delle pensioni, salari, assistenza medica, ecc., nel senso auspicato da Bertinotti), è inutile agitare la paroletta “nuovo comunismo”. Una nobile paroletta c’è già, cari signori, ed è “vecchia socialdemocrazia”.


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