Crociati sì, ma senza Dio!
 




Miguel Martínez   

17 novembre 2001   





Gli atei, quelli veramente convinti, sono persone simpatiche, in assoluta buona fede. Si vede da lontano che la loro è una missione senza secondi fini. Nel convegno dell'UAAR - Unione Atei e Agnostici Razionalisti - svoltosi a Firenze il 17 e 18 novembre 2001, si potevano incontrare persone di idee assai diverse; c'erano, ad esempio, sostenitori ad oltranza dell'educazione scientifica assieme a difensori delle più bizzarre pseudoscienze in nome dell'anticlericalismo.   

Nel suo insieme, il convegno si potrebbe descrivere come una sana ventata di Ottocento in pieno Terzo Millennio. Nessun intento ironico: prima del 1914, persone come Freud e Jung erano in grado di scrivere correttamente in latino, e persino autori come Madame Blavatsky dovevano dare prova di erudizione e di intelligenza, a differenza dei loro eredi attuali. Quest'aria gradevolmente ottocentesca si trova ad esempio sulla rivista Il Libero Pensiero del settembre 2001, in vendita al convegno dell'UAAR. Il compiaciuto annuncio, "Inutili le processioni per placare l'Etna," si affianca alla buona notizia: "La Corte Europea tutela i diritti della Massoneria" (veniamo anche informati che il Grande Oriente di Livorno ha onorato Giordano Bruno con un paio di conferenze). Persino le vignette nelle pubblicazioni atee sono tratte in genere da periodici del tardo Ottocento o del primo Novecento, come una memorabile "consegna dei bambini alla scuola dei preti", proveniente da un giornalino anticlericale del 1905.   


vignetta anticlericale

"La consegna dei bambini alla scuola dei preti", L'uomo di pietra, 1.4.1905
ripubblicata dal Libero Pensiero, settembre 2001.

Gli atei sembrano avere le idee troppo chiare su quell'immenso e indefinibile fenomeno che viene chiamato "religione". Si ha la netta sensazione che per certe persone la soluzione a gran parte dei problemi del mondo consisterebbe nella conversione da una specifica religione all'ateismo. Insomma, le religioni sarebbero idee sbagliate, instillate presumibilmente dai "preti" per conservare il proprio potere; e contro idee sbagliate, servono idee "giuste e razionali."   

Per questo motivo, gli atei nostrani cercano di dimostrare che dietro ogni conflitto ci sarebbe una religione. Una spiegazione a prima vista facile, ma in realtà ingannevole. Nell'Irlanda del Nord, i termini "protestante" e "cattolico" si riferiscono soltanto ai luoghi di culto frequentati dai bisnonni degli attuali contendenti e non certamente a qualche dubbio teologico o odio mistico. Ora, l'alfabetizzazione di massa ha diviso gli esseri umani secondo le scuole che frequentano, e quindi secondo le lingue; ma prima, la divisione dipendeva soprattutto dal luogo dove ci si recava a pregare: e così la Bosnia è piena oggi di musulmani, cattolici e ortodossi per nulla interessati a Dio, ma molto a uccidersi a vicenda.   

Gli atei come hanno accolto la pioggia di aerei sul Centro Mondiale del Commercio e sul Pentagono? Bisogna dire che le risposte sono state molto diverse, come si può vedere da un'occhiata alle loro pubblicazioni. Ma sembra che prevalga una malcelata soddisfazione: ecco la prova, visibile a tutti, di "dove porta la religione". Una specie di miracolo al rovescio, avvenuto per illuminare i credenti.   

Il guaio è che questa dimostrazione richiede la rimozione di ogni reale motivo del conflitto, che viene trasformato in un puro scontro tra le metafisiche del Bene e del Male. Se ci fate caso, questo è esattamente quello che fanno i cristianisti nostrani: per loro non esiste l'umiliazione ormai ottantennale del mondo arabo e islamico, esiste solo una guerra eterna tra i versetti del Corano e quelli del Vangelo, entrambi entità ideali: i primi, purissimo Male, i secondi purissimo Bene. 

Gli atei fanno la stessa cosa: il Male per loro è il testo coranico che comanderebbe di fare la guerra all'Occidente. Ma invertono il valore simbolico attribuito all'Occidente, trasformato in faro della laicità e della scienza. Stranamente, il risultato dell'operazione, che è quello che conta, è identico per cristianisti e atei: dall'alto dei cieli che i "nostri" dominano, civilizziamoli. 

