"Pur nella sofferenza sono orgogliosa di mia figlia"
 



di Donatella Monteverdi




La madre di Alessia Monteverdi racconta l'arresto di sua figlia.

Questo testo fa riferimento a un articolo in cui si racconta e si commenta l'arresto di Alessia Monteverdi, Moreno Pasquinelli e Maria Grazia Ardizzone




1 Aprile 2004 ore 11,30, sono in VALS, le ragazze ancora eccitate per la recente gita scolastica, con stage linguistico a Malta, non hanno volglia di seguire, eppure io con la caparbietà che mi distingue pretendo attenzione.

Sono approdata alle scienze sociali dopo anni di insegnamento alla scuola media, poi il passaggio di ruolo al corso pedagogico dell'ex istituto magistrale, quindi il "sociale", area nella quale in questi sei anni di sperimentazione ho profuso tutte le mie energie trovando una naturale convergenza nella finalità specifica dell'indirizzo: insegnare a leggere "la contemporaneità". Esperienze partecipate di scuola-lavoro, lettura in classe di quotidiani, contatti con agenzie formative esterne, discussioni, dibattiti sul mondo, su ciò che accade, sulla complessità del reale, una scuola dunque proiettata ad interpretare la globalizzazione.

La trattazione sintetica che sto assegnando come esercitazione scritta riguarda infatti l'idea di Europa, il concetto di democrazia, il conflitto sociale, la guerra, il fenomeno del terrorismo…. Avverto che il mio cellulare, pur con la suoneria al minimo, continua insistentemente a squillare….rispondo dunque…..una voce femminile mi dice di non preoccuparmi, mia figlia sta bene, quale figlia? Mi allarmo ed esco dall'aula verso il corridoio per sentire meglio, capire…..non è un incidente no, è la questura, comprendo che si tratta della mia primogenita da sempre impegnata politicamente, mi si dice con garbo, che non potrò vederla né contattarla, l'unico collegamento è l'avvocato, un nome che non conosco ma che diventerà da quel momento l'unico canale di riferimento. Rientro, completo la mia lezione che fortunatamente termina alle 12, corro a casa, telefono al legale: "terrorismo internazionale"! Mi rendo conto che la mia vita e quella dei miei famigliari è sconvolta, attraversata da una valanga di informazioni caotiche, con intrecci incredibili, filmati e commenti che feriscono, disorientano: "gli arrestati sono esponenti di una cellula umbra, autori e presunti complici di attentati, stragi" e le immagini eccitano inevitabilmente l'immaginazione della gente comune. Vorrei quasi sorridere ma non ne sono capace, forse chi conosce Alessia e Moreno lo avrà sicuramente fatto.

Solo dopo cinque giorni dall'accaduto siamo riusciti a parlare con nostra figlia, a Rebibbia, in isolamento nel braccio femminile: un colloquio che ci scuote nel profondo ma in parte ci tranquillizza. Alessia è relativamente serena, ci rassicura con gesti al di là di una vetrata, prima ancora di avvicinarsi, si perché viene condotta in parlatorio dopo tutti gli altri, quali altri? Detenuti e persone con le quali abbiamo condiviso l'attesa di un incontro che durerà soltanto un'ora, una parte del genere umano che è oramai avvezza a quella prassi ed evidenzia l'abitudine ad una vita diversa, non usuale, fuori dalla normale quotidianità. In gran parte sono "extracomunitari", nomadi con pacchi e frotte di bambini che non manifestano particolari emozioni mentre noi siamo li smarriti, disorientati, logorati da una lunghissima anticamera dovuta ad una ritardata trasmissione dei documenti e dei permessi. Ma è proprio l'interesse per quell'umanità così variegata uno dei tanti aspetti della lotta ideale ed intellettuale che mia figlia ha voluto con ostinazione intraprendere, non trascurare anche quando si è lanciata con determinazione nell'imprenditoria giovanile ottenendo un finanziamento dalla Provincia (la settimana prima in un giornale locale si faceva riferimento alla sua azienda specializzata nel campo dell'informatica e della multimedialità) in due anni sono stati assunti numerosi collaboratori interni ed esterni, al computer dalla mattina alla sera. Una realizzazione la sua che stupisce chiunque perché giovane e "donna", senza tuttavia lasciare fuori le problematiche del mondo, libera da qualunque pregiudizio, profondamente consapevole della "scomodità" delle sue scelte.

Pur nella sofferenza sono orgogliosa di mia figlia. Non so proprio, quando rientrerò a scuola come proseguire il discorso sulla "contemporaneità", ma non rinnegherò mai quello che per anni ho cercato di suscitare: il senso dell'equità, del diritto, della giustizia sociale.

Martedì 13 Aprile 2004. Sono da poco rientrata a casa dopo aver parlato per la seconda volta con mia figlia, a Rebibbia, ora non più in isolamento, ma, come prevedevo, la trovo segnata sia fisicamente che psicologicamente, per la segregazione fuori dal mondo che dura oramai da tredici giorni e chissà quanto ancora sapendo di non aver commesso alcun reato, ormai in balia degli eventi e delle lente, inesorabili procedure legali. Questa volta siamo stati noi i più forti, ci siamo imposti un coraggio sovrumano che abbiamo cercato di trasmetterle rassicurandola che stiamo facendo tutto quello che è nelle nostre possibilità, decisi come non mai, anche a gridare, se necessario, perché il vero "terrorismo" dopo tanto clamore e diffamazione, è il silenzio.

A quanti in questi giorni tremendi ci hanno espresso dissenso e solidarietà, chiedo quindi di urlare insieme a me contro questa assurda, ingiusta vicenda che oggi investe mia figlia ma che può colpire ancora, accomunando in un unico contesto accusatorio i soggetti più disparati.

Donatella Cugini Monteverdi              Foligno 14 Aprile 2004

 


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