"Quel che ho visto
a una messa nera"



Una testimonianza eccellente. 

Intervista di Maria Grazia Cutuli a Massimo Introvigne. 

Sul satanismo, si veda anche l'articolo di Miguel Martinez su questo sito.

"Il Diavolo è fra noi", dossier di Epoca, 28 settembre 1993. 

"Non era un clima orgiastico. Non ho sentito il digrignar di denti descritto nei libri. L’atmosfera era però sacrale. E sicuramente sinistra". È il maggio del 1989. Dopo mesi di contatti, assicurazioni, garanzie di anonimato, Massimo Introvigne riesce a farsi accettare durante una messa nera celebrata da una delle due Chiese di Satana di Torino. 

Lo studioso cattolico, direttore dal 1988 del Cesnur, Centro studi sulle nuove religioni, al quale collaborano laici ed ecclesiastici (presidente è il vescovo di Foggia, monsignor Casale), oltre ad accademici delle università di mezzo mondo, aveva già assistito ai riti satanici degli adoratori del diavolo a New York e della San Fernando Valley, vicino a Los Angeles. Ma lì le chiese del demonio sono organizzazioni pubbliche, con indirizzi che compaiono persino sulle pagine gialle. Niente a che vedere con la riservatezza e il mistero che circonda sette chiuse come quelle torinesi. 

Epoca: Com’è riuscito, dottor Introvigne, a superare la diffidenza dei torinesi? 

Introvigne: Frequento da anni gli ambienti occulti. I contatti con i satanisti li ho trovati tra coloro che praticano magia sessuale. Nonostante sia cattolico, godo di buona stampa. Sono stati loro a cercarmi. Ci siamo incontrati qualche volta in territorio neutro, poi mi hanno concesso di assistere. 

Epoca: Dove si svolgeva la cerimonia? 

Introvigne: In una casa privata del centro storico. Un appartamento usato probabilmente come magazzino, con un salone lungo una decina di metri. 

Epoca: Com’era addobbato? 

Introvigne: In modo essenziale. Niente pareti coperte di nero, come si vedono negli Stati Uniti e come sono state scoperte in cappelle sataniche abbandonate nella stessa Torino. Solo un altare, al centro, con un drappo scuro, simile a quelli che si usano per i funerali. Sopra, una statuetta del demonio con un fallo proteso, sproporzionato, 30 centimetri almeno… Tante candele rosse a forma di diavoletto, una "mano di gloria" e un teschio, presumo, umano. 

Epoca: Chi partecipava alla messa? 

Introvigne: Una ventina di persone, tutte in piedi. In media abbastanza giovani, sui trent’anni. Poche le donne: non più di sette o otto. In borghese. Solo il celebrante era vestito di nero, con un manto lungo fino ai piedi e il cappuccio sulle spalle. 

Epoca: Come si è svolto il rito? 

Introvigne: È cominciato con l’invocazione a Satana, in un latino zoppicante, secondo la liturgia classica che rovescia perfettamente quella cattolica. I fedeli rispondevano secondo il testo, a memoria. C’è stato un susseguirsi di gesti rituali: accensioni di candele, formule sataniche, manipolazioni di oggetti, che sono durati una ventina di minuti. Poi è entrata la sacerdotessa. 

Epoca: Cioè? 

Introvigne: Nei riti a Satana deve esserci sempre una donna che fa da "altare", preferibilmente vergine. In America ho visto sostegni di legno anatomicamente predisposti per far adagiare la sacerdotessa. In Italia si tratta quasi sempre di un tavolo. Scomodo. Questo spiega, forse, perché la donna è entrata a rito iniziato. 

Epoca: Quanti anni dimostrava? 

Introvigne: Escludo che fosse una giovane illibata. Era una signora sui 40 anni, piacente, ma molto imbarazzata. In questo campo, forse alla sua prima esperienza. Sempre in America, ho osservato donne muoversi nude con la massima naturalezza. Non questa. È entrata coperta di un accappatoio. Si è spogliata e si è sdraiata sull’altare. 

Epoca: Cosa è successo, poi? 

Introvigne: Il "sacerdote" ha continuato il rito, con la sconsacrazione dell’ostia (mi hanno assicurato che non si trattava di ostia rubata). L’ha appoggiata sul corpo della donna e poi l’ha immersa nella vagina, rapidamente, con un gesto quasi furtivo. Quindi ha innalzato il calice. L’elisir, il miscuglio di sperma e secrezioni vaginali che serve a dare l’immortalità, a creare il "corpo di gloria", era già stato preparato in anticipo. 

Epoca: C’è stato accoppiamento? 

Introvigne: Sì, subito dopo. Ma abbastanza breve. È durato sì e no un paio di minuti. E solo tra il sacerdote e la donna-altare. Quasi mimato, al contrario di cerimonie in cui avevo visto celebrante e "altare" provare piacere evidente nell’eseguire il rito, al quale si uniscono anche i fedeli. 

Epoca: Cosa hanno fatto gli adepti nel frattempo? 

Introvigne: Hanno bevuto dal calice. Ma sono rimasti rigorosamente vestiti. 

Epoca: Cantavano inni? 

Introvigne: No, biascicavano invocazioni al demonio, in un clima di forte tensione emotiva. Né canti, né strumenti musicali, come succede negli Stati Uniti dove c’è spesso una pianola d’accompagnamento. 

Epoca: Come si è conclusa la cerimonia? 

Introvigne: Il sacerdote ha benedetto i fedeli con un aspersorio nel quale, confìdo, ci sia stata solo acqua. Nei manuali si parla di urina… Dovrebbe essere la donna-altare a fornirla. Ma non credo proprio che la signora di Torino, già tanto imbarazzata, si sia prestata. 




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