In un editoriale sulla rivista atea L'incontro di Torino, Bruno Segre - un personaggio che in passato si è certamente distinto per aver resistito allo strapotere clericale negli anni Sessanta e che non ha mai ceduto a passioni nazionalsioniste - fa uno scivolone tristissimo: 

Capo spirituale di questo movimento, che predica la "jihad", la guerra santa, è il mullah Omar, "comandante dei credenti", mentre il miliardario Bin Laden è il suo esecutore. L'odio verso l'Occidente nasce dalla diversa filosofia della vita, così come concepita dal Corano rispetto all'Illuminismo, alla Rivoluzione francese, alla Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo. 

Sono due concezioni incompatibili. Non potendo convincere europei e americani della superiorità della civiltà islamica (che usa la flagellazione, il taglio della mano, l'infibulazione, la tunica per nascondere la donna-oggetto, ecc.), codesti fanatici ricorrono allo strumento del terrore.

 

"La jihad virgola la guerra santa" è una frase che conosciamo benissimo dalle declamazioni rituali dei giornalisti italiani nel Pakistan o degli ospiti di Porta a Porta. Chissà poi perché jihad, sostantivo maschile, debba sempre prendere un articolo femminile nella cultura giornalistica. Segre poi adopera nel suo articolo la bizzarra espressione giornalistica "i talebani" - taleban è già di per sé il plurale di taleb, "studente" o "ricercatore".    

È semplicemente inimmaginabile che una persona in grado di distinguere sulla cartina Kabul da Timbuctù possa compiere in poche righe gli errori che fa Segre. Il Mullah Omar, ad esempio, non è un aspirante dittatore del pianeta, ma semplicemente il capo di un movimento di orfani di guerra allevati in pessime scuole per poveri; all'epoca in cui Segre scriveva, il Mullah Omar aveva il controllo precario del paese più miserabile del pianeta e certamente non sognava di governare il Wisconsin o la Puglia da Kandahar.   

Segre confonde la "legge islamica" con la pratica della tribù dei Pashtun di far indossare la burqa alle loro malcapitate figlie e consorti. Dimenticando anche che la legge dei Pashtun, come in genere quelle degli indomiti montanari di tutto il mondo islamico, diverge radicalmente dalla "legge islamica". Il caso più evidente è la vendetta, vietata dall'Islam, ma centrale per montanari nominalmente musulmani anche molto vicini a noi: voglio vedere chi sarebbe in grado di imporre ai Pashtun, o agli albanesi, qualcosa che non vogliono...   

Segre scende dagli altipiani afghani, attraversa l'impervio Balucistan, s'imbarca sul vasto Oceano Indiano e tocca terra in Somalia, un altro paese periferico dove ha sempre regnato la legge tribale, per attribuire all'Islam nientemeno che la pratica dell'infibulazione.    

Ma al di là di questo, il punto fondamentale è che per Segre, la guerra in corso sarebbe uno scontro tra lettori di al-Ghazali e lettori di Voltaire. Anzi, visto che probabilmente Segre non sa chi fosse al-Ghazali, diciamo tra lettori del Corano e lettori di Voltaire. Il Mullah Omar, che pare abbia iniziato la sua carriera facendo impiccare un potente capo banda che aveva stuprato una contadina, si sentirebbe certamente onorato, ma bisognerebbe spiegargli prima chi era Voltaire.   

Una simpatica storiella parla del bambino ebreo che deve svolgere un tema in classe sugli elefanti. Pensa e ripensa su cosa scrivere, e poi inizia con il titolo: "Gli elefanti e il mio problema ebraico". Segre potrebbe intitolare il suo tema, "L'11 settembre e il mio problema anticlericale". Evidentemente gli piace la Rivoluzione francese, per cui è convinto che tutti i cattivi del mondo non pensino ad altro che all'89 francese, tanto da essere disposti a suicidarsi per fare un dispetto a Diderot.    

I taleban derivano dal movimento deobandi, la cui principale preoccupazione è stata come garantire la sopravvivenza dell'Islam in un mondo induista, per cui essi certamente pensano storicamente di più all'India che alla Francia. Ma nessuno, tranne Segre, ha mai sostenuto che i taleban abbiano avuto a che fare con l'attentato di New York: gli individui sospettati per quell'azione sono tutti arabi. Ora, basterebbe che Segre avesse letto un qualunque testo "fondamentalista" scritto da arabi per capire che essi sostengono, in maniera fin troppo chiara e ripetitiva, che gli inglesi e gli americani, assieme ai sionisti, lavorano da ottant'anni per liquidare il mondo islamico e per impossessarsi delle sue risorse.   

Un po' come lo stesso Segre, sono convinti che l'unico pensiero degli anglosassoni sia di ridurre in schiavitù i musulmani. Se parlano della Francia, è per ricordare che i francesi hanno tenuto sotto un regime coloniale e dispotico, fino a nemmeno quarant'anni fa, una gran parte del mondo arabo, uccidendo qualcosa come un milione di ribelli prima di andarsene. Sfido poi Segre a trovare un solo riferimento alla Rivoluzione francese nei discorsi di Osama bin Ladin.   

L'ignoranza è una cosa sacrosanta, che come l'innocenza va sempre rispettata. Ma non quando monta in cattedra. O bandisce guerre e crociate. 

Ogni critica ad affermazioni come quella di Segre rischia di attirare l'accusa di "relativismo culturale." C'è sempre qualcuno pronto a dire, "Come, se tu osi rispondere a un illuminista, vuol dire che sei favorevole all'asservimento delle donne?" 

Lasciamo che si ponga il problema il giorno in cui incontrerò un illuminista vero, cioè una persona che sa di cosa sta parlando e che cerca di capire. Segre non sa di cosa sta parlando, non cerca di capire. Sostanzialmente, freme dalla voglia di buttare bombe. E ovviamente è un razzista. Un'accusa che probabilmente non accetterebbe mai - possiamo essere sicuri che Segre neghi l'esistenza delle razze e che ritenga che gli esseri umani "nascano uguali" in qualche modo. Ma è proprio perché non esistono le razze, che il razzismo è uno stato soggettivo nella testa del razzista: le generalizzazioni estese a interi gruppi, le demonizzazioni collettive costituiscono l'essenza del razzismo.  

L'egalitarismo peggiora le cose. Il razzista "naturale" tenta semplicemente di tenere gli "altri", irrimediabilmente diversi da noi, lontani da casa sua. Il razzista che si spaccia per illuminista - il paralumista? - sostiene che siamo tutti uguali. E quindi chi è diverso da noi diventa moralmente colpevole della propria diversità; diventa nostro dovere, nel contempo, punirlo e curarlo. Ora, guarda caso, le informazioni in base a cui si decide la distribuzione delle colpe derivano dalla mobilitazione mediatica lanciata di volta in volta dagli Stati Uniti. Il problema ieri era la colpevole inferiorità dei serbi; oggi è la colpevole inferiorità di tutto il mondo islamico. 

La nozione di colpevole inferiorità è la versione europea dell'idea americana del meritato successo, della predestinazione calvinista che ha reso certe persone ricche e cristiane e altre povere e zingare, per colpa loro e non solo per un imperscrutabile divisione dei ruoli, come nel razzismo tradizionale ormai in via di dissoluzione. 

Il paralumismo permette una combinazione singolare, quindi, in cui ci si può beare della propria ignoranza e odio, esattamente come i cristianisti nostrani; ma sentendosi nel contempo immuni dal razzismo perché possiamo scaricare la colpa - e perché no, anche i missili - sugli altri.  



Precisazione 

In seguito all'uscita di questo articolo, Giorgio Villella dell'UAAR - Unione Atei e Agnostici Razionalisti - mi ha mandato un'importante precisazione. 

Villella ha pienamente ragione nel sottolineare che molti elementi a cui facevo riferimento riguardano non tanto l'UAAR quanto alcune riviste - Il Libero Pensiero e L'Incontro - distribuite al convegno dell'UAAR, facenti capo all'avvocato Bruno Segre di Torino: 

che con me non si è mai definito ateo ma solo "laico" per cui non so se è ateo; è il presidente dell'Associazione del Libero Pensiero Giordano Bruno, una vecchia associazione anticlericale fondata, credo, nel 1906, che nei decenni passati ha combattuto con un certo successo battaglie per la laicità in Italia, tra cui quelle per il divorzio e dell'aborto. È stato invitato a portare il saluto, di tre minuti, della sua associazione al nostro IV Congresso nazionale. La sua rivista "Il Libero Pensiero" era invece in vendita nell'atrio del congresso, nonostante fosse stato PROIBITO alla persona che aveva il banchetto di vendere qualunque materiale che non fosse un calendario anticlericale molto noto e ricercato negli ambienti anticlericali. Questa persona va a tutte le manifestazioni laiche e vende libri (con molto successo), riviste, gadget e materiale propagandistico ed è molto petulante e riesce a piazzarsi anche se glielo si proibisce, carpendo la fiducia dei volontari addetti ai banchetti; avevo trattato io personalmente con lui e gli avevo dettato le mie condizioni, che poi ha violato.
 

Villella ha pienamente ragione per quanto riguarda l'UAAR. Comunque il mio articolo prende solo spunto dal convegno dell'UAAR per mettere in rilievo come il laicismo esasperato possa condurre anche al bellicismo imperiale. Prendo comunque atto - e con piacere - che questa non è la posizione ufficiale dell'UAAR. 


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